«Una vasca da bagno in ghisa smaltata...»

«Una vasca da bagno in ghisa smaltata...» MACCHINE «Una vasca da bagno in ghisa smaltata...» TRA le cartoline che ho trovato sul tavolo della Bibliothèque de l'Institut e che illustrano il Musée di Louis Pasteur, ve ne è una che rappresenta una vasca da bagno, in ghisa smaltata di un bianco ora un po' ingiallito, appoggiata sopra quattro piedi pure in ghisa. Sulla parete fanno bella mostra di sé le tubazioni, che dall'alto, costeggiando lo spigolo della "salle de bain", arrivano al gruppo erogatore dell'acqua calda e fredda, con i rubinetti in ottone e le manopole in porcellana. Siamo aDa fine del XIX secolo e la casa è ormai diventata una "macchina da abitare", volendo continuare a tradurre malamente dal francese, in analogia a quanto si fa con le altre macchine "da scrivere" o "da cucire". La vasca da bagno è una macchina per la salute. Le pagine dei cataloghi dei primi Grandi magazzini e delle Compagnie di vendita per corrispondenza incominciano a fare la conoscenza anche con i "boiler" e gli "chauffe-bain", ma la tradizionale pentola sul fornello rimane la norma. In casa nostra, quando ero bambino, il bagno c'era e i vicini venivano a visitarlo e lo guardavano con ammirazione. Qualche amico più intimo, chiedeva ogni tanto il piacere di venire a fare il bagno da I noi... Mio padre, ingegnere, I aveva fatto costruire, su dise¬ gno proprio, una specie di batisfera che, piena dì carbonella ardente, veniva calata nella vasca per scaldare l'acqua. Nella nostra casa del Poveromo, rifatta di sana pianta dopo la guerra, abbiamo rimesso a posto anche il bagno. Non ho detto che il bagno funzioni. Le pareti intorno sono rivestite quasi a statura d'uomo con magnifiche lastre di marmo catarrino. La vasca stessa è di un bello smalto bianco latteo, ma i rubinetti che buttano acqua non ci sono; ci sono due bocchette di tubi appena affioranti e chiuse con viti a dado, simili agli atrofizzati capezzoli sul petto dell'uomo. E altrettanto asciatti». Sono parole che possiamo leggere sulle pagine del Corriere della sera alla data del 6 ottobre 1949. Chi le scrive è un certo Andrea de Chirico, che ha appena compiuto i 58 anni. Suo padre Evaristo lo ha fatto nascere ad Atene, dove è impegnato a seguire i lavori di un'impresa di costruzioni ferroviarie. Suo fratello Giorgio sarà pittore. Andrea, passato alla storia con il nome di Alberto Savinio, nella Milano del dopoguerra non può che concludere: «Entro nel bagno infunzionante. La bagnarola è bianca e vuota. L'occhio nero delio scarico mi guarda». Vittorio Marchis Politecnico di Torino

Persone citate: Alberto Savinio, Andrea De Chirico, Louis Pasteur, Poveromo, Vittorio Marchis

Luoghi citati: Atene, Torino