Anche sequoie negli arboreti dell'abbazia

Anche sequoie negli arboreti dell'abbazia VALLOMBROSA Anche sequoie negli arboreti dell'abbazia E' Vimica riserva biogenetica «storica» esistente in Italia UN silenzio profondo interrotto soltanto dai fruscii del vento, dai sussurri dell'acqua, dai cinguettìi di tantissimi uccelli in una distesa sterminata di verde: questo è quanto offre al visitatore Vallombrosa con i celebri arboreti, gli unici aventi carattere storico esistenti in Italia. La storia della foresta di Vallombrosa è strettamente congiunta a quella dell'ordine monastico dei benedettini Vallombrosani, ordine fondato nell'XI secolo. Per i frati la foresta non è stata soltanto fonte di introiti, ma ha rappresentato anche un ambiente di studio, di sperimentazione, di didattica. Arboreti e abbazia che vi sorge accanto sono mi importante punto di riferimento nella cultura forestale. Gli arboreti possiedono collezioni tali di piante in grado di soddisfare funzioni scientifiche, di conservazione dei patrimoni genetici, di didattica, di ricerca, non disgiunte da aspetti ornamentali e paesaggistici. Attualmente gli arboreti sono gestiti dall'Istituto sperimentale per la selvicoltura di Arezzo (viale Regina Margherita 80), un ente appartenente al ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, con la collaborazione dell'Istituto di Botanica agraria e forestale dell'Università di Firenze. Fra le diverse formazioni forestali che costituiscono quella che si potrebbe definire una «Riserva biogenetica» le abetine ricoprono la maggiore superficie (oltre 600 ettari). L'abete bianco è certamente molto suggestivo con le sue scure fustaie che ispirano un profondo senso di raccoglimento (abete deriva dal verbo latino abire che sta a significare tendere verso l'alto, verso una perfezione, verso il cielo), inoltre possiede un valore economico per la richiesta di legname, forse più importante nel passato, rispetto ad oggi, infatti era usato per fare antenne delle navi, travi delle chiese e delle case essendo in grado di fonùre pezzi unici. L'abete bianco è ì'Abies alba, specie tipicamente europea, presente o in boschi puri cioè come unica essenza oppure consociato generalmente con l'abete rosso (di solito sulle Alpi) e al faggio. Da giovane presenta una corteccia liscia e argentata che diventa più spessa e si screpola nelle piante adulte (fattore che aiuta a comprendere J'età). La chioma sempreverde inizialmente piramidale tende a formare il cosiddetto «nido di cicogna» quando la pianta raggiunge la maturità. Una caratteristica di queste abetine è l'impossibilità di rinnovarsi per disseminazione nel bosco puro. I semi germmano, ma dopo un breve periodo i semenzali soccombono. Questo fatto sembra dovuto alla scarsità di luce secondo alcuni, mentre secondo altri a fenomeni di concorrenza tra gli apparati radicali o ad allelopatie (tutti abbiamo notato che al di sotto e in vicinanza del noce ad esempio non si sviluppa nessuna pianta). I monaci che già nell'antichità avevano scoperto questi fenomeni mettevano a dimora ogni anno duemila piantine per ettaro per lo più prelevate nel bosco e talvolta fatte venire dalle foresterie limitrofe. Solo a partire dall'Ottocento si è inco- minciato ad allevare in vivaio l'abete bianco destinato ai rimboschimenti. A Vallombrosa si scoprono piante o imponenti per età e dimensioni, o insolite come la Torreya nucifera che ha il frutto grande come un'oliva e gli aghi profumatissimi o il Calocedrus che «ginocchiandosi» forma nuove piante o la Chamaecyparis obtusa innestata che possiede un aspetto nano, o ancora le chi¬ mere del carpino, o betulle di specie diverse da quell'unica che solitamente si conosce, o ancora Ì'Abies pinsapo, di cui in Spagna sono state distrutte intere foreste per fare le sedie per le signore che dovevano assistere alle corride, o il Pinus lambertiana chiamato anche sugar pine che oltre ad avere aghi particolari possiede i coni più lunghi (oltre SO cm) di qualsiasi altra conifera, pen- duli, portati da un peduncolo di una quindicina di centimetri formati da scaglie di consistenza quasi cuoiosa, originario dell'Oregon e della California, oltre a tante sequoie. Ogni visitatore, accompagnato dalle brave guide (la visita si prenota all'istituto di Arezzo), scoprirà tanti monumenti vegetali, con peculiarità tali da renderli mdimenticabili. Tuttavia - afferma Paolo Grassoni, studioso di Botanica forestale - gli arboreti necessitano di interventi urgenti non solo per il «restauro» del complesso, ma anche per l'attuazione di una gestione sempre più mirata alle esigenze legate alla conservazione della biodiversità. Occorrerebbe un potenziamento di questa tipologia museale creando una rete di arboreti a livello nazionale con finalità sperimentali e conservazionistiche. Elena Aerati La celebre foresta fu accudita fin dall'XI secolo dai frati benedettini Macrosporofillo Microsporofilio Seme Alato A sinistra particolari di rami e pigne di abete bianco (Abies alba) Dal volume: «Alberi e arbusti d'Italia» ediz. Edagricole Bologna

Persone citate: Abies, Paolo Grassoni

Luoghi citati: Arezzo, Bologna, California, Italia, Oregon, Spagna, Vallombrosa