L'autunno fa paura, l' Italia segna il passo

L'autunno fa paura, l' Italia segna il passo Lavoro, sviluppo, immigrazione. Dibattito a Courmayeur tra Deaglio, De Rita e Lidia Pomodoro L'autunno fa paura, l' Italia segna il passo Dopo l'Euro, è mancato lo sprint COURMAYEUR DAL NOSTRO INVIATO Di ritomo da spiagge incandescenti e da monti con ghiacciai ridimensionati dal caldo record, gli italiani troveranno un autunno nero. Il clima non c'entra, lo scenario è economico e sociale. Tasso di sviluppo all'ultimo posto tra i Paesi europei, produzioni inadatte e tensioni pei- la forte immigrazione clandestina. Il quadro sconfortante viene da Courmayeur ed è firmato Mario Deaglio, economista, e direttore del Centro Einaudi di Torino, Giuseppe De Rita, sociologo, e presidente del Censis di Roma, e Lidia Pomodoro, presidente di tribunale dei minori e del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale di Milano. Invitati dalla Fondazione Courmayeur. De Rita vede in fondo al tunnel quattro «luci», cioè quattro possibilità: «Le città dove lo sviluppo è nato, le medie imprese, il Mezzogiorno e le strutture pubbliche». Deaglio, che giudica «pessimismo cosmico» quello del presidente Censis, vede soltanto «una candela», quella della borsa «che è la prima ad essersi mossa e che potrebbe orientare con i soldi gli altri settori nella giusta direzione». Lidia Pomodoro crede nella «capacità italiana di essere protagonisti, ci siamo abbandonati alle decisioni altrui, riprendiamo ciò che è nostro». E' accaduto, secondo i tre ospi- ti di Courmayeur, che l'anno scorso l'Italia si è fatta cullare dali'«illusione», nell'attesa dell'Euro e del sicuro approdo europeo. Proprio questo traguardo secondo De Rita ha fermato gli italiani. «Il nostro è un Paese stanco, ha corso per 40 anni. A maggio c'è stato l'afflosciamento economico. Perché è caduto l'"animal's spirit", la grinta individuale, la voglia di vincere. Siamo troppo appagati. Per quale obiettivo correre? Così l'euforia quasi americana, quella che là crea sviluppo, si è trasformata in appagamento». La crisi del 1992 fu peggiore. «La situazione - aggiunge De Rita - era drammatica, 35 per cento di svalutazione, 90 mila miliardi di manovra finanziaria. Il governo guidato da Giuliano Amato prese decisioni severe, drastiche e la gente reagì con la voglia di giocare il proprio ruolo, di diventare ricchi, o di rimanere tali. Ora siamo disanimati. E l'appagamento è alimentato dal sistema oligarchico italiano, cinque o sei poteri al massimo, che cancella il gusto di far da sé. Il nostro "animal's spirit" diventa il rancore, i leghisti contro i meridionali, i berlusconiani contro i magistrati». Il professor Deaglio si dice meno «pessimista», ma la sua «ricetta» si riduce a una possibilità per uscire dalla crisi che l'autunno ci prepara. «Che la borsa ci aiuti», dice in una battuta. «Aiuti le imprese a impiegare bene il denaro. Il nostro Paese è come un vecchio campione che non vince più, un'auto che gira a tre cilindri. Non produciamo prodotti giusti, facciamo maglie, scarpe, auto. Tutto bene, ma siamo usciti dalla grande chimica, abbiamo una produzione ridotta nell'elettronica. Perdiamo poi "competitività indiretta", è cioè chi ci guarda ha l'impressione che tutto accada più e peggio di prima, treni che daragliano, incendi boschivi, frane che bloccano autostrade. E ha ragione perché coloro che sapevano intervenire con efficacia e in fretta sono andati in pensione per non perdere gli incentivi». A livello internazionale, continua Deaglio, si attende la «frana asiatica». L'Europa «è più protetta, ma in Italia ci sono difficoltà maggiori. Come fare a produrre occupazione al Sud, quando le misure proposte sono inadatte? Con le 35 ore ci vorrebbe assistenza, ma i soldi non ci sono. Noi abbiamo le energie, bisogna orientarle. Per questo spero nella borsa. In autunno faranno il loro ingresso nuove aziende». E poi c'è il disagio sociale, aumentato dagli arrivi clandestini. Lidia Pomodoro si domanda: «Come saranno le nostre città? Molti pensano che gli immigrati le invaderanno. Il fenomeno così prospettato genera xenofobia. In realtà dobbiamo pensare che gli immigrati siano una forza in più per il Paese. E' difficile far passare la nostra opinione che il multiculturalismo sia positivo. Bisogna attuare bene l'ultima legge sull'immigrazione. Occorre riflettere sull'articolo 16 non applicato al meglio che impone di mettere a punto il sistema di accoglienza». E conclude: «Soltanto considerando l'immigrato una risorsa si potrà evitare la deriva della criminalità di sopravvivenza in cui sono finiti molti clandestini, loro malgrado prede delle organizzazioni criminali». Enrico Martine! L'economista Mario Deaglio con Giuseppe De Rita presidente del Censis