«Welfare, eredità insostenibile»

«Welfare, eredità insostenibile» STATO SOCIALE Uno studio Usa avverte: squilibrio estremo tra popolazione, spese ed entrate «Welfare, eredità insostenibile» Per l'italiano del domani un conto da 470 milioni ROMA. L'eredità sarà pesantissima, ogni futuro italiano dalla prossima generazione in poi si troverà a dover saldare nel corso della sua vita un conto pari a circa 470 milioni di lire per poter contare su uno «Stato sociale» con prestazioni pari a quelle attuali. Questa cifra, calcolata ai valori di oggi, costituisce il saldo fiscale netto prò capite, ovvero la differenza tra le tas?p da pagare in tutta l'esistenza e il valore delle prestazioni g i rantite dal Welfare. E se il conto è già salatissimo per chi è nato nel 1995, che si troverà alle prese con 202 milioni da sborsare, per le file delle prossime generazioni il salasso sarà superiore del 131,8 per cento. Ad annunciare un'ipoteca tanto pesante sugli italiani del nuovo millennio è uno studio dal National bureau of economie research, il più importante istituto di ricerca economica degli Stati Uniti, che ha analiz- zato la situazione di quelli che vengono definiti i «conti generazionali» in 17 Paesi del mondo. E, purtroppo, l'Italia è nella zona più alta della classifica negativa per guanto riguarda il rapporto di costo tra future prestazioni sociali e le entrate su cui, ad oggi, possono contare i bilanci pubblici. In questo squilibrio, che l'indagine dell'istituto definisce «estremo», il nostro Paese è secondo solo al Giappone, mentre è seguito da Germania, Olanda e Brasile. Le cause? Prima fra tutte l'invecchiamento delle popolazioni: secondo le proiezioni degli analisti Usa in Italia, nel 2030, ci saranno cinque anziani per ogni dieci persone che lavorano, infatti, dal Duemila in poi, la popolazione comincerà a diminuire sensibilmente. E a salvare i nostri figli e nipoti dal maxidebito del Welfare, avverte il National bureau of economie research, non serviranno i progetti per la finanza pubblica sui quali si basa l'Unione Monetaria Europea od altre linee di buona condotta macroeconomica. Infatti, ad esempio, Giappone e Norvegia, pur avendo un debito pubblico bassissimo rispetto al prodotto interno lordo, presentano egualmente due fra i più gravi squilibri generazionali. Un fatto non sorprendente, commentano gli autori dello studio, visto che «da un punto di vista teorico, non esiste alcun collegamento tra questi due aspetti». Così in testa alla lista delle eredità negative troviamo l'aumento di spese del 169,3 per cento dei Giapponesi, poi il 131 per cento a carico degli Italiani, seguono i Tedeschi con il 92 per cento, gli Olandesi con il 76 e i norvegesi con il 63,2 per cento. La proporzione non cambia nemmeno volendo considerare le spese per l'istruzione come trasferimenti dallo Stato: anche così il debito è destinato ad essere più che doppio, salendo da 121 a 372 milioni di lire. Ci sono rimedi per evitare di pagare questa caterva di soldi? Sì, ma amarissimi. Le possibili soluzioni indicate dallo studio Usa sono quella di aumentare le tasse da pagare, tagliare i trasferimenti dallo Stato ai cittadini o riducendo l'arco di tempo in cui viene erogata la spesa pubblica. Soluzioni che comportano uno sforzo enorme e, comunque, impopolare: per ristabilire l'equilibrio generazionale tra gli attuali nuovi nati e le prossime generazioni occorrerebbe dimezzare la spesa pubblica in Italia, ridurla di un quarto in Giappone, Argentina e Brasile, tagliarla di un quinto in Usa, Germania, Olanda e Francia. Appena meno pesante la seconda strada, quella di ridurre i trasferimenti per la Sanità, le pensioni e i sussidi di disoccupazione: così facendo i trasferimenti andrebbero tagliati dei due quinti in Italia, di un quarto in Giappone e di un quinto negli Usa, in Olanda e Brasile. Resta la soluzione di far pagare più tasse, ma per l'Italia questa opzione è definita «puramente accademica», visto che si tratterebbe di aumentare le imposte di un astronomico 60 per cento. [v. cor.] Tiziano Treu ministro del Lavoro Dagli Usa una «bordata» al Welfare italiano

Persone citate: Tiziano Treu