MA CHE FEUILLETON E' IL RISORGIMENTO di Diego NovelliGiovanni Tesio

MA CHE FEUILLETON E' IL RISORGIMENTO MA CHE FEUILLETON E' IL RISORGIMENTO AMOR I voleva il coraggio di Diego NO¬ DI PATRIA / i velli per ridar fiato al sepolto. Diego Novelli Am 1 Forse l'amore della provocazio- Daniela Piazza Km ne giocosa. Forse il piacere della pp. 304 citazione di genere, forse il gusto L. 28.000 | , di un recupero che stuzzicando la memoria strizzi l'occhio all'attualità postmoderna. Forse un colpo di sponda alla goriziana dell'identità nazionale. Fatto sta che l'ultima fatica narrativa dell'ex sindaco di Torino s'intitola Amor di patria e non fa misteri perché a scanso di equivoci dichiara fin dalla copertina targata Daniela Piazza Editore la propria intenzione con l'inchiostro più nero: «Romanzo d'appendice». Curiosa l'occasione. Curiosissimi i dintorni. Nell'Introduzione Novelli racconta infatti che la prima idea gli venne nell'84 nel pieno della bagarre scatenata dallo della bagarre scatenata dallo «scandalo di Torino», giusto per «sgomberare la mente da ciò che mi stava crollando addosso e che tanto mi angosciava». Niente di meglio, allora, che collaborare con i sedativi e gli ansiolitici mettendo mano a qualche carta studiosa dell'Archivio storico della città. Niente di più stuzzicante che riprendere una vecchia idea intorno ai tragici fatti del 1864 legati alla Convenzione di settembre e all'inopinato trasporto della capitale a Firenze. Niente di più fatale che dare voce alle coincidenze facendo rientrare dalla finestra le dietrologie appena cacciate dalla porta. E' stato così che dai faldoni delle carte compulsate è venuta a poco a poco a prender corpo l'ombra di una storia che parte da un letto di morte per ritornarvi solo dopo una sorta di grande digressione. Due donne - madre e figlia - al capezzale di un uomo amato da entrambe che viene da una vita vissuta con molto rigore e qualche sbandamento. L'ultimo erede maschio di un'ex famiglia di carrettieri diventati conti, a sua volta ex se¬ minarista, ex militare, poi scrittore e giornalista di prestigio, ripassa a strappi di coscienza gli atti della sua vita intrecciata ai fatti di un Risorgimento quasi intero, dalla fatai Novara alle pistolettate di piazza San Carlo. Ma più che ai retroscena di un'esistenza chiusa in un destino (amori, segreti, trasgressioni) finiscono per contare i retroscena della storia, e soprattutto il sospetto di aver costruito una nazione mostruosa fondandola «sulle ambiguità, sugli imbrogli, sul malaffare, sul cinismo, sulla criminalità». E' su questo piano, per così dire civico e civile, che può scattare in un lettore non più giovanissimo una gustosa associazione di idee, legittimata del resto dalle chiare lettere dell'Introduzione («La mia grande passione per i feuilletons»). Ciò che Novelli non dice è se mai che la «grande passione» è appartenuta a tutto un bel segmento di comunisti torinesi educati prima alla lezion pratica di Gramsci all'«Ordine Nuovo» e poi, molto dopo, a quella teorica di Letteratura e vita nazionale. Da Andrea Viglongo a Mario Montagnana, pur nella diversità di una militanza non facile, il romanzo en feuilletons è sempre stato adottato come uno strumento di educazione politica. E' stato Italo Calvino a raccontare sulle colonne dell'«Unità» come Montagnana gli chiedesse di continuo, lui redattore allora del quotidiano comunista e frequentatore accanito dei bouquinistes di via Po: «Trovami un romanzo d'appendice». E l'avventura delle puntate iniziò di fatto il 18 settembre del 1948 con Via della libertà di Howard Fast, un romanzo molto serio pubblicato da Einaudi quello stesso anno. Ma fu subito dopo un bel fuoco di fila di romanzoni popolari appetitosi e collaudati, come II ponte dei sospiri di «Michele Zevaco», La portatrice di pane di «Saverio di Montepin», I Borgia ancora di Zevaco, Il conte di Montecristo di Dumas, e persino di un romanzo in piemontese ambientato nel Piemonte settecentesco di Carlo Emanuele III e del ministro Bogino: Don ripeta. l'Asilé di Luigi Pietracqua, tradotto e rinnovato in italiano con il titolo II figlio della Vedova addirittura da Augusto Monti, il maestro di Mila e di Pavese. Ancora Calvino, parlando di Montagnana in cert'altre sue pagine autobiografiche intitolate La generazione degli anni difficili, ne ricordava la fedeltà «molto torinese» al vecchio quartiere operaio di Borgo San Paolo. Può passare per inessenziale il fatto che sia lo stesso «vecchio quartiere operaio» in cui Novelli è nato? Giovanni Tesio AMOR DI PATRIA Diego NovellDaniela Piazzapp. 304 L. 28.000

Luoghi citati: Borgo San Paolo, Firenze, Montagnana, Novara, Piemonte, Torino