«Ma noi italiani restiamo» di Guido Novaria
«Ma noi italiani restiamo» «Ma noi italiani restiamo» Investire o no in un Paese a rischio? Il PRESIDENTE DELLA FATA TORINO. A Mosca è arrivato quarant'anni fa «quando ottenere il visto d'ingresso era un'impresa quasi più difficile che costruire una fabbrica dalle fondamenta». Gaetano Di Rosa, presidente della Fata Group di Pianezza, in Russia ha costruito decine e decine di stabilimenti, esportando tecnologia italiana nei settori più disparati, dalia meccanica, all'elettronica, al terziario avanzato. Da qualche anno, Di Rosa e la Fata hanno scelto la regione del Kuzbass, in Siberia, per quel progetto di sviluppo agrolimentare da esportare in altre repubbliche dell'ex Urss. «Non è possibile abbandonare la Russia in questo momento - dice Di Rosa -. E non lo dico solo da imprenditore di un'azienda che ha interessi in quelle repubbliche». Molti suoi colleghi stanno decidendo in queste ore se fare le valigie e lasciare Mosca. «E' probabile, anche se devo dire che qualsiasi decisione, adesso, mi sembrerebbe affrettata. Certo a Mosca c'è molta confusione, i miei collaboratori mi preannuciano imminenti rimpasti nel governo per cercare di rimettere in carreggiata un sistema dove il libero mercato non decolla». Che cosa potrà succedere, allora? «Mai come in questo momento in Russia manca una seria politica industriale. Tutto è fermo: grandi e piccoli complessi ni ogni angolo delle Federazione non lavorano, la produzione è ai minimi storici. Per questo è necessario uno sforzo nuovo, da parte dell'Occidente. E poi il Fondo monetario non può pensare di concedere altri fondi senza finalizzarli a progetti seri. Altrimenti si corre il rischio di fare della semplice assistenza e non dello sviluppo». La Fata ha conosciuto da vicino i momenti del passaggio dal regime comunista ad un'economia di mercato. «Può sembrare un paradosso, ma per quasi un trentennio, prima della caduta del Muro, la stabilità era garantita, i referenti chiari, la pianificazione, in qualche modo, rispettata: adesso è il caos, diventa spesso difficile trovare interlocutori seri, far capire, ad esempio, che la liberalizzazione del commercio non poteva risolvere tutti i problemi, anzi». Il «modello Fata» è riuscito a conquistare l'interese dei governatori di parecchie repubbliche della Federazione. «Abbiamo dimostrato come la realizzazione della catena alimenater con il nostro slogan "dal campo al negozio" può garantire la sopravvivenza di milioni di persone. Vorremmo trasferire l'esperienza della Siberia in altre repubbliche». La svalutazione del rublo può fermare tutto questo? «Sicuramente rallenterà contatti e accordi che stavano per essere sottoscritti. Se fosse necessario, oggi sarebbe più serio andare ad una svalutazione vera, e poi ripartire, con aiuti esterni. E l'Occidente dovrà fare la sua parte». Come dire che senza Occidente la Russia non può farcela? «Senza dubbio; ma è anche vero il contrario: una buona fetta di Occidente ha bisogno della Russia e può assistere a quanto sta succedendo a Mosca senza intervenire; se così non fosse ci troveremmo presto a fronteggiare altre emergenze così come sta avvenendo per il Nord Africa». E la Fata ridimensionerà i suoi progetti nell'ex Urss? <(Assolutamente no; sappiamo che tutto può complicarsi, ma, in passato, abbiamo superato momenti altrettanto difficili. Se Mosca riuscirà a varare una seria politica industriale, per le aziende italiane si apriranno importanti opportunità di lavoro». Guido Novaria «Una voltai punti di riferimento erano chiari adesso c'è caos» Gaetano Di Rosa, imprenditore lavora da 40 anni con la Russia
Persone citate: Di Rosa
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