«Via dalla Cresima uomini del clan »

«Via dalla Cresima uomini del clan » L'obiettivo: evitare che nella celebrazione possano essere chiamati affiliati dei boss «Via dalla Cresima uomini del clan » II vescovo di Locri: sceglierò io i padrini REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per evitare che la figura del padrino nel sacramento della Cresima possa continuare ad essere snaturata, compreso il rischio che il cresimando sia accompagnato sul sagrato da un mafioso, piuttosto che da un usuraio, la diocesi di Locri pensa ad un ritorno alle origini, quando i padrini erano gli stessi catechisti. Per la verità si è già ben oltre l'intenzione, sottolineata dal vescovo, Giancarlo Maria Bregantini, in una lettera pastorale dell'ottobre scorso. Monsignor Bregantini lo va predicando da tempo tra i suoi sacerdoti: la scelta del padrino dev'essere libera, non imposta ai ragazzi dalle famiglie, «pensando magari allo zio che abita a mille chilometri e che il giovane non ha mai visto, o vede per tre giorni all'anno». Allontanare i padrini di 'ndrangheta dall'altare? «Non è questa la finalità diretta e principale dei nostri intendimenti - dice monsignor Bregantini -, ma è comunque una conseguenza ovvia, è un pericolo che viene meno; il nostro obiettivo, però, non è questo, non è quello di armarci per ima battaglia che non si può vincere con i divieti». La meta è quella, per dirla con Bregantini, di «recuperare il molo dei padrini nel sacramento della Cresima, riportando la figura del pachino nell'ambito ecclesiale da quello attuale della parentela. Si stanno studiando forme nuove per investire delle responsabilità di padrino i catechisti... Si tratta di purificare l'immagine del padrino attraverso una presa di coscienza nei giovani, nelle famiglie. Qualche parroco - ammette 3 presule magari ha interpretato la cosa come un obbligo, ma il cammino è molto lungo, graduale». Certo non sarà lo scopo principale, ma l'allontanamento dei mafiosi dal sacramento della Cresima è tutt'altro che campato in aria, visto che il vescovo ribadisce ai suoi sacerdoti l'invito «perché vaglino bene le singole persone che chiedono di svolgere un ruolo così importante». Ruota tutto intorno ai rischi che, secondo la diocesi di Locri, il sacramento venga svilito da ritualità spesso inquinate (nella lettera pastorale, Bregantini si rivolgeva anche a padrini e madrine «spesso presenti al sacro rito poco preparati e poco consapevoli. 0 attratti da altre ragioni...»). «E' un percorso educativo e culturale - aggiunge il presule perché le famiglie devono capire che non possono imporre al ragazzo un modello sbagliato e i ragazzi devono capire a chi poter guardare come modello». Con i divieti, è la convinzione di Bregantini, si ottiene poco contro la cultura maliosa, anche in questo caso: «Farebbero dice - come hanno fatto in qualche Paese per i matrimoni: hanno fatto firmare da testimone un prestanome, ma i compari d'anello "veri" erano quelli... La battaglia non si vince con i divieti, ma con una nuova cultura; cambiare padrino, magari rifiutando, com'è già accaduto con alcuni ragazzi della Locride, quello imposto dai genitori, è un atto di grande coraggio e di grande rilevanza culturale». Alla fine, insomma, si dovrà arrivare al recupero «del ruolo ecclesiale del padrino», sottolinea Bregantini. La memoria riporta comunque a qualche anno fa, quando l'allora arcivescovo di Crotone, Giuseppe Agostino, raccomandò ai suoi parroci di non ammettere ai sacramenti dell'Eucarestia e del matrimonio, oltre che al compito di fare da padrini nelle Cresime, i «soggetti notoriamente mafiosi se non interiormente pentiti». Era il 1992. Due anni dopo Agostino (oggi arcivescovo di Cosenza) ordinò vescovo Bregantini che, da allora, a Locri, terra calda sul fronte della 'ndrangheta, di iniziative coraggiose per risvegliare le coscienze contro la cultura mafiosa ne ha fatte tante. Ma non basterebbe vietare ai mafiosi di fare da padrini per scalfire la cultura mafiosa, fa capire il presule: «La vera battaglia si fa proponendo alternative ai giovani, è questa la battaglia più efficace: segni di speranza, unità, lavoro, cooperazione, sono queste le armi vincenti». Il rapporto tra cresimato e padrino esprime un forte legame solidale; lo sottolineava Bregantini nella lettera pastorale di ottobre. Quindi un significato da recuperare, anche perché - aggiungeva il presule - «purtroppo, in alcuni casi, tragicamente deformato dalla malavita, fino a farne un'immagine di morte». Rocco Valenti Il vescovo di Locri, Giancarlo Maria Bregantini nel giorno dell'ingresso

Persone citate: Giancarlo Maria Bregantini, Giuseppe Agostino, Rocco Valenti

Luoghi citati: Cosenza, Crotone, Locri, Reggio Calabria