CONRAD, OVVERO I CRUCCHI NON SONO TUTTI OTTUSI

CONRAD, OVVERO I CRUCCHI NON SONO TUTTI OTTUSI CONRAD, OVVERO I CRUCCHI NON SONO TUTTI OTTUSI Il generale di Francesco Giuseppe che voleva invadere Vltalia j E non ci ammazza i crucchi / se non // \ j ci ammazza i bricchi»: radicati su /•I ^ persistenti nodi della memoria col- \ 1 lettiva - nonché da dolorose e tra- scorse esperienze di invasioni, di\ Hflipfcjtò struzioni, guerre ingaggiate con po- VEEEk C^ie s'affacci3110 SU1 varchi set~'"*^jfflBt tentrionali e nord-orientali del no- I stro Paese "11011 sono Pocni 1 luoghi |\ g| comuni sedimentati sui «crucchi», i \ W II termine pare provenga dal serbo- \. J croato kruh, pane, e che sia entrato iin uso inizialmente a Trieste, ai tempi dell'imperatore Cecco Beppe, per definire chi in città e sul litorale dalmata non parlava italiano. Poi - con l'evolversi delle contrapposizioni nazionalistiche - si è connotato ulteriormente, in senso spregiativo, ed è stato attribuito a tedeschi ed a austriaci, soprattutto quando calcando il palcoscenico della storia hanno dato vita a copioiù dove la durezza spietata e acefala si è intrecciata ad un ottuso senso dell'ordine e della disciplina collettiva. Uno dei «ciucchi» che fanno rabbrividire le alte sfere italiane all'inizio di questo secolo è il generale Franz Conrad von Hòtzendorf che a partire dal 1906 s'insedia al comando delle forze annate austriache. In realtà il generale Conrad, del quale Guido Morselli dà, in punta di pernia, uno splendido ritratto in quel pic le Guido Morselli dà, in punta di perncolo capolavoro della narrativa ucronica che è «Contropassato prossimo», è ben lontano dagli stereotipi del crucco ottuso e volgare così diffusi nella nostra Italietta. Un ufficiale italiano, attento osseivatore di cose mitteleuropee, scrive del generale austriaco cose estremamente lusinghiere che difficilmente potrebbero essere attribuite a generali italiani (almeno di quei tempi): «Conrad godeva in modo straordinario la fiducia, l'ammirazione e l'affetto dei suoi dipendenti. Le sue considerazioni erano sempre molto interessanti ed istruttive e tutti si persuadevano come le fatiche cui dovevano sottostare erano necessarie... Non era né cavilloso né pedante e mai l'ho udito pronunciare una parola aspra, violenta o offensiva verso i suoi interiori. Biasimava raramente e quasi sempre indirettamente, passava sotto silenzio ciò che non approvava mentre era contento quando poteva manifestare il suo compiacimento. Nelle relazioni personali era uomo amabilissimo, piacevolissimo e di molta modestia. Qualcuno disse di lui: "Se Conrad in un'esercitazione non trova nulla da poter lodare, loda almeno il bel tempo..."». Questa buona pasta d'uomo ha due sole marne-, innocue in qualsiasi altro, ma piuttosto pericolose se s'annidano nella testa del capo di stato maggiore dell'imperialregio Klaus Maesercito di Francesco Giuseppe. Le due manie consistono nella convinzione che solo facendo due guerre preventive - contro l'Italia e contro la Serbia - si potrà salvare l'impero asburgico dalla dissoluzione. Così, nonostante il permanere di quella alleanza che formalmente lega Italia e Austria e Germania, tra gli stati maggiori di Vienna e di Roma corrono brividi di tensione e burrasche s'accendono con ciclica regolarità. Soprattutto perché Conrad - con esercitazioni militari estive, condotte su scala sempre più vasta e su scacchieri sempre più minacciosamente vicini ai confini italiani cerca più volte di trasformare queste «guerre finte» in «conflitti veri». Il 4 settembre 1907, nel bel mezzo di manovre d'armata condotte in Carinzia, Conrad propone al vecchio imperatore giunto al quartiere generale delle esercitazioni, di trasformare quella recita che sta impegnando buona parte delle forze austriache in un repentino e reale blitz militare contro l'Italia. L'imperatore però dice di no, un no che viene ribadito più avanti quando Conrad - davanti all'emergenza scaturita dal terremoto di Messina e che ha convogliato buona parte dell'esercito italiano a meridione propone una bella passeggiata militare sin nel cuore della Pianura Padana. Naturale che davanti a queste nuvole nere che stazionano permanentemente sui comandi di Vienna i capoccia dei servizi segreti militari cerchino di saperne di più su quanto si prepara ai confini nordorientali. Non erano quelli tempi di satelli- ti spia o di agenti segreti alla James Bond. Lo spionaggio è, almeno per l'Italietta d'inizio secolo, una faccenda condotta spesso in modo dilettantesco. Tanto è vero che a dare un'occhiata a quel che accade oltre confine parte, alla chetichella, lo stesso capo del servizio segreto, il colonnello Silvio Negri che - scrive nelle memorie un suo sottoposto, il maggiore De Rossi - «aveva la mania di andare sovente egli stesso in ricognizione, non pensando che la sua posizione lo rendeva noto in Austria come l'erba betonica». Ed infatti - riconosciuto in quel di Lubiana dalla gendarmeria austriaca il Negri viene segretamente fermato. Il caso è di quelli che - se esplodono - possono coprire di ridicolo tutte le forze armate italiane. A districarlo con totale discrezione ci pensa il maggiore De Rossi vero professionista dell'intelhgence che, unendo spregiudicatezza a fortuna, può venire a capo della situazione in pochi giorni. Il caso vuole, infatti, che alcune antenne informative abbiano segnalato a De Rossi come il colonnello Redi, capo dell'Evidenzbureau di Vienna (vale a dire il comandante degli 007 austriaci) soggiorni spesso a Venezia con un suo amante, un bellissimo ussaro. Avuta notizia del fermo del colonnello Negri De Rossi si precipita, con mi ufficiale dei carabinieri, a Venezia: Redi è già tornato a Vienna ma nell'albergo del Cavalletto soggiorna ancora il suo giovane amico. ((Attendemmo pazientemente scrive De Rossi - che scendesse a colazione, e quando fu installato, tutto lindo, | ingioiellato, impomata¬ to, con un'ombra di cipria sul viso da bambola, ci avvicinammo, e ci sedemmo al suo tavolino. «Date al cameriere le ordinazioni il carabiniere trasse di tasca un modello di telegramma sul quale era scritto in italiano: "Al colonnello Redi, Vienna. Espellete dalla frontiera di Cormons personaggio arrestato a Lubiana dalla polizia militare stop. Quella italiana mi terrà in ostaggio sino alla sua liberazione". Lo porse al nostro commensale con un bel sorriso e gli disse "vogliate tradurre e ci- frare per il vostro amico, è urgente"». Il ricatto funziona. Redi, la cui vicenda sino al tragico suicidio è stata narrata in uno splendido film di Zsabó, dispone la liberazione di Negri. De Rossi - protetto dal pergolato di una trattoria friuliana - assiste di lì a qualche giorno al discreto rientro in patria del capo degli 007 italiani. Per un istante il rustico posto di frontiera di Cormons assomiglia al Checkpoint Charlie di Berlino, dove qualche decennio dopo, durante la Guerra Fredda, si celebreranno i lividi riti dello scambio delle spie. Ma per arrivare da Cormons al Checkpoint Charlie ci vogliono due guerre mondiali. E qualche milione di morti. Oreste del Buono Giorgio Boatti Sognò di trasformare (1907) le manovre in Corinzia in una passeggiata «padana», ma l'Imperatore disse no Testi citati: G. Morselli Contropassato prossimo Adelphi R Segre Vienna e Belgrado 1876-1914 Milano I93S. E. De Rossi La vita di un ufficiale italiano sino alla guerra Milano 1927. Il colonnello Redi film diretto da Istvan Szabó, 1985, con Klaus Maria Brandauer | Klaus Maria Brandauer nel film «Il colonnello Redi», diretto da Istvan Szabó, 1985