Mori e D'Ureo al primo esame: l'Europa li aspetta

Mori e D'Ureo al primo esame: l'Europa li aspetta ATLETICA Budapest, via ai campionati continentali con due convalescenti azzurri attesi all'esordio nei 400 ostacoli e nei 1500 Mori e D'Ureo al primo esame: l'Europa li aspetta E l'orgoglioso Didoni nella 20 km è pronto a marciare verso una medaglia BUDAPEST DAL NOSTRO INVIATO Che la festa continui. Domenica sera, fino a tarda ora, i fans della Ferrari hanno festeggiato per le vie di Budapest, coinvolgendo anche quanti stavano arrivando per il grande appuntamento sportivo successivo, i campionati europei di atletica che, da oggi e domenica, assegneranno 46 titoli nel Népstadion. Siamo alla verifica senza appello di mesi e mesi di preparazione, al dimensionamento dei sogni nella realtà. E nel panorama di un'atletica che nel Vecchio Continente fatica sempre più ad accettare i sacrifici indispensabili per emergere e a trovare ricambi competitivi a livello mondiale, l'Italia si presenta in forze, desiderosa di smentire chi, badando a cifre di praticanti in pericoloso regresso, lamenta che poco e male si faccia per la promozione. Settantasette, dunque, gli azzurri presenti che, stan¬ do al citi maschile Giampaolo Lenzi «si sono guadagnati la partecipazione non con uno, ma con una serie di risultati», mentre per il citi femminile Dino Ponchio «si tratta di una squadra di difesa, da gioco di rimessa perché per infortunio mancano due atlete del calibro di Roberta Brunet e Omelia Ferrara». Ovvio, ciascuno vede il problema secondo l'ottica dèi proprio orticello, e al cronista non resterà che registrare, prima ancora che le eventuali medaglie, la prova dei singoli, perché quello che ha deluso delle ultime rassegne (i Mondiali '97 outdoor ad Atene e gli Europei '98 indoor a Valencia) è stato il comportamento spesso rassegnato di chi, invece, avrebbe dovuto intendere la propria partecipazione come l'occasione della vita. Fra i tanti azzurri oggi in gara (ben 21) la prima verifica toccherà alle ambizioni di Mori (400 hs) e D'Urso (1500, e successivamente gli 800), che - l'uno per una microfrattura e l'altro per un'influenza con ricaduta - si presenteranno in pista senza aver potuto effettuare i dovuti collaudi. Più incerta la situazione di Mori che, nell'ultimo mese, ha sostenuto due soli allenamenti con le scarpe chiodate e nessuno con gli ostacoli al punto che il suo tecnico, Roberto Frinolli, ha avuto il tempo per dedicarsi a Lambruschini il quale, a 33 anni, si è finahnente deciso ad affidarsi ad uno specialista per migliorare la sua tecnica di passaggio delle barriere per i 3000 siepi. Ma, soprattutto, oggi l'Italia cala la sua prima carta da medaglia con Michele Didoni, il marciatore che vinse ventunenne, tre anni fa a Goteborg, il titolo iridato della 20 km e poi si è perso, come lui stesso ammette, nei mille rivoli di festeggiamenti che parevano non dover finire più. «Fin da ragazzo - analizza il milanese - ho vinto abbastanza e quando tocchi il successo assoluto, se non fai attenzione, non sei più capace di reagire. E incominci a perdere. Non ti rendi nep¬ pure conto che, fuori dal tuo ambiente, si parla di te per dieci-venti giorni, poi ritorni nel dimenticatoio. Per questo ho ritenuto giusto l'atteggiamento dell'anno scorso, quando noi marciatori abbiamo deciso il silenzio stampa: la fatica non è nella mentalità della gente che spesso preferisce pensare ad altro. Tutto questo comunque è servito: Goteborg per me è stato l'apice, cui è seguito un lungo periodo d'oscurità che mi ha insegnato quale deve essere la mentalità giusta. E adesso eccomi pronto a buttarmi dentro. Come ad Atene, dove il mio attacco iniziale quanto meno servì a fare selezione e a procurarmi gli elogi del russo Markov perché avevo dato fisionomia alla gara». I tecnici, Sandro Damilano in testa, nutrono molta fiducia in Didoni e sottolineano che la sua preparazione è stata nuovamente degna di questo nome. «Si - ammette Michele - da Atlanta, dove finii 33°, in poi sono stati momenti brutti. Quei momenti passati in tante gare, quando gli altri ti staccano e tu non sei in grado di reagire, perché stai già dando tutto quello che hai dentro. Ho cercato di ricostruirmi, da solo. E spero di esserci riuscito. Come dice il mio compagno di fatica Perricelli, la marcia è musica: puoi partire con un blues e finire con un brano da jazz duro. Oppure con il Requiem cu Mozart. Ma questo mondo mi piace, anche se ci sono state le ombre del doping che in inverno hanno toccato Gandellini e la Alfridi, entrambi poi riabilitati. E voglio cercare di dare ancora un mio contributo». Oggi non sarà per Didoni, e per gli altri due azzimi De Benedictis e Gandellini, una gara facile. Ci sono i russi Shennikov e Markov, il lituano Fadejevs, lo spagnolo Fernandez: l'Europa nella marcia è ai vertici. Dunque sarà gara vera: auguriamoci che chi valuta Didoni da podio non si sbagli. Giorgio Barberi» Appena ventunenne, il lombardo Michele Didoni vinse nel '95 a Goteborg il titolo mondiale dei 20 km di marcia Dopo due stagioni anonime ora sembra pronto a riemergere: oggi punta all'oro europeo