PORQUEROLLES

PORQUEROLLES L'isola a babordo. Al largo di Tolone, ritorno sui luoghi che stregarono Conrad e Simenon PORQUEROLLES un sogno in mezzo al mare PORQUEROLLES DAL NOSTRO INVIATO All'inizio, poco prima che nell'isola di Porquerolles uccidessero un certo Marcellin scaricandogli una pistola in testa, il commissario Maigret sapeva soltanto che si trattava di un posto nel Midi «al largo di Hyère e Tolone» da cui la gente «tornava nera come beduini». Ma l'uomo il cui cadavere era stato appena ritrovato in una capanna si era dichiarato pubblicamente amico suo, in tempo per essere ammazzato. Ce n'era abbastanza perché il celebre investigatore si sentisse obbligato a lasciare una Parigi fredda e piovosa per scendere a Sud. Lo annunciò (mestamente) a mr. Pyke, l'ispettore inglese che aveva per missione di osservare il commissario in azione, non perdere neppure un gesto, ed eventualmente copiare i suoi «metodi investigativi». «Conoscete l'isola di Porquerolles? Sembra sia bella, come Capri e le isole greche...». Bella e sospetta, visto che oltre al sole e al mare c'era il mistral, entità metafisica agli occhi di un nordico come lui: e per di più enormemente sottovalutata da Lione in su, come annota puntigliosamente Georges Simenon nel Mio amico Maigret, il libro che racconta questa avventura. Era considerato, quel vento che infuria sul Midi, poco più che un alibi da meridionali per giustificare qualunque défaillance. E Maigret non amava gli alibi. Quando sentì parlare di Porquerolles il commissario poteva a buon diritto immaginare quindi di tutto, anche le prospettive peggiori, ma non che in pochi giorni, abbacinato dal sole meridionale, dagli eucalipti, dalle viti, dal Mediterraneo e persino dagli abiti chiari e leggeri dei suoi colleghi di Tolone e eh' Hyères, avrebbe scoperto ima nuova malattia, teorizzata da Simenon: la «porquerollite», una specie di mal d'Africa. Ne furono «contagiati» lo scrittore, la prima moglie Tigy, morta proprio a Porquerolles nell'85, e Marc, il figlio primogenito, che ci trascorre ancora buona parte dell'anno. Georges Simenon s'innamorò dell'isola nel 1924, sfogliando il Larousse alla ricerca di un posto dove festeggiare il successo ottenuto da Tigy vendendo a un ottimo prezzo il suo primo dipinto, ma il caso gli giocò davvero uno strano scherzo, perché quello stesso nome avrebbe potuto altrettanto agevolmente trovarlo in uno dei suoi autori preferiti. E' noto che il padre di Maigret ha sempre confessato, fin da ragazzo, uno sviscerato amore per Gogol, e subito dopo Conrad, Dostoevskji, Checov. Proprio uno dei più bei romanzi di Conrad è ambientato nell'isola, durante il periodo napoleonico, quando la flotta francese, assediata dagli inglesi nel porto di Tolone, cerca uno stratagemma per riuscire a salpare verso l'Egitto. Il titolo italiano è II pirata. E' una storia di mare, di disillusione e di eroismo quasi «per caso», dove il protagonista arriva a Porquerolles con un passato da dimenticare, fa a tempo ad assistere agli orrori del Terrore rivoluzionario e infine si immola, accettando una missione chiaramente votata alla morte, lui su un piccolo scafo ne) ruolo di preda e la flotta inglese in quello del cacciatore: non per patriottismo né per voglia di guerra, ma forse già per «porquerollite». Perché in quel paesaggio allora piuttosto calcinato, di luce smagliante e di brevi anfratti d'ombra, è nato l'amore tra una ragazza che lui considera come una figlia e un giovane ufficiale napoleonico che deve condurre a termine il depistaggio degli inglesi. E' un Conrad modernissimo: il suo «pirata» ricorda, letto oggi, certe atmosfere, certi disincanti e soprattutto un rapporto molto particolare con la natura, con la sua luce e le sue forme, come li ritroviamo, tanto per citare uno dei nostri scrittori contemporanei più intensi e «mediter- v . ranei», nel ligure Francesco Biamonti. Un Conrad che non dovrebbe essere sfuggito a Simenon, se non altro per una coincidenza almeno curiosa: il '24 è l'anno della scoperta di Porquerolles da parte dello scrittore francese, ma anche quello della morte del grande anglo-polacco. La ricca biografia dedicata a Simenon da Stanley G. Eskin (Marsilio) non ne parla. Eppure Conrad aveva certamente indicato al suo lettore ed emulo la strada del Sud, anche se probabilmente Simenon credeva di esserci capitato per caso. I paesaggi già intuiti dal treno, come una folgorazione, i fondali marini che sembravano foreste guardati dal traghetto con commozione e pudore e descritti in Maigret amico mio sono quelli che vide Simenon, nel '24, e poi nel '26 quando cercò casa, accaldato, con troppi bagagli, camminando per un bel po' fino all'estremità dell'isola dove affittò un piccolo edificio con una veranda di giunchi nella zona del Grand Langoustier. Gli alberghi della piazza centrale non gli erano piaciuti. Ora al Grand Langoustier c'è un hotel di lusso, e ci si arriva con un pulmino. Per il resto, Porquerolles è rimasta come allora, con la piazza sterrata dove si gioca a bocce (e dove giocava Simenon, e dove una volta gioca anche Maigret), e la scelta fra l'andare a piedi o in bicicletta, perché salvo pochi mezzi di servizio le automobili sono naturalmente bandite. Nel porto le barche sono numerosissime rispetto a quando attraccava il Saint-Hubert, lussuoso panfilo di un conte un po' misantropo, dove i marinai organizzavano grandi feste per i Simenon, tra notti molto agitate, bettole fatte riaprire all'alba buttando il proprietario giù dal letto e l'inossidabile capacità dello scrittore di rimettersi sempre e comunque alla macchina da scrivere fra le sei e le sette, anche se intorno a lui c'erano i compagni (e le compagne) di bisboccia catafratti dal primo sonno. Ma non è un pellegrinaggio letterario quello che fa oggi approdare le barche al porto e scarica visitatori e bagnanti ogni mezz'ora dal traghetto che fa servizio coll'imbarco della Tour Fondue, sulla terra ferma. Porquerolles è molto meno un luogo letterario di quanto non sia il simbolo di una storia d'amore. Perché l'isola, che ha un bellissimo parco sottomarino e boschivo, ed è un esempio straordinario di natura difesa strenuamente, con una foresta mediterranea dove esistono specie vegetali quasi estinte e il Conservatone botanique in prima linea per la salvaguardia della biodiversità, è un ambiente naturale unico per un motivo apparentemente imprevedibile: all'inizio del secolo fu prima un dono di nozze, e poi una sorta di isola di utopia. Conrad vide un pezzo di terra dimenticato, interessante solo per scopi militari. Simenon e Tigy videro un angolo di paradiso. In mezzo c'era stato un altro belga, un miliardario, che aveva accumulato un'immensa fortuna cercando oro in Messico, e che decise di trasformare l'isola in un son tuoso regalo alla moglie. Ma soprattutto, Frangois Foumier volb farne il suo paese ideale, provare a costruire da zero una comunità autonoma e in perfetta armonia con la natura. Il matrimonio con Sylvie era avvenuto nel 1911: l'isola fu acquistata per una somma ovviamente enorme l'anno seguente, a un'asta, dopo il fallimento di una società che aveva cercato senza successo di sfruttarla per la coltivazione di fiori e frutta. E tuttavia sembrava un buon investimento: condizioni climatiche assolutamente favorevoli, in una zona dove già s'era sviluppato il turismo di super-élite della nobiltà europea (a Hyères, sulla terra ferma, era ospite del Grand Hotel la regina Vittoria). Fournier oltretutto aveva di- mostrato fino a quel momento un fiuto eccezionale per gli affari. Molto tempo dopo confidò proprio a Simenon che il suo segreto, in Messico, erano state le mosche: mentre cercava l'oro in Una zona dove già erano passati tutti e che non sembrava ormai poter riservare altre sorprese, capì che certe mosche, le chiamava «aurifere», segnalavano con la loro presenza l'esistenza nelle viscere della ter- ra del prezioso metallo. Vero? Falso? Chissà. Certo fu velocissimo a reinvestire nel petrolio i profitti dell'oro, e anche a sfilarsi in tempo dal Messico dove divampava la rivoluzione. Se un uomo di quel genere aveva messo gli occhi sull'isola di Conrad, ex sanatorio per marinai francesi ridotto a un'economia di sopravvivenza, poca pesca e piccole coltivazioni famigliari, scarsi colegamenti con la costa, forse c'era davvero una vena aurifera. Fino ad allora la vita di Porquerolles era stata decisamente mediocre e marginale. Da feudo sotto l'Ancien Regime era stata poi venduta varie volte, senza mai conoscere decolli economici. E poco prima dell'acquisto da parte di Fournier, un incendio l'aveva distrutta per metà. Adesso era forse in arrivo una mega-speculazione? No. Era in arrivo la realizzazione di un sogno rurale. Fournier in pochi anni di febbrile attività costruì una grande fattoria, ripiantò il bosco e lo «tagliò» ccn i vigneti, che sono ottimi per arrestare gli eventuali incendi, importò piante da tutto il Mediterraneo, seminò per la prima volta a quella latitudine i pompelmi. Tutti gli abitanti dell'isola divennero suoi salariati, e per loro nacquero spacci, servizi, assistenza medica e spirituale, sotto forma di preti e abati, anche se il re di Porquerolles si limitava, dicono, ad andare la domenica davanti alla chiesa, senza entrare. La grande piazza con gli eucalipti, un po' squallida e annegata di sole, pare gli ricordasse il Messico e quindi la lasciò com'era. Per il re sto, ridisegnò la struttura dell'isola. Acquistò persino una tenuta sul continente in modo da poter disporre dei prodotti che lì non si potevano coltivare: insomma, autonomia totale, non c'era nessun bisogno, nonostante ora i collegamenti fossero molto migliorati, di «andare in Francia». Anzi, si «importava» manodopera per la vendemmia. C'è ancora qualcuno che ha quei tempi nel cuore, come il signor Goglia, per tutti «Mayu», vera memoria storica di Porquerolles, che da ragazzo lavorò per Fournier e ancora adesso, ammette, ha «aostalgia». E c'è naturalmente la figlia del patriarca, Lelia, che ha affidato a un libro i suoi ricordi, ivi compreso quello della proibizione assoluta per lei, signorina, di andare alle feste di Simenon, nella villa Le Tamaris (che ora non c'è più) o sulle spiagge, che invece sono sempre lì, un po' spartane ma in fondo ben difese da un turismo sempre più numeroso e invadente. Si calcola che presto potrebbero essere superati i 600 mila visitatori l'anno (tra quelli che arrivano con proprie barche e quelli scaricati per una giornata di spiaggia dal traghetto). Troppi, tanto che potrebbe essere in arrivo un contingentamento almeno per i periodi di massimo afflusso. C'è folla in paradiso, anche se «educata». Le spiagge, benché libere, sono certamente più pulite di come, attraverso gli occhi di Simenon, le vide Maigret, piene di bottiglie e scatole di sardine. In compenso è arrivata, proprio da pochissime settimane, la terribile kaulerpia taxifolia, l'alga killer che sta infestando le nostre coste, e che finora era stata tenuta lontana dall'isola. A volte le cose peggiorano col tempo, a volte migliorano, e la storia di Porquerolles è lì a dimostrarlo. Dopo gli anni gloriosi della grande utopia la guerra, con l'occupazione di una guarnigione tedesca, ha minacciato seriamente il paesaggio e l'equilibrio ambientale. La comunità dei residenti e dei turisti si è complicata, gli affari si sono diversificati, gli eredi di Sylvia Fournier infine hanno venduto allo Stato francese, che ha creato il parco nazionale estendendolo alla vicina Port Cros (che insieme all'Isle du Lévant costituisce il piccolo arcipelago). Quelli di Maigret erano gli anni immediatamente precedenti il conflitto, gli anni in cui Simenon frequentava intensamente l'isola, anche se Maigret amico mio venne scritto poi, nel '49, in Arizona. Fra l'altro è l'unica avventura del commissario ambientata a Porquerolles, ma ci sono tre romanzi - salvo errore non risultano tradotti in italiano - che hanno lo stesso sfondo: Cour d'Assise (del '41), Le ceràie des Malie (del '46) e Les anneaux de Bicètre (del '63). I paesaggi e i personaggi che incantarono l'investigatore parigino, quando Simenon decise di pagare il suo tributo all'isola e forse a Conrad, erano già filtrati da un amorevole ricordo. Era già «porquerollite», quella specie di abbandono e d'indolenza che ad esempio fa dimenticare a Maigret, dopo una sera di bevute, di andare al funerale dell'assassinato, e ce lo mostra spietatamente in pantofole quando dovrebbe già aver indossato il vestito scuro. Va detto che il commissario si riprende subito: in un'atmosfera che pare a volte la parodia di Tenera è la notte, fra artisti demoniaci e poeti manutengoli dove pochi sono belli e dannati e molti sono sovrappeso, alla fine risolve il suo caso con la dovuta grinta, aiutato però da un indizio decisivo: la consultazione del Larousse chiesta, due giorni prima di morire, dalla vittima alia vecchia amante, vicedirettrice di una casa di piacere a Nizza. Bella coincidenza anche questa: proprio il dizionario enciclopedico che aveva portato Simenon a Porquerolles. Maigret convoca i colpevoli in municipio e, come direbbe Di Pietro, <di sfascia». Ma in fondo è deluso, e non sa perché. Quel mare gli ha dato l'impressione che la gente prenda una barca da Napoli o da Genova e se ne vada sotto costa pescando fino a quando decide, senza motivo, di fermarsi in un posto. Gli è parso «un po' intimo». Lo ha quasi messo a disagio, forse vagamente spaventato. L'isoletta di utopia col suo vino bianco, la bouillabaisse, l'odore d'aglio e d'eucalipti gli sta improvvisamente un po' stretta. Come un sentore di pericolo. «Io mi sto chiedendo se qui l'aria non sia un po' troppo forte per me», dice al suo accompagnatore, mr. Pike. E subito la «porquerollite» è sconfitta. Ma attenzione: Maigret è di carta, puro spirito, gioca coi virus come gli pare. Lettori e scrittori, ovviamente, no. Mario Baudino Una terra dimenticata, scoperta all'inizio del secolo da un miliardario belga che la comprò per fame un paradiso naturalistico da offrire alla moglie come dono di nozze Qui i due scrittori si fermarono e ambientarono un paio di romanzi POffiunine, e n o n a e ritroer ciostri mporanei mediter- v . e Francesco e non dovrebbe esimenon, se non alincidenza almeno è l'anno della scoA lato uno scorcio i Porquerolles, nelle foto sotto Joseph Conrad e a destra Georges Simenon ffiffl Carene A lato uno scorcio i Porquerolles, nelle foto sotto Joseph Conrad e a destra Georges Simenon Tra viti e eucalipti il papà di Maigret scoprì una nuova malattia: la «porquerollite»