Orlando: Non son degno di me

Orlando: Non son degno di me Intervista con Orlando: Non son degno di me MARINA DI PIE TRASANTA. «Un attimo che pago il conto al bar. Cinquemila, cinquemila, mi sembrava di averle...». Silvio Orlando è a Marina di Pietrasanta, alla Versiliana, dove presenta, da attore e da regista, due atti unici di Peppino De Filippo, «Cupido scherza e spazza» e «Don Raffaele il trombone». «Due farse, del vecchio teatro italiano. Per me un ritorno alle origini, a Napoli da dove sono partito, anche se in realtà ho frequentato poco la tradizione e il dialetto. Un ritorno anche perché ho cominciato proprio con il teatro, per una decina d'anni. Il "lancio" è stato con "Comediants" della compagnia dell'Elfo di Salvatores, presentato proprio alla Versiliana. Sono partito di qui, una cosa circolare...». E' la prima volta alla regia, Orlando? «Prima volta, sì, ma questo è un tipo di teatro nato quando ancora un'idea di regia non c'era. Un teatro che nasce e muore molto con l'attore, e il regista in realtà deve un po' assecondare l'estro degli interpreti, non reprimerlo, mantenendo un minimo di unità stilistica». Tra tanto cinema, il teatro è per lei un'evasione? «Una pausa. Ho deciso di prendermi un po' di tempo. Se ripeti le stesse cose per troppo poi diventa un mestiere. E l'arte della recitazione è una cosa delicata. Ciclicamente torno al teatro, è un'esigenza mia: nel cinema sei portato da meccanismi più grandi di te, nel teatro invece ti formi un po' tu». Per uscire da questa logica, in futuro potrebbe fare il regista anche per il grande schermo? «Chissà, io sono istintivo. Poi sono abbastanza pigro e il cinema ha tempi lunghi, due anni dietro a una regia di un film mi spaventano. Dovrei avere uno motivazione molto forte». Come attore - il suo aspetto, il suo modo di parlare lei è molto riconoscibile. E' un bene? «Io credo che sia positivo accettare di esserlo. In fondo tutto il cinema italiano, da Sordi a Mastroianni, è pieno di attori che andavano al di là del personaggio che interpretavano. La scuola del grande trasformismo americano ci è lontana, non fa parte della nostra tradizione, noi veniamo dal teatro. Io poi non ho fatto né scuole né niente, sono partito da me stesso, pensando che non esista un'oggettività dell'attore». I suoi personaggi le assomigliano? «Un pochino sì, certo. Io però cerco, per quanto possibile, di mettermi al servizio della storia. Cerco di avere delle carat- «Ma interpreben pid teristiche mie, cerco di "essere" qualcosa e poi di interagire con la storia e con le idee del regista». Forse è questo che il pubblico sente, visto che lei è molto amato? «Ammesso e non concesso che sia vero, non so perché, bisognerebbe chiederlo alla gente. E' una cosa irrazionale, uno ha comunicativa l'altro no, l'attore non lo spiega neppure a se stesso, è un mistero, lo poi ho fatto un tipo di carriera che ha tagliato fuori una serie di cose, non ho mai cercato una popolarità favolosa, anche quando ho fatto tv...». Tv? «Zanzibar», «Emilio»... «E anche "I vicini di casa", "Felipe ha gli occhi azzurri"... Ma non sono mai stato troppo ingombrante: era nei fatti che io non potessi stare là». In televisione? «Sì, la tv non ti consente di crescere, di progredire. Per definizione è la ripetizione, la tranquillizzazione, la certezza. D'altra parte entri nelle case, dove la gente deve mangiare e digerire in santa pace». La tv non le piace? «E' talmente prepotente, importante, un mezzo così significativo in sé. Lì dentro è difficile far capire in cosa sei diverso dagli altri. E' tutto una pappa, unbrodone vegetale, al centro non distingui un sapore, uno zucchino dalla carota. E la gente che guarda riconosce i personaggi, ma non sa se l'hanno fatta divertire, se gli hanno dato un'emozione, niente. Sono personaggi noti e basta. E' una popolarità anonima». Spesso lei interpreta ruoli di forte moralità: è davvero così? «Mah. Il cinema che si fa in Italia, quello migliore, da solo non ce la fa e si attacca a realtà esterne, si fa di denuncia, civile, vuole far ragionare la gente su cosa è bene e su cosa è male. Per questo mi sono ritrovato in personaggi di una certa nobiltà...». Ma lei com'è? «Io sono un italiano medio, né meglio né peggio degli altri, con i miei piccoli compromessi. Anzi, credo che una fascia di compromesso sia necessaria per progredire, per raggiungere degli obiettivi; bisogna solo fermarsi quando diventa fine a se stesso. Nel mondo dello spettacolo esiste una minoranza di persone che migliora un po' il mondo, una grande maggioranza che lo peggiora e una bella fascia che lo lascia com'è: io sono tra questi. Insomma, non so se sono degno dei miei personaggi». Cristina Caccia «Mi ritrovo spesso a interpretare personaggi ben più nobili ed etici di quanto io sia» «La scena è un'esigenza come pausa dal cinema La tv? E' prepotente riduce tutto in un brodo» Orlando: Non son degno di me

Persone citate: Cristina Caccia, Cupido, Mastroianni, Peppino De Filippo, Silvio Orlando, Sordi

Luoghi citati: Italia, Napoli, Pietrasanta