Figurine, ecco le antenate della tv

Figurine, ecco le antenate della tv la memoria. Con 500 mila pezzi nasce a Modena un museo dedicato alle piccole illustrazioni popolari Figurine, ecco le antenate della tv Dalla Liebig alla Panini, un secolo di magia MODENA DAL NOSTRO INVIATO Bellezze e volti esotici, celebri romanzi o opere liriche, esplorazioni all'estremo Nord, lezioni di nuoto o consigli per la casa: quando ancora non esisteva la tv e il cinema era agli albori, le figurine conobbero la loro stagione d'oro come mezzo di comunicazione di massa. Lo testimonia la bella mostra «Il mondo in una stanza», curata da Paola Basile e Maria Grazia Battistini, nel Palazzo Santa Margherita di Modena, che anticipa il futuro museo della figurina. Un simile museo non poteva che nascere a Modena, capitale italiana prima e mondiale poi di questo particolare prodotto, come ben sa chi abbia acquistato almeno una volta un album o una bustina di figurine calciatori Panini o inviato all'indirizzo modenese la richiesta delle rarità mancanti o di premi per gli habitué come il «mitico» microcalcio a molle. E il nucleo «forte» nella nuova istituzione saranno proprio i 500 mila pezzi che Giuseppe Panini (artefice con i fratelli del boom della figurina nell'Italia Anni 60) ha donato nel 1992 al Comune di Modena. Per il momento (la mostra è aperta fino al 30 agosto, solo dal giovedì alla domenica e dalle 19 alle 23) ci si può accontentare di questa anteprima, che offre un viaggio interessante e curioso nella storia non solo delle figurine ma anche e soprattutto del costume a partire dalla seconda metà dell'800. E' in questo periodo che grazie all'industrializzazione nascono nuovi bisogni e nuovi consumi di massa. Per diffonderli e pubblicizzarli occorrono adeguati mezzi di comunicazione e la figurina si presta allo scopo. Non è che prima le figurine non esistessero: alcune incisioni dei secoli XVI e XVII possedevano già elementi caratteristici che si ritrovano nei prodotti di due secoli dopo, come il piccolo formato, la presenza di titolo o didascalie, la numerazione dei pezzi all'interno di una serie. Ma il salto di qualità si fa grazie a una nuova tecnica, la «cromolitografia», nata in Francia alla fine del secolo scorso, come evolu- zione della litografia. Sulla pietra si incide il disegno e poi si stende l'inchiostro. Si preparano tante pietre quanti sono i colori che si vogliono utilizzare e quindi si procede nella stampa con il torchio, sovrapponendo un colore all'altro. In mostra ci sono anche alcune pietre base per le figurine Liebig e una fotografia dell'imponente tipografo Cesare Manzoni, che nella Milano del 1885, con tanto di baffoni stende l'inchiostro con un rullo e sembra prepari la sfoglia per i tortellini. A usare per primo la figurina come veicolo pubblicitario pare sia stato Aristide Boucicaut, proprietario a Parigi dei Magazzini Bon Marche, nel 1867. Boucicaut capisce anche l'impatto che queste possono avere sui bambini, così le regala a quelli che accompagnano le mamme a fare acquisti: sarà quasi inevitabile vedere le mamme ritornare. Come soggetti usa le immagini dell'Esposizione Universale di Parigi di quell'anno, oppure, più tardi, scene agresti con bambini o allegorie dei mesi. Ma a fare delle figurine un cavallo di battaglia della propria strategia di marketing sarà la Liebig; la multinazionale dell'estratto di carne diffonde, negli ultimi decenni dell'800, le sue figurine in tutta Europa. I soggetti scelti sono molto vari, si va dalle scene di vita in Alsazia ai segni dello zodiaco, dagli uccelli-donne del 1883 alle Farfalle-donne del 1890, in cui esplode il gusto floreale Belle Epoque. Più tardi la Liebig farà delle sue figurine una vera e propria enciclopedia popolare: in mostra si vedono così le serie dedicate a esotiche feste giapponesi, al mito di Ulisse, al Falstaff e al Trovatore di Verdi, alla storia del telegrafo e delle grandi invenzioni. Presto la Liebig è imitata da altre ditte, soprattutto di prodotti per l'infanzia, come le fabbriche di cioccolato (la Stollwerk di Colonia che affida i disegni al celebre grafico Menzel o le svizzere Suchard e Tobler). I bambini diventano protagonisti, li si vede giocare, studiare o fare i piccoli cuochi o le piccole massaie. Più o meno negli stessi anni in cui nascono le figurine «pubblicitarie» in Europa, negli Stati Uniti c'è il boom delle «cigarette cards», cartoncini stretti e lunghi utilizzati per rafforzare i pacchetti di sigarette. Si prestano anche questi a essere illustrati e qui trionfa il pragmatismo americano: nelle cigarette cards ci sono corsi di nuoto e consigli per la casa (da come difendersi dalle tarme a come coltivarre le piante) e più tardi si avranno i volti delle star del cinema come Clark Gable o Shirley Tempie, Claudette Colbert e Cary Grant. In Italia le figurine conoscono grande fortuna tra le due guerre, legate ai concorsi radiofonici, come quello lanciato dalla Perugina che scatenò la caccia al Feroce Saladino. Ma per avere un altro grande boom dovremo aspettare gli Anni 60 con gli album dei calciatori Panini e la febbre per Pizzaballa & C. Avremo poi le figurine legate ai programmi tv (ad esempio il Pinocchio di Comencini) o ai grandi film. Senza accorgercene però è cambiata la «funzione sociale» della figurina: oggi questa nella maggior parte dei casi ripropone ai bambini immagini in qualche modo già viste in tv o al cinema e se pubblicizza qualcosa è proprio quel film o quel programma televisivo. Nel secolo scorso non era così e le figurine regalavano lo stupore e la magia di mondi vicini o lontani rappresentati con il gusto popolare dell'epoca, erano più o meno realistiche o fantasiose a seconda dei contenuti, delle finalità o dello stile dell'azienda che le utilizzava per diffondere il proprio marchio. Insieme con le figurine la mostra offre uno spaccato più ampio delle illustrazioni e delle stampe popolari: ci sono calendari da barbiere e menù di varie epoche, oltre a un'ampia raccolta di «erinnofili», come vengono definiti i bolli chiudilettera che a metà del secolo scorso sostituirono il bollo di ceralacca sulla corrispondenza. Non solo per la gioia dei collezionisti, «Il mondo in una stanza» diventa una sorta di mappa dell'immaginario popolare in un mondo non ancora invaso dalle antenne della tv. Rocco Moliterni In Francia vennero usate per la pubblicità dei grandi magazzini, in America rinforzavano i pacchetti di sigarette Panorami esotici, consigli per la casa, allegorie floreali e star del cinema: così è cambiato il costume A sinistra una figurina Suchard Sotto un'immagine del concorso Topolino A sinistra Clark Gable su una «cigarette card» americana: per rafforzare i pacchetti di sigarette si usavano cartoncini illustrati. Sotto una delle celebri figurine Liebig con cui la multinazionale dell'estratto di carne conquistò il pubblico europeo A sinistra una figurina di calciatori degli Anni 30