LA MIA ASIA di Tiziano Terzani
LA MIA ASIA LA MIA ASIA L'Estremo Oriente di Tiziano Terzani composto nella luce riflessa della memoria OLLOCHEREI agevolmente questa «summa» asiatica di Tiziano Terzani in uno scomparto riservato alla letteratura di viaggio degli ultimi decenni, molto più che in un'antologia di eventi storicopolitici, spesso di portata planetaria, vissuti e trasmessi da un pur autorevole resocontista. Del resto è lo stesso Terzani a suggerire la corsia preferenziale, a distanziarsi dall'enorme esperienza di cui dispone, rimontandola nella luce riflessa della memoria e sottraendola, per quanto possibile, al mare fittizio dell'oggettività. Così che un libro felicemente composito (autobiografia, documento, puntigliosa ricerca delle fonti, epistolario, curiosità «illuministica», franchigia immaginativa) diventa a un tempo racconto di formazione e vademecum per chiunque voglia addentrarsi nei mille risvolti dell'estremo mondo orientale. Perché quel continente? Si chiede in apertura l'autore. Perché, risponde, vole pvo scoprire una terra ancora «lontana»; volevo inseguire uomini, storie e idee di cui possedevo nozioni mediate; «volevo vedere il maoismo con i miei occhi». Di conseguenza incomincia a studiare il cinese e s'improvvisa corrispondente di guerra giacché «quel che succedeva in Vietnam mi pareva riguardasse anche me». Ed ecco la sequenza delle «postazioni»: Singapore, Hong Kong, Cina, di nuovo Hong Kong, Giappone, Thailandia e poi l'India, patria elettiva, dove Terzani si stabilisce nel 1994 con la moglie Angela e due figli. E proprio ad Angela sono indirizzate le giovanili impressioni di Tokyo datate gennaio 1965; una civiltà ormai svuotata e appiattita che tuttavia attrae il sognante occidentale per ciò che costui non riesce a decifrare. Ad esempio l'ideogramma che conferisce a ogni oggetto un'aria misteriosa: misteriosa almeno fino a quando non rivela il suo nocciolo comunicativo; e potrà essere la sigla di osila: puntigliosa io, curiosità formazione una società telefonica o la forma traslata della Coca-Cola. Sempre ad Angela, da Saigon, le parole si tingono di angoscia. «La faccia affondata nella fossa che si riempie d'acqua, sotto una pioggia scrosciante», il corrispondente di guerra contempla il primo soldato ucciso lì a un passo, «riversato sull'argine di un campo, le braccia aperte, le mani magrissime piene di fango». Una diretta visione della morte che lo paralizza, e che d'improvviso, per oscuri raccordi dell'essere umano, si traduce in livido scenario statistico («Gli altri morti, dopo, li ho semplicemente contari, come cose di cui bisogna, per mestiere, registrare la quantità»). E da Pechino, nel giugno 1988, ci giungono i gelidi fotogrammi della repressione. «Le notti sono inquiete. Ci si addormenta con le immagini del terrore quotidiano mandate in onda dal telegiornale. Ci si sveglia col gracchiare metallico degli altoparlanti, rimessi in funzione, dopo anni di silenzio. Tre settimane fa, i carri armati hanno schiacciato i corpi dei "controrivoluzionari". Ora sono i cingoli della propaganda a schiacciare la mente dei sopravvissuti» . E' il capitolo intitolato «La grande bugia» e chiama in causa i versi consolatori di Lu Xun risalenti al 1926, allorché il governo dell'epoca aveva negato l'esecuzione di un analogo massacro di studenti: «Le menzogne scritte con l'inchiostro non potranno mai cancellare i fatti scritti col sangue». Eppure, nell'estesa gamma dei conflitti, delle aberrazioni ideologiche, dello scardinamento di costumi e culture che Terzani filtra e analizza per oltre quattrocento pagine, il lettore trova frequenti e confortevoli piazzole di sosta: ora gli arguti «cappelli» che introducono Paesi, personaggi e tematiche; ora le microstorie di vita giornaliera dentro e fuori le metropoli; ora gli intermezzi spiccatamente narrativi (si veda l'incontro con un riverito gangster di Osaka o la sarcastica rappresentazione della montagna sacra del Giappone, il leggendario Fuji ridotto a un cumulo di ceneri). E restiamo per un bel tratto contagiati dall'entusiasmo «roussoiano» e dal successivo disincanto del viaggiatore mentre attraversa un angolo sconosciuto del Nepal: il Mustang, un lembo di 3573 chilometri quadrati, retto da un monarca sessantenne che dispensa saggezza, giustizia e doni arcaici ai suoi 4500 sudditi, nella cornice di un piccolo paradiso perduto, là dove «le montagne sembrano piegarsi, creare delle cupole, delle torri, distendersi in pareti piatte e levigate o ergersi come le canne di un impressionante organo da ciclopi...». Rari gli stranieri che hanno raggiunto il Mustang nel corso dei secoli: un paio di cappuccini italiani, qualche avventuriero e qualche studioso come il nostro Giuseppe Tucci. Ma tutto è mutato a partire dal 1992, col frastuono degli elicotteri, con l'arrivo dei turisti muniti di cellulari, videoregistratori, scarpe da ginnastica, berretti da baseball.,. Non poteva non accadere. Gli dèi locali, umiliati e offesi, hanno abbandonato nottetempo le loro dimore e Terzani sembra stia lì, appostato sulle antiche mura, a testimoniare un'altra resa senza condizioni. Giuseppe Cassieri Un 'opera felicemente composila: autobiografici documento, puntigliosa ricerca delle fonti epistolario, curiosità «illumitiistica>>,fiwicliigia immaginativa, racconto di formazione ilÈiÉll IN ASIA Tiziano Terzani Longanesi pp. 434 L. 30.000
Persone citate: Asia Tiziano Terzani, Fuji, Giuseppe Cassieri, Giuseppe Tucci, Longanesi, Terzani, Tiziano Terzani
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