Savonarola, se questo è un moderno

Savonarola, se questo è un moderno discussione. Un volume rivisita la sua figura. Ma è possibile difenderlo dall'accusa di integralismo? Savonarola, se questo è un moderno Umanista teocentrico, voleva fare di Firenze una «nuova Jerusalem» RA le tante pubblicazioni di questo anno savonaroliano, il Savonarola rivisitato (1498-1998), a cura di Massimiliano Rosito (Firenze, Città di Vita), offre al lettore materiali poco conosciuti e interessanti sulla predicazione e sulla vita di Savonarola e invita a riflettere sulla vecchia questione se sia giusto parlare di un Savonarola fautore di uno Stato teocratico (come ha fatto su questo giornale Anacleto Verrecchia il 30 marzo) o se invece si debba considerare il frate ferrarese come un martire che ha testimoniato che la persona umana è il più alto bene, più alto «anche dello Stato, della società ecclesiastica e della curia romana». In merito al teocratismo di Savonarola, il volume offre due diverse risposte. Claudio Leonardi nella sua premessa scrive che chi legga le lettere, i trattati e le prediche del frate giustiziato non può non convincersi '.li due fatti: 1) la fede cristiana integerrima di lui; 2) la sua concezione politica priva di teocratismo o di integralismo. Più incerta invece la conclusione di Fornaretto Vieri («Un profeta per il nuovo millennio»), che spiega il progetto di Savonarola come uno sforzo per ricondurre «con sdegno dantesco la religione a fine del governo della res publica e a porre il Vangelo alla base di ogni "buon governo"», (p. 222). «Umanesimo teocentrico», precisa Vieri, ma pur sempre teocentrico. Se per teocentrismo si intende il governo di Dio che «incarica i sacerdoti di amministrare a nome di lutti gli affari più importanti», come recita la definizione originaria formulata dallo storico ebreo Flavio Giuseppe, Savonarola non fu certo sostenitore della teocrazia. Ma se per teocrazia si intende, come è del tutto lecito fare, quella forma di costituzione politica che non conosce o rifiuta la distinzione fra il divino e l'umano, per cui «ogni legge è considerata emanazione della volontà divina, ogni infrazione alla legge è peccato e ogni peccato è perseguibile a termini di legge», allora Savonarola fu un convinto propugnatore del governo teocratico. Se teocrate può parere termine troppo forte in un tempo come il nostro in cui i fautori della teocrazia si macchiano di crimini mostruosi, parliamo pure di «umanesimo teocentrico» o di integralismo, ma la sostanza è che per Savonarola la guida del governo politico è la legge divina rivelata nel Vangelo. La prova più evidente del teocratismo di Savonarola è proprio nel più «laico» di tutti i suoi scritti, quel Trattato circa el Reggimento e Governo della Città di Firenze, che per i sostenitori della tesi di un Savonarola non teocratico contiene una concezione dello Stato fondato sulla ragione e sulle abitudini storicamente consolidate del popolo fiorentino. E' verissimo che nel Trattato Savonarola spiega che il «governo civile» è conforme alla ragione e alle consuetudini di Firenze; ma con altrettanta chiarezza sottolinea che il fine del buon governo è il ben vivere cristiano, «perché tutti li governi delli uomini cristiani debbono essere ordinati finalmente alla beatitudine a noi da Cristo promessa: e perché a quella non si va, se non per el mezzo del ben vivere cristiano, del quale (come abbiamo provato in altri luoghi) niuno può esser migliore, debbono li Cristiani istituire tutti li loro governi, e particulari e universali, per tale modo, che questo ben vivere cristiano consèguiti da quelli principalmente e sopra ogni altra cosa» (II.3). Perché il nuovo governo popolare di Firenze possa raggiungere la perfezione, chiarisce Savonarola (II.2), è necessario che tutti, o la maggior parte dei cittadini che partecipano ad esso, abbiano «timore di Dio», per l'ovvia ragione che «se li cittadini temessino Dio e si sottomettessino alli suoi comandamenti, senza dubio li guidaria alla perfezione di questo governo». Per contro, chi rifiuterà di seguire il bene comune e cercherà invece di soddisfare le proprie passioni particolari, sarà punito non solo dalle leggi, ma an¬ che da Dio, «in questo mondo e nell'altro» (III.2). Che la legge umana debba essere modellata sulla legge divina Savonarola lo dice del resto in maniera esplicita nelle sue prediche: «E gli è necessario, adunque, Firenze, se tu voi governarti che )a legge evangelica sia la tua regola e la tua misura in ogni cosa». Firenze, nella mente di Savonarola, non doveva diventare solo una città libera dalla tiran¬ nide e governata secondo giustizia, ma una città «santa e pacifica», anzi una «nuova Jerusalem», come sottolineava il sindaco Giorgio La Pura aprendo il 23 maggio 1952 le solenni celebrazioni per l'anniversario della nascita del Frate. Delle due interpretazioni che il Savonarola rivisitato propone, quella che sottolinea il carattere non teocratico del pensiero politico di Savonarola mi sembra poco fede¬ le ai testi del martire, mentre quella che ne esalta l'opera proprio perché fu teocratico e dimostrò che «non si può costruire né la civitas né ì'humanitas a prescindere da Dio», mi sembra inquietante. Inquietante ma da discutere con tutta serietà, anche perché l'idea che i governi liberi hanno bisogno più degli altri del sostegno del timore di Dio è stata sostenuta da autori lontanissimi da Savonarola. Basta aprire i Discorsi di Machiavelli, dove si legge: «E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio di quello è cagione della rovina di esse». 0 leggere le pagine della Democrazia in America dove Tocqueville spiega perché il Paese in cui la religione cristiana «ha oggi un maggior potere è anche il più civile e il più libero». Come spesso avviene, le idee più interessanti di un autore del passato sono proprio quelle più inattuali che ci invitano a riflettere su problemi che credevamo risolti per sempre. Maurizio Viroli Trattato circa el Reggimento e Governo della Città di Firenze, che per i sostenitori della tesi di un Savonarola non teocratico contiene una concezione dello Stato fondato sulla ragione e sulle abitudini storicamente consolidate del popolo fiorentino. E' verissimo che nel Trattato Savonarola spiega che il «governo civile» è conforme alla ragione e alle consuetudini di Firenze; ma con altrettanta chiarezza sottolinea che il fine del vivere cristiano consèguiti da quelli principalmente e sopra ogni altra cosa» (II.3). Perché il nuovo governo popolare di Firenze possa raggiungere la perfezione, chiarisce Savonarola (II.2), è necessario che tutti, o la maggior parte dei cittadini che partecipano ad esso, abbiano «timore di Dio», per l'ovvia ragione che «se li cittadini temessino Dio e si sottomettessino alli suoi comandamenti, senza dubio li guidaria alla perfezione di questo governo». Per contro, chi rifiuterà di seguire il bene comune e cercherà invece di soddisfare le proprie passioni particolari, sarà punito non solo dalle leggi, ma an¬ aprire i Discorsi di Machiavelli, dove si legge: «E come la osservanza del culto divino è cagione della grandezza delle repubbliche, così il dispregio di quello è cagione della rovina di esse». 0 leggere le pagine della Democrazia in America dove Tocqueville spiega perché il Paese in cui la religione cristiana «ha oggi un maggior potere è anche il più civile e il più libero». Come spesso avviene, le idee più interessanti di un autore del passato sono proprio quelle più inattuali che ci invitano a riflettere su problemi che credevamo risolti per sempre. Maurizio Viroli