Rublo e Asia non fermano l'export

Rublo e Asia non fermano l'export l'industria piemontese ostenta tranquillità: il 60 per cento dei nostri prodotti va in Europa Rublo e Asia non fermano l'export «Ma la prudenza è necessaria» Le brutte notizie che arrivano da Mosca - dove oltre alla svalutazione del rublo, geme la Borsa, il mercato stenta a darsi regole certe e la situazione politica non è delle più stabili - non hanno creato panico tra gli imprenditori torinesi. L'export di questa zona verso la Russia è ancora molto contenuto: intorno al 2 per cento del suo totale per Torino, lo 0,8 per il Piemonte. E con una immagine efficace il direttore dell'Ufficio studi dell'Unione industriale, Mauro Zangola, sintetizza: «In Russia vendiamo soprattutto "made in Italy": begli abiti, belle scarpe, belle borse. E' evidente che sono acquistate da un ristretto gruppo di nuovi ricchi e il moscovita che vuola la giacca Armarli non si fa fermare dalla svalutazione». Aggiunge: «Naturalmente esportiamo anche alimentari e attrezzature per l'industria. La Russia è un enonne potenziale mercato; quando avrà riorganizzato la sua economia costituirà un bacino estremamente appetibile. Se anche solo il 10% della sua popolazione avrà un reddito europeo è evidente quante potenzialità ci sono. E non a caso la Fiat ha fatto importanti accordi perché sa quale mercato si potrà aprire». Annota: «Per l'import non cambia nulla: il prezzo di gas e petrolio - che con la svalutazione potrebbe scendere - è fissato nei contratti intemazionali e quindi non diminuirà». Anche il presidente dell'Unione industriale, Francesco Devalle, non ha eccessive preoccupazioni per la vicenda russa: «Occorre avere sangue freddo e distinguere tra la situazione finanziaria e quella degli investimenti che hanno ritorni in tempi lunghi. E da tempo gli imprenditori torinesi danno prova di mia certa prudenza nei confronti degli investimenti nell'ex Urss perché è una fase di transizione e instabilità. E questi ultimi eventi renderanno ancora più attenti e prudenti gli industriali torinesi». Ma una preoccupazione Devalle ce l'ha comunque: «Naturalmente è fin troppo ovvio ricordare che in un mondo globalizzato se una parte del corpo sta male allora sta male un po' anche l'intero corpo. E questo non è un bel periodo: non va il Sud-Est, non va la Russia. Ci saranno riflessi anche sulla nostra crescita perché è evidente che si è creato un meccanismo che toglie lo zero e qualcosa qui, lo zero e qualcosa là». Un po' più pessimista è l'economista Zangola che dice: «Non arrivo a parlare di recessione, ma di stabilizzazione della ripresa sì. Tra Russia e Asia (penso soprattutto al Giappone che non è un cavallino, ma un motore forte e anche alla Cina) è andato in difficoltà oltre un quarto dell'economia mondiale. E anche l'Europa non sfavilla. Temo che l'autunno, al di là delle cose di casa nostra, non sarà dei migliori». Nel '97 l'industria torinese aveva esportato merci per 28.500 mi- liardi, pari al 7 per cento del totale nazionale; una percentuale che supera ampiamente il peso provinciale in termini di popolazione e valore aggiunto (entrambi inferiori al 5%) e che pone Torino ai primi posti tra le province esportatrici. Le importazioni sono state pari a 18.148 miliardi (il 4,9% del totale); il saldo è, quindi, attivo per quasi 10 mila miliardi. E nei primi mesi di quest'anno le esportazioni hanno subito una accelerazione rispetto alla dinamica più stabile del '97 grazie alla ripresa europea e alla crescita americana. Tra gennaio e marzo l'export è cresciuto dell'8,8% in valore rispetto allo scorso anno. I risultati migliori si sono avuti nel settore degli autoveicoli (+22%), dei prodotti in metallo (+16), dell'industria elettrica-elettronica (+14), del settore chimico (+19), e dei minerali ferrosi (+18). Positivo anche l'andamento del settore aumentare (+10) mentre nei comparti della meccanica strumentale, del legnomobilio, del tessile-abbigliamento e cartaio-grafico i mercati esteri sono sostanzialmente stazionari. Naturalmente le esportazioni torinesi sono costituite al 40 per cento da autoveicoli e i prodotti metalmeccanici rappresentano, senza i mezzi di trasporto, il 35% delle esportazioni nazionali. Questo tipo di export si indirizza ovviamente verso Paesi a struttura industriale avanzata e a reddito medio; infatti il 60 per cento è ancora diretto ai mercati dell'Unione europea, meno comunque di dieci anni fa quando era intorno al 7075 per cento. Spiega Zangola: «La quota di export verso i Paesi emergenti aumenta gradualmente in relazione alla crescita del reddito pro-capite, ma restano difficoltà legate al permanere di barriere commerciali, doganali, amministrative. Comunque i Paesi emergenti rappresentano circa il 25% delle esportazioni torinesi: l'area più interessante è il Sud-America con il 10%, seguono il Sud-Est asiatico con il 7,1 Europa dell'Est con il 6. Ancora marginale la quota del Nord-Africa e dei Paesi arabi». Marina Cassi «E sia gas che petrolio possono diminuire» dove vanno le nostre merci Nolo: ì dati sono relativi ol 97 è la somma delle percentuali non dà 1 CO peri sono inditeti solo i principali mercati PIEMONTE ITAUÀ « UNI0NEEUROPEA 60,5% H*% ^SFATIUNITI 5,*% 7,9% C RUSSIA 0,8% W% ^ EUROPA CENTRO-ORIENTAU 7,9% 8,3% © TURCHIA 1,9% 1,8% & MEDIO ORIENTE %#* 4,7% £• AFRICA 2^»% 2,6% • AMERICA LAHNA 6,9% 44% C CINA 0,8% 1,1% ft INDIA 0,4% 0,4% ©ASIA Sfi% 7,n rci eri A sinistra, Francesco Devalle presidente dell'Unione Industriale

Persone citate: Devalle, Francesco Devalle, Marina Cassi, Mauro Zangola, Zangola