Starr dà un nuovo appuntamento a Monica

Starr dà un nuovo appuntamento a Monica Nonostante l'impopolarità il magistrato speciale non demorde e riempie la sua agenda Starr dà un nuovo appuntamento a Monica Forse riconvocherà Clinton, interrogato l'ex stratega NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Bill Clinton gli ha esplicitamente chiesto di piantarla, i leader repubblicani lo hanno di nuovo esortato a sbrigarsi, i sondaggi dicono che due americani su tre non ne possono più della sua inchiesta, ma Kenneth Starr va avanti imperterrito. Ieri si è appreso che ha riconvocato Monica Lewinsky davanti al gran giurì domani, per la seconda volta: Il magistrato vuole confrontare la sua testimonianza con quella fornita dal Presidente. E lunedì sera, mentre su tutti i canali televisivi si discuteva del messaggio alla nazione del Presidente, era arrivata la notizia di un'altra convocazione davanti al suo gran giurì: per quel Dick Morris che fu lo stratega della «conversione al centro» grazie alla quale Clinton vinse le elezioni del 1996, ma che non potè godere di quel trionfo perché, proprio nei giorni della Convention democratica di Chicago in cui i suoi suggerimenti venivano messi in pratica, lui fu licenziato in tronco perché si era scoperto che aveva una storia con una squillo e che si divertiva a parlare al telefono con il Presidente mentre era a letto con lei. Che cosa si aspetti il procuratore Starr dalla deposizione di Morris non è chiaro, mentre è chiarissimo che cosa si aspetta dalla deposizione di Monica Lewinsky. Ma di sicuro significa che la sua risposta al messaggio-confessione di Clinton è un badogliano «la guerra conti¬ nua». Quei riferimenti del Presidente all'inchiesta «politicamente motivata», quelle sue «serie preoccupazioni» rispetto a un procuratore speciale che è andato a frugare «fra i miei amici e la mia vita privata» e soprattutto quel suo accenno al fatto che ora «l'inchiesta è essa stessa sotto inchiesta», lo hanno fatto proprio arrabbiare, come del resto hanno fatto arrabbiare i pur prudenti repubblicani. Il senatore Orrin Hatch, che in quanto presidente della Commissione Giustizia è destinato ad avere un ruolo importante nel caso che il procedimento di impeachment contro Clinton venisse avviato, appena ha sentito quelle parole del Presidente se n'è perfino uscito con un «ma che mascalzone!». Poi si è ricomposto e ha fatto una dichiarazione «ufficiale» per dire che il procuratore speciale stava semplicemente compiendo il suo dovere. Ma soprattutto si parla anche dell'intenzione di Starr di convocare di nuovo lo stesso Presidente, e questa volta non per una deposizione «volontaria», come formalmente è stata quella di lunedì, decisa dopo un frenetico negoziato con gli avvocati di Clinton, bensì per una deposizione «obbligatoria», da rendere al Palazzo di Giustizia e non alla Casa Bianca, con gli avvo¬ cati fuori della porta e con l'obbligo di rispondere a tutte le domande che gh vengono rivolte. Pare infatti che l'altro ieri, durante le lunghe ore passate nella Map Room della Casa Bianca, ci siano stati momenti di forte tensione perché Clinton rifiutava di rispondere a certe domande rivoltegli da Starr e dai suoi aiutanti, in nome di quella «privacy» cui tutti, «perfino i Presidenti, hanno diritto», come avrebbe detto più tardi nel suo messaggio. Se questo è davvero il prossimo passo che Starr intende compiere, il conflitto costituzionale, appena evitato grazie alla soluzione della deposizione «volontaria», è desti- nato a ripresentarsi in tutta la sua difficoltà, e anche la trafila degli appelli, dei ricorsi, delle deliberazioni è destinata a riprendere e a fermarsi solo all'ultimo stadio della Corte Suprema, la quale peraltro dicono molti studiosi - non dispone di strumenti giuridici sufficientemente chiari su cui basare la propria sentenza. La crisi, insomma, è tutt'altro che finita, i suoi tempi potrebbero allungarsi ancora e il clintoniano «abbiamo un lavoro importante da fare, opportunità reali da cogliere, problemi reali da risolvere, questioni di sicurezza da affrontare» potrebbe di fatto cadere nel vuoto. E' per questo, probabilmente, che nonostante la prudenza di un Newt Gingrich che invita ad aspettare il rapporto di Starr prima di «giudicare Clinton», altri personaggi si sono lanciati a testa bassa dicendo che in fondo quella di Clinton è stata una «confessione di spergiuro», e che quello è già un reato da impeachment. Dan Quayle, l'ex vice di George Bush che faceva ridere tutti per le sue gaffe ma era - ed è - adorato dalla destra, ha esplicitamente chiesto a Clinton di dimettersi «in nome del bene del Paese». Franco Pantarelli Vuole verificare la testimonianza del capo dello Stato La Lewinsky tornerà domani davanti al Gran Giurì Nella foto grande il procuratore Kenneth Starr all'uscita dalla Casa Bianca, e Dick Morris interrogato ieri

Luoghi citati: Chicago, New York