La vita su Ganimede?

La vita su Ganimede? SATELLITE DI GIOVE La vita su Ganimede? Le nuove immagini della sonda Galileo QUESTE nuove foto della Galileo non sono la dimostrazione dell'esistenza di forme di vita su Ganimede, ma sono un chiaro indizio che la vita ci potrebbe essere stata in passato». Questo il lapidario commento di James Head (capo dei geologi della Nasa presso la Brown University) alle sensazionali nuove immagini di Ganimede riprese nei mesi scorsi dalla sonda Galileo e divulgate dalla Nasa alla metà di luglio. Ganimede è il maggiore satellite non solo di Giove ma anche di tutto il Sistema Solare (il suo diametro di 5268 km supera quello di Mercurio). Orbita attorno a Giove in 7,15 giorni ad una distanza di ben 1,07 milioni di km. Anche per questo la sua densità è estremamente bassa ( 1,94 gr/cm3) e compatibile con una massa composta di acqua per almeno il 40%. Nei primi Anni 80 le sonde Voyager mostrarono una superficie ghiacciata e freddissima nettamente divisa in due tipi di terreni: ampie regioni circolari scure ed antiche (in quanto altamente craterizzate), separate da bande di fessure parallele (solchi) chiare e molto più giovani (in quanto povere di crateri da impatto). La bassa risoluzione dei Voyager si rivelò però incapace di ricostruire la complessa storia geologica del satellite. Adesso invece J. Head, non ha avuto difficoltà a dichiarare: «Le recenti immagini ad alta risoluzione di Ganimede ci hanno fatto ricredere sul passato del satellite: c'era acqua liquida, c'era calore e un costante apporto di materiale organico per opera di comete ed asteroidi...». La presenza di sostanze organiche sulla superficie di Ganimede gode del pesante supporto sia spettroscopico che fotografico della sonda Galileo. In particolare T. B. Cord (Università delle Hawaii) ha riscontrato, in alcuni spettri infrarossi dalla Galileo, due bande tipiche (3,4 e 4,57 micron) delle miscele di composti organici che si ritrovano sulla scura superficie dei nuclei cometari. Da qui l'idea che la superficie di Ganimede ha continuato ad arricchirsi di materiali organici apportati dalla caduta di comete (o particolari asteroidi). Un'ipotesi che le recenti immagini inviate dalla Galileo sembrano confermare in maniera davvero spettacolare». Valga per tutte una serie di bellissime riprese della cosiddetta Enki Catena. Qui la Galileo ci mostra una successione di 13 crateri perfettamente allineati ed in parte sovrapposti: è chiara la convinzione che simile bizzarra struttura sia stata prodotta da una cometa che (a somiglianza della famosa SL9 del 1994) venne disintegrata da Giove poco prima di dirigersi contro Ganimede. Attualmente sono moltissimi su Ganimede i crateri di possibile origine cometaria (tra questi almeno una decina di Catenae); altrettanto abbondante, quindi, va ritenuta la quantità di materiale organico depositatosi sulla superficie. Una superficie su cui la Galileo ha riscontrato anche prove inconfutabili di attività geologica. Questa attività doveva essere molto intensa in passato grazie alla presenza, all'interno di Ganimede, di una consistente quantità di calore. Inizialmente dovette trattarsi di calore primordiale che produsse una forte differenziazione compositiva, con la formazione di un nucleo metallico più interno e di un accumulo verso l'esterno della quasi totalità della componente ac¬ quosa. Più di preciso, in base alle deviazioni che la Galileo ha subito durante i vari passaggi ravvicinati nei pressi di Ganimede, J. Anderson (J.P.L.) ha potuto dimostrare che esiste veramente un nucleo metallico di circa mille km di diametro ed un guscio esterno di circa 800 km di acqua ghiacciata. La clamorosa scoperta di G. Gurnett (uno scienziato della Iowa Uni¬ versity responsabile del magnetometro a bordo della Galileo) dell'esistenza di un campo magnetico bipolare inclinato di 10° rispetto all'asse di rotazione, è una conferma indiretta della presenza di un nucleo metallico, ma è anche un indizio che il nucleo stesso debba aver conservato anche attualmente una consistente quantità di calore. Calore che, di certo, non può essere di tipo primordiale (ad impedirlo è la massa comunque esigua a livello planetario). Da qui la necessità di indagare su eventuali altri episodi di riscaldamento. Su questo punto ha a lungo lavorato R. Malhotra (Lunar and Planetary Institute) cercando di simulare l'andamento nel passato delle mutue interazioni mareali di Ganimede con gli altri satelliti maggiori. Con un risultato soqDrendente: che circa 3 miliardi di anni fa l'orbita di Ganimede divenne talmente ellittica da innescare una intensa in¬ terazione mareale con Giove, quindi un intenso riscaldamento. Questo episodio fondamentale nella storia del satellite produsse, sulla crosta ghiacciata superficiale, un'imponente attività geologica, con fuoruscita, al di sopra del terreno antico più scuro e craterizzato, di immense colate di ghiaccio chiaro (solchi). Anzi, una statistica accurata della distribuzione dei crateri su questi terreni giovani sembra indicare come, nel tempo, si debbano essere succeduti almeno una altra decina di episodi minori di riscaldamento mareale. Se questo giustifica l'attuale esistenza, all'interno di Ganimede, di un nucleo magnetico caldo, porta con sé anche un'altra importante conseguenza: quella della presenza passata di grandi estensioni di acqua liquida e calda, accumulata da imponenti eruzioni vulcaniche. A questo riguardo le immagini divulgate dalla Nasa alla metà di luglio hanno tolto ogni dubbio: all'interno del cosiddetto Sippar Sulcus la Galileo ha infatti rintracciato una serie di ini ossature degl'i : bocche vulcaniche) dalle quali sembra che in passato siano emerse enormi colate di materiale fluido. L'emozione tra i pianetologi di tutto il mondo è davvero grande: c'è infatti ormai la prova documentata che in passato Ganimede era un pianeta caldo e ricco di acqua liquida. Un ambiente, quindi, estremamente accogliente per la grande quantità di materiale organico continuamente veicolato dalle comete. Condizioni simili a quelle che esistevano in passato su Ganimede sembrano caratterizzare attualmente Europa, un altro dei grandi satelliti di Giove: non a caso, la Nasa ha deciso di prolungare di due anni la missione Galileo proprio per lo studio intensivo dei misteri di Europa. Cesare Guaita La superfìcie del pianeta, più grande di Mercurio, con una densità bassissima, è completamente ghiacciata k|tii(la, calore, e un costante apporto eli materiale organiio alle comete A destra un'immagine di Giove, ripresa da una distanza di circa 20 milioni di chilometri In primo piano si possono vedere i due satelliti più piccoli, lo ed Europa, già osservati da Galileo nel XVII secolo A sinistra Uruk Sulkus. uno dei terreni «giovani» di Ganimede. Un allineamento di 13 crateri (Enki Catena) nell'emisfero Sud del pianeta, prodotto da una cometa, e sotto, segni vulcanici e colate di materiale fluido

Luoghi citati: Europa, Hawaii, Iowa