Lombardini, l'ultimo giallo è un computer
Lombardini, l'ultimo giallo è un computer Il traffico telefonico confermerebbe l'incontro tra il giudice suicida e Melis, svelato forse da una donna Lombardini, l'ultimo giallo è un computer «Sparito un pc dalla sua stanza» CAGLIARI NOSTRO SERVIZIO Ricapitolando: un ex giudice antisequestri si spara un colpo di rivoltella alla testa. Decide di uccidersi nel modo più clamoroso, mentre gli uomini del pool guidati da Caselli, giunti da Palermo per interrogarlo dopo avergli contestato reati pesantissimi nell'ambito deU'inchiestra sul sequestro di Silvia Melis, stanno per perquisire il suo studio. Davvero Luigi Lombardini, magistrato ruvido e imprevedibile, lì dentro, in quella stanza al sesto piano del palazzo di giustizia di Cagliari, custodiva i suoi segreti? Davvero un uomo abituato alle indagini, a sospettare persino della sua ombra, era così ingenuo? E allora perché il disco rigido, nonché i numerosi floppy ritrovati vengono definiti "interessanti" dagli investigatori? Ancora: Lombardini aveva davvero un computer portatile? Alcuni testimoni avrebbero visto un «pc» nella sua stanza, ma dell'apparecchio, non c'é traccia. Domande che si accavallano a domande, particolari che affiorano a orologeria in questo giallo giudiziario di mezza estate che sembra non finire mai. E che fa intrawedere bagliori di guerra tra procure. Meglio: guerra sui metodi utilizzati dai diversi pool. Il procuratore generale di Cagliari presso la corte d'appello, Francesco Pintus, che dopo la morte di Lombardini ha usato parole pesanti come macigni appunto contro i metodi della procura di Palermo, ieri mattina ha affidato al fax cinque pagine finite sulla scrivania del ministro di Grazia e Giustizia. Contenuto? «Non dico nulla» ha esclamato Pintus sgusciando via dal suo ufficio. Poi ha fatto dietrofront: «Lombardini mi parlò solo una volta del rapimento di Silvia Melis: e lo fece per dirmi: "Poveretta, non è ancora tornata a casa"». Riflette ancora Pintus, e va giù con una smorfia triste: «Lombardini non si è mai aperto con me. Non mi ha mai detto ciò che faceva. Veniva avvicinato spesso dai familiari disperati, quando sai d'avere un fratello, un moglie, un padre in mano ai banditi, che fai?». Andò così con il notaio Gianfranco Giuliani di Olbia, marito di Miria Furlanetto, ostaggio dell'Anonima sequestri. Pintus conferma. «In quella occasione Lombanlini mi raccontò di aver partecipato ad un incontro con Giuliani, e mi disse ancora che era sua intenzione farsi interrogare dal pubblico ministero titolare di quell'inchiesta, al quale voleva consegnare una bobina con la registrazione del colloquio». La notte del suicidio Pintus s'aggirava davanti al palazzo di giustizia smarrito, gli occhi lucidi. Ha parlato a lungo e questo gli è costato - è stato annunciato - un nuovo procedimento. Il caso Pintus verrà esaminato dal nuovo Csm. Nei mesi scorsi, esattamente a giugno, la prima commissione del Consiglio superiore aveva deciso di avviare una istruttoria per verificare se ci fossero i presupposti per poi procedere al suo trasferimento d'ufficio. Pintus due anni fa aveva presentato domanda per la nomina di pg a Milano, ma una serie di lettere di magistrati della procura presso il tribunale avevano contribuito a bloccare la pratica. E a nulla erano valse le raccomandate di Pintus al Csm, al procuratore generale presso la Cassasene, al ministro di Grazia e Giustizia e a Scalfaro. Il procuratore generale, rientrato nella sua città dopo una lunga carriera e una parentesi come senatore della sinistra indipendente, era stato in forte contrasto con l'ex responsabile della procura della Repubblica, Franco Melis, «Ma non c'è stata una vera guerra», avverte adesso riferendosi a una serie di avocazioni di inchieste denunciate dai suoi colleghi. E proprio Melis ieri è intervenuto nuovamente: «Fondi antisequestri gestiti da Lombardini e pagati da gruppi di industriali? Non ne ho mai sentito parlare. Se l'avessi saputo l'avrei denunciato». Punto. Smentita secca, dopo le ipotesi dei giorni scorsi. Quando nel giallo erano finite anche tre donne (accusate d'aver prestato i loro cellulari all'ex giudice antisequestri). Ora un riscontro tecnico - disposto dalla procura di Palermo - sulle telefonate scambiate quella sera dai partecipanti all'incontro segreto all'aeroporto Elmas confermerebbe tutto: la sera dell'8 ottobre scorso Melis, l'avvocato Garau e Lombardini si videro davvero. E il settimanale «Oggi», aggiunge un particolare in più: «Non fu Tito Melis a svelare ai giudici l'incontro segreto. Gli mquirenti lo scoprirono grazie a una donna, Paola Bitti, ingegnere ed ex amica del cuore dello stesso Lombardini». Una vendetta, insomma. Mauro Spignesi Il magistrato Luigi Lombardini, morto suicida otto giorni fa
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