Manuale della lingua clintonese di Gabriele Romagnoli

Manuale della lingua clintonese ANATOMIA DI UN DISCORSO Manuale della lingua clintonese Cinquecentoquarantatréparole scelte con cura CWASHINGTON INQUECENTOQUARANTATRE' parole, pesate una a una, prima di dirle, poiché da esse dipende(va) la sua sopravvivenza. Nessuna è casuale, nel discorso di Clinton alla nazione, a cominciare da quelle che mancano. Non ci sono né Vm sony (mi dispiace), né I apologize (chiedo scusa). Contrariamente a quanto gU suggerivano i più stretti consiglieri, il Presidente non ha recitato un completo «mea culpa»: quello che ha fatto was wrong (era sbagliato), lo ha indotto a ttìke rcsponsabilify (assumerne la responsabilità), ma non a scusarsi e chiedere il perdono della gente che pure ammette di avere mided (ingannato). Prendersi la sua responsabilità, per di più limitata, giacché alla fine aggiunge for my pari in all af fhis, per la mia parte in tutto questo, è tutto quello che può fare (b all I con da). Manca anche un'altra parola, un avverbio: completely. Clinton aveva promesso che avrebbe te- stimoniato «completely ond tru- thfully». Ha garantito infatti di aver risposto con assoluta sincerità, ma non completamente. Con questo ammette di aver evitato alcune domande: quelle che l'avvocato Rendali ha defunto lesive della sua privacy e della dignità dell'istituzione che rappresenta. Al resto, ha risposto. Dicendo, infine, la verità, o, almeno, la verità nei terrnini di Clinton, che è sempre sfumata, soprattutto nel linguaggio. Sette anni fa, per ammettere che aveva avuto una storia con Gennifer Flowers, scelse l'espressione: «Ho causato sofferenze al mio matrimonio». Stavolta, dovendo ammettere la relazione con Monica Lewinsky, si è affidato a un aggettivo. Non poteva dire sexual, sessuale, perché aveva pubblicamente ammonito I nevernad a sexual relationship with that woman, mai avuto una relazione sessuale con quella donna. E allora, per salvare una coerenza in cui lui soltanto ancora crede, la relazione è diventata noi appropriate, non appropriata, sconveniente. E' iì primo di una serie di eufemismi a cui ha fatto ricorso e che, in un futuro dizionario, potrebbero trovare posto alla voce «Clintonismo = modo di parlare usando termini non appropriati per dare un senso più accettabile alle cose». Per sette mesi il presidente ha negato, scosso il dito, ammonito la sua gente in televisione premettendo: listen to me, ascoltatemi. Al momento di ammettere semplicemente: ho mentito (I lied), dice invece: I gavea false impression, ho dato un' impressione sbagliata. Mancava solo aggiungesse maybe, può darsi, che abbia dato una impressione sbagliata, scaricando la colpa sugli americani, capaci di fraintendere le parole del più abile e meno limpido dei comunicatori. Dopodiché, c'era la questione delle sue risposte nell'interrogatorio per il caso Paula Jones, dove pure negò la relazione sessuale con Monica Lewinsky, benché gli avessero mostrato la definizione concordata di «relazione sessuale» (di un'ampiezza tale da escludere solo la stretta di mano, purché virile). Le sue risposte, ha affermato Clinton, furono legally accurate, esatte dal punto di vista legale, poiché, nel suo mondo del diritto e del linguaggio, non ebbe con la signorina Lewinsky una relazione sessuale, ma una di tipo «non appropriato». Poi, il contrattacco: e anche qui la scelta dei termini non è casuale. Quello che è avvenuto negli ultimi sette mesi è stato uno spericele, uno spettacolo, che è tempo di finire. Ci sono da affrontare problemi e questioni real, reali. Clinton crea così il confine tra la realtà, in cui abitano le vicende di cui deve occuparsi come Presidente, e lo spettacolo, in cui si narrano le sue «non appropriate» gesta come uomo. Uno spettacolo finisce, di solito (benché Starr sia della scuola «the show must go on.»), e comunque appartiene al mondo della fantasia, è la creazione di una mente e come tale va preso. La realtà è altra, più rilevante cosa. Per sfortuna di Clinton il banale spettacolo della sua vita privata è stato (in modo non approriato, ma irreversibile) intrecciato alla sua esistenza pubblica. E lì resta. Cinquecentoquarantatré parole non sono bastate a chiuderlo. Di tutte, una è stata davvero non appropriata: God, Dio. Listen, Mr. President, usi tutti i clintonismi che conosce, ma, che esista o no, lasci Dio al di fuori del suo Ufficio Ovale, della Map Room, della sua vita privata, di tutti quegli inchini e prostrazioni che ne hanno fatto parte, senza mai preludere a una preghiera. Gabriele Romagnoli