ERMENEUTICA TI RINNEGO di Franca D'agostini

ERMENEUTICA TI RINNEGO ERMENEUTICA TI RINNEGO La svolta di Ferraris L'ERMENEUTICA Maurizio Ferraris Laterza pp. 132 L. 14.000 BAGLIEREBBE profondamente chi pensasse di trovare nell'agile libretto dal titolo L'ermeneutica di Maurizio Ferraris un sunto o una prosecuzione della celebre Storia dell'eimeneutica che lo stesso autore diede alle stampe qualche anno fa, e che a tutt'oggi costituisce il più ampio e documentato strumento di incontro con la filosofia dell'interpretazione. Certo, non mancano informazioni positive sull'argomento, una nutrita bibliografia e un utile apparato di schede sui classici. Ma il grosso del lavoro (e la parte più interessante del testo) è il documento di una svolta, uno di quei voltafaccia non infrequenti in filosofia, che autorizzano a distinguere «prime» e «seconde» fasi nello sviluppo di un pensatore, e a parlare, poniamo, di un primo e un secondo Heidegger, di «Wittgenstein 1» e «Wittgenstein 2». Qui dunque Ferraris 2 si contrappone a Ferraris 1, e lo fa con tutta la forza dello stile di scrittura e la vastità delle conoscenze che hanno fatto a fortuna di Ferraris 1, giustamente considerato una «epromessa mantet dll filfi itli Ci nuta» della filosofia italiana. Ci troviamo di fronte a un pamphlet anti-ermeneutico, ma l'oggetto di denigrazione è soprattutto il tipo di ermeneutica teorizzata e studiata dall'autore (d'altra parte, anche Wittgenstein 2 se la prendeva con un tipo di referenzialismo che era soprattutto rintracciabile nelle pagine di Wittgenstein 1). Le critiche più rilevanti che Ferraris muove all'ermeneutica possono essere così sunteggiate. 1) E' assolutamente improponibile la pretesa dell'Ermeneutica di costituirsi come ontologia, in quantoché l'assunto-base della filosofia dell'interpretazione è «non esistono fatti, solo interpretazioni», e l'ontologia - cioè la scienza dell'essere - «vera e propria» è per l'appunto indagine sui fatti, sulle cose che «ci sono». 2) La critica heideggerianoermeneutica alla verità come «adaequatio», cioè corrispondenza tra cose e discorsi è insensata e/o opportunistica, la verità come «apertura» o come «incontro» con l'opera d'arte teorizzata da Heidegger, da Gadamer e da altri in realtà già presuppone il tacito e preliminare installarsi, nel pensiero, della verità come conformità di res & intellectus. 3) L'ipotesi di una eventuale generalizzabilità o universalità del fenomeno interpretativo, puntocardine del trasfigurarsi dell'ermeneutica da pratica dell'interpretazione testuale a «filosofia», è assolutamente insensata, perché in questo modo tutto è interpretazione e nulla lo è. Le tre obiezioni non sono nuove: tesi analoghe sono state sostenute, tra gli altri e rispettivamente da 1) Enrico Berti; 2) Paul Ricoeur3) Jurgen Habermas. Ma del tutto nuove sono la radicalità e la chiarezza con le quali Ferraris ne sviluppa le implicazioni, in particolare la prima e la più decisiva è quella da cui possono essere fatte discendere le altre. L'ipotesi di base da cui siamo partiti, ossia il contrapporsi di Ferraris a se stessoqui è di particolare aiuto: tutto idiscorso poggia infatti su un unico presupposto, ovvero sul mancato riconoscimento del significato d«ontologia» che è in gioco nell'ermeneutica. Infatti, l'asserto nietzschiano raion esistono fatti, solo interpretazioni» è l'affermazione di un ontologismo sbrigativo, tipico dello stile di Nietzsche, ma non rende affatto giustizia alla ermeneutica novecentesca. Il primato ermeneutico dell'interpretazione è unaMaurizio FerraNon si pil mondodell'interpma nonvia il bcon l'acq uò ridurre nei confini retazione: buttiamo ambino ua sporca tesi «ontologica» non perché ci dica quali tipi di cose esistono, ma poiché è difeso come un punto di vista utile quando appunto si tratti di comprendere e valutare «cose», e tra le cose siano inclusi: monumenti, testi, documenti, nonché dati empirici variamente articolati, e anche stati d'animo espressi in parole, funzioni e relazioni, e modi di pensare e schemi concettuali... Ontologia ermeneutica significa che i nomi e le forme per dire questa eterogenea vastità sono in molti sensi costitutivi, ossia decidono il nostro modo di comprenderla e starci dentro. Tutto ciò non elimina affatto la verità come adaequatio (infaticabilmente Heidegger ripete che il suo pimto di vista non è eliminativo: non si tratta di togliere di mezzo la verità come conformità ma se mai di riconoscere la sua appartenenza alla storia dell'essere); il tipo di «universalizzazione» presupposta è la generalità di un punto di vista, che pervade tutto ma propriamente non «è» tutto. Non si comprende come riscontri di questo tipo debbano avere che fare necessariamente con l'immaterialismo di Berkeley, la «scomparsa» del móndo, e lo sbocco della filosofia nell'irrilevanza del culturalismo e del relativismo. Si può dire che esiste un Rischio di questo genere, e infatti, un idealismo ingenuo e pan-culturalista ha dominato la visione dell'ermeneutica da parte di pensatori come Rorty (e, aggiungiamo, Ferraris 1 ). Sto naturalmente sostenendo che l'autore - per usare una vecchia fonnula adorniana - «getta via il bambino con l'acqua del bagno», ma non si fraintenda: l'esigenza di avvio, ossia ridurre il rischio di culturalismo e di immaterialismo opportunistico implicato in molte posizioni para-ermeneutiche, è del tutto condivisibile. Già Vattimo, uno dei principali teorici e sostenitori della filosofia dell'interpretazione, lamentava nel 1994 (Oltre l'interpretazione) la genericità e l'irrilevanza estetica a cui era giunto in quegli anni il dibattito ermeneutico. Qui Ferraris esprime un analogo disagio, ma con accenti che sfiorano la stizza di Amleto (su cui si veda la citazione rivelativa di p. 51 ); il malumore del piincipe di Danimarca, che lamenta il «disonore dell'epoca» e gli «insulti» subiti dal «merito paziente», è il suo stesso malumore. Franca D'Agostini Non si può ridurre il mondo nei confini dell'interpretazione: ma non buttiamo via il bambino con l'acqua sporca Maurizio Ferraris L'ERMENEUTICA Maurizio Ferraris Laterza pp. 132 L. 14.000

Luoghi citati: Berkeley, Danimarca