Il caldo è in overdose ma di partite inutili di Massimo De Luca

Il caldo è in overdose ma di partite inutili Le critiche sull'eccesso di impegni accendono la discussione però i club obiettano: abbiamo bisogno di soldi Il caldo è in overdose ma di partite inutili TORINO. Come al solito, cominciò Berlusconi. Dieci anni fa il Milan che al 20 luglio aveva già incontrato il Bayern, il Tottenham e il Psv Eindhoven veniva giudicato bizzarro e imprudente: le sue avversarie giocavano con l'Alessandria (la Juve), il Trento (il Napoli), l'Ancona (la Lazio) e con un colpo di vita l'Inter aveva inserito la Dinamo Kiev tra il Taranto, il Livorno e l'Udinese di serie B. La tv aveva trasmesso una decina di partite, gli sponsor e gli assessori non organizzavano i tornei con 100 milioni di ingaggio per una serata. Salvo l'odore di porchetta e salsicce che si diffonde ancora davanti agli stadi, è cambiato tutto. Fino a ieri sera le diciotto squadre di serie A avevano giocato complessivamente 124 partite intere più 34 mezze partite, qualcuna più dello scorso anno, enormemente di più che nel 1988, quasi il'doppio di quante se ne giocarono quindici anni fa. «C'è troppo football», ha detto l'avvocato Agnelli. C'è troppo football, ripete la gente sulle spiagge o dal barbiere e ne è nauseata. Eppure ne rimane attratta. «In tv il calcio estivo non ha flessioni», sostiene Massimo De Luca, responsabile dello sport di Mediaset. Negli stadi la situazione è diversa: a Udine, come a Cesena per la Juve o a Genova per l'Inter, si sarebbe potuto organizzare un picnic sulle gradinate, con i vuoti che c'erano. Ma l'overdose del pallone nasce dalle esigenze televisive, come l'ampliamento della Cnampions League, come l'Intertoto, come la futura Superlega europea. Tutto quanto rimpolpa un palinsesto. La ricetta è semplice. Per creare programmi convincenti bisogna attrezzarsi con sceneggiatori, attori, registi: costa e soprattutto impone di avere idee. Invece con un film di Totò al pomeriggio e una partita all'ora di cena si riempie la giornata e il pubblico, in fondo, non scappa. «L'analisi dell'Avvocato è lucidissima - dice Giovanni Trapattoni - purtroppo non si sa come uscire da questa situazione e forse non se ne uscirà mai». Il calcio accetta di giocare un numero incredibile di partite per fare soldi e pagare gli ingaggi però per sostenere il carico di impegni crea «rose» sempre più affollate di giocatori che con i lo ro ingaggi aumentano le spese e rendono inevitabile cercare altri soldi. Come il cane che si morde la coda. «E' vero - ammette De Luca -. Ma le "rose" si gonfiano per i grandi appuntamenti o peggio per sottrarre alle avversarie i giocatori bravi: strategie che non dipendono dalle tv». Le qua li però chiedono spettacolo. Si trasmette di tutto, persino la Juve contro i ragazzini della «allievi», però i contratti buoni si spuntano sui grandi match. Il 20 agosto di quindici anni fa l'Inter aveva incontrato Bressanone, Trento, Pro Patria, Livorno e Ge noa. Oggi le partite sono diven tate dieci con Kaiserslautern, Parma, Liverpool, Udinese, Juve, Genoa, ieri il Napoli, passando addirittura per una prova di Champions League. Simoni tre giorni fa è sbottato. «Gente che va, gente che viene: la preparazione è una cosa seria e che si paga tutto l'anno. Come si può andare avanti così?». S'era messa di mezzo pure l'amichevole della Nazionale francese che già aveva inquietato Lippi. «Lo capisco - spiega Sandro Mazzola, il ds nerazzurro - ma quest'anno sia¬ mo partiti presto perché dovevamo prepararci al turno di qualificazione in Coppa e avevamo giocatori fermi da due mesi». Ed era necessario allestire.un precampionato così impegnativo? «Ci sono appuntamenti che non puoi rifiutare: siamo andati a Napoli perché ce lo ha chiesto lo sponsor e non potevamo dirgli di no, tanto più perché era una partita di beneficenza. E poi ci sono da recuperare i soldi degli ingaggi e delle amichevoli non disputate a fine stagione per colpa dei Mondiali». «Le ragioni sono tante - aggiunge il ds milanista Braida -. La colpa di tutte queste partite è nel ritorno scaglionato dei reduci dal Mondiale: gli allenatori devono inventare collaudi per verificare la loro condizione e l'assemblaggio». Per quanto la si mascheri con le necessità tecniche, il «troppo football» ha una ragione prettamente economica. «Ma certo. Per noi allenatori tutto questo affollarsi di impegni è un problema in più - osserva il Trap -. Più della quantità è la qualità delle partite che crea uno stress prima che comincino gli appuntamenti veri. Nessuno li accetta come test, perdi due incontri di cartello e sei in discussione». Si rasse¬ gni non c'è una via di fuga, forse perché nel calcio i manager hanno surclassato in numero e in potere gli uomini di sport. «Qualcosa si fa. Noi ad esempio abbiamo rifiutato molti tornei e le tournee - dicono alla Juve -. Ma indietro non si torna, semmai si possono migliorare alcune cose: ad esempio servirsi di un aereo proprio per diminuire i disagi e la durata delle trasferte». Non attenua la nausea dell'overdose di football, ma per chi non soffre di mal d'aria è probabilmente una consolazione. Marco Ansaldo Trap: «Danno stress e problemi ma non si possono evitare» De Luca (Mediaset): «Il pubblico chiede i match-spettacolo» LA SERIE A DEGLI STAKANOVISTI A sinistra Giovanni Trapattoni e a destra Massimo De Luca