« Non ci ha mai chiesto una lira »

« Non ci ha mai chiesto una lira » « Non ci ha mai chiesto una lira » Devoto: viveva la lotta come una missione IL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI CAGLIARI ON dico che è una balla, dico che personalmente non ci credo. Meglio: a me non risulta». E allora, solo fantasia quella dell'ex procuratore Franco MeUs? Davvero nessun imprenditore ha finanziato le inchieste parallele di Lombardini? Ci pensa un attimo Riccardo Devoto, presidente degli industriali della Provincia di Nuoro (300 iscritti), poi va deciso: «Lombardini le sue indagini le pagava di tasca, sino all'ultimo centesimo, ne sono certo». Perché? «Perché viveva per il suo lavoro, come se fosse posseduto da una fobia, come se la lotta contro i sequestri fosse una missione. Viveva in caserma, lo stimavo e lo stimerò sempre. Lo conoscevo bene». Bene quanto? «La mia è una famiglia "plurisequestrata". Il primo seno stato io. Mi hanno preso nel '75, mi sono liberato 7 ore dopo. Poi, passato un anno e mezzo, è stato il turno di mio fratello Francesco. Spararo- no, ferirono un suo amico. Noi riuscimmo a farlo liberare senza pagare ima lira, mio padre disse: prima l'ostaggio, poi i soldi. Consegnammo il riscatto 48 ore dopo, sulla parola. Non è mai più successo». Ma Lombardini che c'entra? «Fu lui a risolvere il caso: trovò il basista, un personaggio al di sopra di ogni sospetto». Poi toccò a suo zio, vero? «Sì, Luigi. Aveva 70 anni quando lo presero, era l'85. Lombardini era già fuori gioco. Giorni dopo, alle 2 di notte arrivò a casa di mio padre Gerolamo un vecchio maresciallo dei carabinieri: "Venga con me", disse. Viaggiarono a lungo; in una zona impervia, sotto un albero, appena illuminato da una torcia mio padre vide la sagoma di un uomo: era Lombardini. "Vede I come devo lavorare", disse con un sorriso amaro». E vi aiutò? «Si mise a nostra disposizione. Quando hai un familiare ostaggio dei banditi ti aggrappi a tutto». Quando venne eletto presidente degli industriali, lo cercò? «Sì, e trovai un uomo solo. Dottore, gli dissi scherzando, raccontano che ha l'arteriosclerosi. Mi guardi, rispose, le sembro un rimbecillito? Fu un incontro importante». Chiese soldi per le sue indagini? «Macché, parlammo di sequestri. E basta». Secondo lei ha senso che gli imprenditori paghino? «No, io sostengo che questa piaga, questa maledetta piaga si deve curare hi tre modi. Primo: chi viene condannato per sequestri deve stare in carcere, non può uscire dopo qualche amio. Secondo: vanno sequestrati i patrimoni sospetti. Terzo: lo Stato deve investire, non può tagliare i fondi per la costituzione dei latitanti. Noi indu¬ striali non possiamo pagare altri prezzi». Che prezzi pagate? «Altissimi. Chi viene a investire in questa terra dove i banditi potrebbero portarlo via da un giorno all'altro? Gli ultimi cinque presidenti che mi hanno preceduto hanno avuto almeno un familiare rapito». Però la gente non collabora... «Oggi i poliziotti hanno il computer, nessuno va più in campagna, diventa amico del pastore che sa tutto e riesce a strappargli una confidenza. La gente delle montagne non parla con chiunque, perché l'indomani si troverebbe una pallottola in fronte». Dunque, più Stato? «Lo Stato qui arriva e va via. Quando Scalfaro era ministro dell'Interno venne di mattina, la sera andò via lasciandoci un carico di promesse. La situazione non s'è mossa d'un millimetro. Siamo soli, come Lornbardini negli ultimi anni». Mauro Spignesi «Nella mia famiglia abbiamo avuto tre sequestri: Lombardini ci ha sempre aiutati con abnegazione» «Quando venni eletto dall'Unione ci incontrammo: si parlò di sequestri ma senza far cenno ad alcun fondo» Silvia Melis, tornata in libertà l'I I novembre 1997

Persone citate: Dottore, Lombardini, Mauro Spignesi, Scalfaro, Silvia Melis

Luoghi citati: Cagliari, Nuoro