Tutti poeti sulla nave dei giochi di Bruno GambarottaBruno Gambarotta

Tutti poeti sulla nave dei giochi Quiz, concorsi e una telenovela di bordo che ricorda «Titanic Tutti poeti sulla nave dei giochi Diario di una crociera «scroccata» ai Caraibi NrEL mese di agosto del 1988, 10 anni or sono, ho fatto la prima - e finora ultima crociera della mia vita. Prima di allora, se si eccettua qualche gita in Valle d'Aosta, non ero mai stato all'estero e non ero mai salito su una nave, a parte un paio di traghetti per la Sardegna, così angosciosi e soffocanti che appena sceso a terra avevo baciato la banchina del porto. Non c'erano crociere nei miei progetti vacanzieri di quell'estate, ma passeggiate attorno al lago di Malciaussia, in vai di Viù, quando l'amico Mario Brusa, impegnato per tutta l'estate in un programma radiofonico, mi propose di sostituirlo sulla Eugenio C. della Costa Crociere. Si trattava di ideare e di condurre un quiz e di scrivere il copione di una telenovela di bordo che sarebbe stata interpretata dai passeggeri. In cambio avrei fatto gratis la grande crociera d'agosto, 32 giorni di navigazione fra Caraibi, Messico, Stati Uniti e un sacco di altri bei posti. Figuriamoci se non accettavo, io che mi vendo per una cena. Santo Versace (l'attore, non il fratello del sarto), quando seppe che mi imbarcavo, mi disse: «Ricordati che portarsi la moglie in crociera è come portare una ghiacciaia al Polo Nord». Verissimo purché si fosse soci del club che ha come motto: «Basta che respirino!». Su quella splendida nave, che disponeva di ben tre teatri, era una festa continua. Ogni giorno Veniva stampato un programma fittissimo di proposte che veniva nottetempo infilato sotto l'uscio delle cabine. C'era di tutto, dai corsi di bridge, di ballo, di ginnastica, ai tornei, ai concerti, ai giochi, alle sfilate di moda. Esiste un esemplare di crocerista che non vuole perdersi niente, per avere la certezza di aver speso bene i propri soldi. li vedevi dall'alba a notte fonda, con il loro programma in mano sul quale cancellavano con un pennarello i doveri assolti. Consultavano di continuo l'orologio e nel mezzo di un concerto di musica classica si alzavano e si avviavano con un passo precipitoso verso il successivo «divertimento». Il mio quiz aveva luogo dalle 16 alle 17 di ogni giorno, tranne quando la nave era attraccata in porto, e raccolse per tutto il viaggio una quarantina di fedeli giocatori che si disputavano con accanimento, loro che avevano speso dai 10 ai 30 milioni per salire sulla nave, il premio che consisteva in un posacenere di latta celeste con la scritta Costa Crociere. Quando facevi notare l'incongruenza, ti rispondevano che non era per l'oggetto in sé, quanto per una questione di principio. Il quiz consisteva in una quarantina di domande di cultura generale, che variavano ogni giorno, ciascuna corredata da quattro risposte, una giusta e tre sbagliate: di queste ultime una era plausibile, le altre due demenziali. Come si offendevano quando scoprivano di aver attribuito il verso «Chiare, fresche e dolci acque» al «famoso poeta Gian Giacomo Ferrarelle»! Citavo il verso di tre poesie di Eugenio Montale e un quarto apocrifo, inventato da me: «Strideva la vampa a Lerici» e chiedevo ai concorrenti di indicare l'intruso. Un anziano crocerista, che aveva dato per buono il verso sbagliato, si arrabbiò fino alla soglia del colpo apoplettico e gridava: «Io ho fatto per 30 anni il preside a Mondovì e non posso sbagharmi!». Il mio quiz iniziò dopo tre giorni di navigazione, quando la nave lasciò il porto di Agadir per la traversata atlantica. Quando i croceristi scoprivano che non eri uno di loro ma appartenevi allo staff, cioè che viaggiavi a sbafo con il compito di divertirli, il loro modo di guardarti cambiava, entravi nel loro campo visivo per quel tanto che gli servivi, poi tornavi a essere invisibile. Con distratta condiscendenza ti facevano stare un gradino più basso di quello do¬ ve si trovavano loro, anche quando ti offrivano amicizia. I croceristi erano oltre 700, ma lo stafferà composto da 120 persone, compresi orchestrali, cantanti, attori, indossatrici, animatori, istruttori, croupier, dj. I tre teatri, sempre in funzione, variavano programma ogni sera. Un giorno il programma annunciava: «Questa sera grande gala dei pirati» e tutti, meno me, arrivavano travestiti da pirati, benda sull'occhio compresa. «Dove li avete presi quei costumi?», chiedevo. «Ce li siamo portati da casa, in una crociera non manca mai la festa dei pirati». Bastava saperlo. C'erano gli artisti che salivano sulla nave solo per qualche giorno, il tempo di esibirsi un paio di volte, come Patty Pravo o Andrea Giordana. Quest'ultimo debuttò con una raffinata lettura di versi di poeti contemporanei, facendosi accompagnare da un chitarrista classico. Ad ascoltarlo eravamo in quattro gatti e tutti dello staff. «Sta a vedere - mi disse Andrea - come ti riempio il teatro». Organizzò seduta stante im concorso poetico fra i croceristi; lui avrebbe letto le poesie più belle, scelte da una giuria nella quale, bontà sua, mise anche me. Fummo inondati di Uriche scarabocchiate sui tovaglioli di carta, un'apostrofe rosea fra il limoncello e il ruttino. In compenso una signora ci fece avere due volumi di 500 pagine l'uno, stampati a sue spese, chiedendoci di scegliere noi le migliori, per lei erano tutte belle. In giuria non poteva mancare il capitano della nave, l'unico a prendere la cosa sul serio. Ci fece fare l'alba discutendo le composizioni una per una. A proposito di una lirica vergata su un foglio che recava evidenti macclùe di gelato disse che emanava «un profumo leopardiano». Lette da Andrea Giordana con la sua voce seducente, lo smoking bianco, mentre il chitarrista Centenaro distillava le note del concerto di Aranjuez, quelle improvvisate composizioni sembravano persino belle. L'autore veniva man mano fatto sedere su una poltrona e Uluminato da uno spot. Fu un trionfo, pari soltanto alla serata in cui i croceristi si esibirono in uno spettacolo composto di scenette scritte e interpretate da loro, senza l'aiuto di professionisti dello spettacolo. Da queU'esperienza ho imparato a non stupirmi per il successo di certi programmi televisivi. Quanto alla telenovela di bordo, fu emanato un bando per reclutare gli aspiranti attori e sottoporli a provino. Il direttore della crociera ci chiese di segnare accanto a ogni nome il tipo e il numero della cabina occupata dai candidati. Quando controllò il risultato della nostra selezione, esclamò: «Non penserete mica di affidare ruoli da comparsa a gente che ha pagato 30 milioni». Così fu rifatta la distribuzione e i ruoli da protagonisti furono assegnati a chi occupava cabine ponte, le più care, e man mano a scendere, fino a quelli che occupavano le cabine poste sul fondo della nave e che al massimo potevano avere il diritto di passare sullo sfondo dell'inquadratura. All'inizio avevo immaginato la storia di un amore contrastato fra una passeggera che viaggiava in prima classe e un ragazzo che per amor suo si era imbarcato clandestinamente (adesso che ci penso: quel copione non sarà per caso finito sulla scrivania del produttore di «Titanio»?). Poi la trama si ingarbugliò al punto che né io né il regista ci capivamo più mente. Era successo che gli attori convocati per le riprese alle nove del mattino non si presentavano sul set perché avevano ballato tutta la notte in discoteca e le scene cambiavano in funzione di quei mattinieri che riuscivamo a reclutare sul momento. In ogni caso era garantito il divertimento dei croceristi che si sganasciavano dalle risate alla proiezione dei provini e dei giornalieri. Quanto si mangiava su quella nave! Prima colazione, a metà mattina pizza e brodo caldo, pranzo, tè coi pasticcini, cena di gala e infine spuntino di mezzanotte che non era per niente spuntino. Da scoppiare! Conosco già l'obiezione, qualcuno in famiglia me la fece quando tornai più obeso di quando ero partito; non potevi saltare qualche pasto? No, che non potevo! Primo, come componente dello staff dovevo dare il buon esempio; secondo, gli armatori Costa, dei quali ero ospite, si sarebbero offesi se avessi declinato. Dalle nostre parti, quando un invitato è restio a servirsi dal piatto di portata, lo incoraggiamo dicendogli: «Mangia, mangia, tanto ce n'è per i maiali!». Con l'aggravante che ti davano porzioni tali che a casa nostra con mia di quelle porzioni ci mangiavamo in cinque per una settimana; e io appartengo alla generazione che era bambina al tempo di guerra per la quale è un delitto avanzare qualcosa nel piatto; traducendo liberamente, «Che crepa panza purché niente avanza!». In quel viaggio ho scoperto che il vero crocerista scende malvolentieri dalla nave e se lo fa non si allontana troppo. Il secondo giorno di sosta a Miami una signora mi confessò: «E' inutile scendere a terra, la Florida l'abbiamo già visitata ieri». Non me la sono sentita di rivelarle che la Florida è più estosa della Gran Bretagna. Invece i componenti dello staff si fanno un punto d'onore di allontanarsi il più possibile noleggiando taxi che perdono i pezzi e di tornare a bordo all'ultimo minuto. Avevo il dovere di andare con loro ma avrei tanto voluto fare il crocerista; a ogni sbarco me la facevo sotto quando si avvicinava l'ora dell'imbarco. I più bei ricordi che ho di quel viaggio sono le visioni della Eugenio C. bianca, materna, accogliente, che era ancora nel porto quando il taxi cigolante che ci trasportava in sei svoltava l'ultima curva. Bruno Gambarotta Una signora: «Inutile scendere a terra la Florida l'abbiamo già visitata ieri» Quiz, concorsi e una telenovela di bordo c Cresce la popolarità delle crociere Party Pravo e Andrea Giordana due delle star che animarono la crociera a cui partecipò Bruno Gambarotta

Persone citate: Andrea Giordana, Centenaro, Eugenio Montale, Gian Giacomo, Mario Brusa, Patty Pravo, Santo Versace