La marcia azzurra è colata a picco di Giorgio Barberis

La marcia azzurra è colata a picco Awio disastroso: Dal Soglio beffato nel peso, Tilli si fa squalificare per un affronto a un giudice La marcia azzurra è colata a picco De Benedictis decimo, Didoni crolla e finisce in barella BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO Il tempo si è fermato. L'atletica italiana affonda nella prima giornata degli Europei, come ai Mondiali di Atene o agli Euroindoor di Valencia. Questa volta non salvano la facciata neppure le cosiddette «punte», e i piazzamenti di Dal Soglio (5° nel peso) e Berradi (7° sui 10 mila) sono di ben scarsa consolazione, così come qualche palpito, qua e là. E' soltanto l'inizio, ma evidentemente c'è qualcosa nella gestione federale che non funziona e che influisce negativamente sulla preparazione dei singoli. Due, in particolare, le sorprese negative, Michele Didoni e Giuseppe D'Urso. Persino drammatici i risvolti della gara del marciatore che, alla vigilia, aveva paragonato una prova di marcia alla musica. E se il suo awio, grintosissimo, è risultato l'atteso blues, il finale non è stato un brano di jazz duro ma davvero un «requiem». «Gli ultimi 5 km - ha raccontato Michele un'ora dopo la conclusione della gara, quando il viso ha cominciato a riprendere colore - non mi ricordo neppure di averli percorsi. Andavo avanti senza rendermene conto». La sua uscita dal campo è avvenuta in barella, il respiro rantolante, e perché si riprendesse gli è stato dato anche ossigeno. Cos'era successo? Una terribile crisi dovuta a caldo e umidità. Spiega il dottor Fischetto: «Per dirla in parole semplici, si è trattato di una sindrome da calore: il corpo di Michele perdeva liquidi senza riuscire a reintegrarli». Una cotta, insomma. «E dire - aggiunge Didoni che fino a ora, almeno sul piano fisico, avevo sempre avuto delle certezze. Ora neppure più questo». Il piazzamento di Didoni, in queste condizioni, tra De Benedictis (10°) e Gandellini (12°) conta davvero poco. Ma la vera scoppola è che sul milanese puntava la marcia per rinverdire i consueti trionfi. Al punto che il commento di Sandro Damilano, responsabile federale del settore, è quasi avvilente: «La marcia italiana è finita, per almeno dieci anni scordiamoci di poter ottenere qualche buon risultato. Le Olimpiadi di Atlanta erano state un disastro, poi i Mondiali di Atene ci avevano fatto sperare di poter recuperare le posizioni. Adesso ci ritroviamo in piena crisi». L'analisi non è frettolosa perché già alla vigilia Damilano era assai pessimista e puntava tutto su Didoni. L'inattesa crisi del milanese ha fatto precipitare la situazione. E ora non resta che au¬ gurarsi che le ragazze o i cinquantisti smentiscano il tetro quadro disegnato dal tecnico. Se inattesa è stata la crisi di Didoni, che dire della batteria di D'Urso sui 1500? Si è ritirato a un giro dalla fine, ma lasciamo che sia il siciliano a raccontare: «Le gambe non giravano e spero che si sia trattato soltanto di una giornata- no. Quando gli altri sono scattati dopo 800 metri, io sono rimasto come fermo. E non so proprio come spiegarlo, perché le sensazioni era buone. Puntavo sui 1500, adesso correrò gli 800 e spero che giri diversamente». Nella giornataccia non poteva mancare la consueta dose di sfortuna per Dal Soglio, fuori dal podio del peso dopo che un secondo lancio di 20,50 lo aveva tenuto in corsa a lungo per l'argento. Quinto, dunque, il veneto che gli ultimi lanci di Belonog e Peric hanno scalzato dal podio trasformandolo da possibile salvatore della giornata azzurra a rassegnato comprimario. Guai anche per l'ucraino Bagach, che potrebbe perdere il titolo per aver usato dei pesi legati ai piedi per essere più stabile. Ma l'episodio più clamoroso è senz'altro quello che ha coinvolto Stefano Tilli, probabilmente primo atleta al mondo (e qtiesta volta sia dei bianchi che dei neri) a farsi squalificare per un gesto di pura dabbenaggine. Dopo aver superato il traguardo, sullo slancio si è ritrovato a superare un giudice che protendendo la bandierina, e toccandolo con la stessa, lo invitava a uscire dalla pista. Il romano, senza pensarci, non ha trovato di meglio che far volare via al giudice il cappellino. Un gesto senza logica e, soprattutto, senza rispetto, che gli ha procurato una squalifica sacrosanta contro la quale i dirigenti it aliani hanno presentato un ricorso il cui esito si conoscerà oggi. Rashid Berradi, nascita marocchina, allievo di Polizzi, già mentore di Antibo, è stato dignitosissimo sui 10 mila vinti dal portoghese Pinto. Ed è tra le poche note liete insieme a Mori nelle batterie dei 400 hs e a quanti hanno superato la qualificazione nei concorsi. Giorgio Barberis BUDAPEST 98 A T L É T i K A I EUROFA-BAJNOKSÀG Michele Didonl (numero 779) ha ceduto di schianto nel finale ed è arrivato 11c

Luoghi citati: Atene, Atlanta, Budapest, Mori