Rifondazione, guerra dei sospetti di Fabio Martini

Rifondazione, guerra dei sospetti Scambio di accuse nel partito e tutti evocano lo spettro della scissione Rifondazione, guerra dei sospetti «E se Cossutta volesse fare il ministro?» RETROSCENA IL TRAVAGLIO NEOCOMUNISTI LW ROMA m ARMANDO fa la sfinge. Tace Cossutta e tra gli ombrelloni di Bonassola sulla Riviera di Levante aspetta il momento giusto per aprir bocca e colpire il nemico. Fausto veleggia molto più lontano da Roma, è a Lefkas, una delle infinite isole dell'Egeo, e il suo carattere lo induce a intervenire quasi ogni giorno, per rendere sempre più chiaro il suo obiettivo: far cadere il governo Prodi, perché «abbandonarlo al suo destino sarebbe una liberazione». Da quando sono fisicamente più lontani, uno sul Mar Ligure e l'altro sull'Egeo, Armando Cossutta e Fausto Bertinotti hanno finito per ingaggiare la più cruenta disfida nella storia di Rifondazione, una delle più aspre battaglie a viso aperto nella storia del comunismo italiano. Battute affidate ai portaparola, sospetti grevi, colpi bassi. Nichi Vendola per esempio arriva a dire: «Mi stupirebbe che un dirigente dalla grande storia come Cossutta cedesse alle viscere. A volte tocca fare un passo indietro e in questo caso tocca farlo a lui». L'Armando in pensione? Marco Rizzo gli risponde così: «Vendola, a esser buoni, non è un leone dal punto di vista caratteriale... Lm ha votato Dini ed è quello che a ottobre piangeva a Montecitorio...». Rizzo non va oltre nella descrizione del compagno Vendola, ma il clima di queste ore è allusivo, venato di pesantissimi sospetti. In gioco, certo, ci sono tante cose importanti: il rapporto personale e politico con Prodi, la competizione con i cugini del Pds, la sorte della legislatura e del governo dell'Ulivo, la scissione. Ma alla fin fine lo scontro - non banale - tra le due anime di Rifondazione investe la strategia del partito: farne un nuovo Pei «che rinverdisca la tradizione del partito comunista italiano e della sinistra comunista», come dice il cossuttiano Rizzo, e dunque un partito pronto ad entrare al governo come il Pcf; oppure un partito più antagonista, che «unifichi la protesta sociale», per dirla con Fausto Bertinotti. Semmai la sorpresa rispetto alla tradizione comunista - sbranarsi in casa e apparire uniti all'esterno - è quello che Vendola chiama «il clima inquinato» di questi giorni d'agosto, la battaglia combattuta tra le dietrologie più pesanti. Bertinotti e i suoi, per ora, non sono disposti a confessarlo a voce alta, ma hanno cominciato a chiacchierarne tra loro: se nel partito vince la linea dell'addio al governo, i cossuttiani potrebbero uscire da Rifondazione, aderire alla «Cosa 3» preparata nei «laboratori» di Botteghe Oscure e a quel punto, in cambio dei decisivi voti forniti a Prodi, Armando Cos sutta potrebbe coronare la sua vita di militante, annunciando al suo mondo «l'ingresso al governo di ministri comunisti». Fantapolitica? I cossuttiani, è chiaro, smentiscono: «L'ultima cosa che ci interessa sono i ministeri», dice Marco Rizzo. E ancora: «Lo so, continuano a dire che noi voghamo entrare nel Pds, ma signori attenzione: Cossutta l'ha fatto questo partito! Tutti quelli che stanno dall'altra parte sono arrivati dal Pds nel 1993-'94 con Bertinotti...». E il segretario che dice? Se la grande convulsione di Rifondazione si concludesse fra sei mesi con l'ingresso al governo di uno o due ministri comunisti, magari proprio Cossutta? Da Lefkas Bertinotti risponde cosi: «Fin qui il partito lo ha escluso per l'oggi e per il domani. L'opinione generale è che non ne esistano le condizioni». Una pausa brevissima e poi le parole più importanti: «E questa non dovrebbe essere una risposta che dò solo io...». E i cossuttiani hanno un sospetto opposto: che a volere una scissione sia proprio Bertinotti: «Chi la evoca, di solito ce l'ha in mente», dice Oliviero Diliberto, il presidente dei deputati di fede cossuttiana, e Rizzo ricorda: «Il primo a evocare la parola scissione è stato il segretario del partito... Perché lo ha fatto?». Ma uno dei dirigenti di Rifondazione che meglio conosce Cossutta e che parla soltanto sotto richiesta di anonimato, spiega che «Armando non farà la scissione, ma andrà alla conta e se perde punterà tutto su un congresso straordinario, magari da farsi dopo una auspicabile batosta elettorale per Rifondazione...». E in questo clima ogni mossa del fronte avverso finisce nella graticola delle dietrologie. Due giorni fa sempre Nesi ha detto che «potranno esserci anche altri governi di coalizione a guida diversa da Prodi». Curioso: il tam tam di Palazzo Chigi raccontava che i rapporti tra Prodi e i cossuttiani, tra Ciampi e Nesi, si erano consolidati e allora perché quel siluro al Professore? Bertinotti ne ha chiacchierato con i suoi senza trovare una risposta: un siluro ispirato da Botteghe Oscure? Oppure un messaggio cifrato a Prodi: caro Romano, per avere la nostra fiducia, non basta citare Diliberto nei tuoi discorsi, devi apprezzarci pubblicamente. Ma se queste sono semplici illazioni, da Lefkas Bertinotti sembra avere le idee chiare sull'autunno in arrivo: «Questo Paese è già in una stagione di conflitti sociali: nel Mezzogiorno con disoccupati e lavoratori socialmente utili, con le lotte dei lavoratori di aziende in crisi, con la stagione contrattuale in arrivo». E il governo? «Un atteggiamento politicamente ed eticamente intollerabile. Basterebbero le cariche della polizia per dire che così proprio non va». Fabio Martini Sopra: Nerio Nesi A sinistra: il segretario Fausto Bertinotti con Armando Cossutta presidente di Rifondazione comunista

Luoghi citati: Bonassola, Lefkas Bertinotti, Roma