Bossi: pronti al dialogo con Cossiga

Bossi: pronti al dialogo con Cossiga LE STRATEGIE BELSENATUR Bossi: pronti al dialogo con Cossiga «E bisogna mandare a casa Napolitano» ALASSIO (Savona) DAL NOSTRO INVIATO L'alleanza fra Umberto Bossi e Francesco Cossiga, per ora si misura anche sulle parole. «Vediamo se è ancora un picconatore...», va cauto il leader del Carroccio. «Siamo pronti a rottamare i Poli che oramai sono uguali», risponde Diego Masi, qui sulla riviera ligure in veste di ambasciatore dell'ex presidente della Repubblica, ancora in vacanza in Spagna. «So che si sono sentiti», sta sul vago Masi. Per non bruciare tutte le carte subito, per far sì che la marcia di avvicinamento proceda a piccoli passi, senza scossoni. Soprattutto per la Lega che torna alla politica in cerca di alleanze. A ottobre ci sarà il congresso straordinario del Carroccio per verificare la nuova linea, Umberto Bossi è già oltre. «Non so se i nostri voti saranno decisivi per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica», è il suo esordio. Ma si vede che non gli dispiacerebbe scompaginare i giochi e tornare a fare l'ago della bilancia. Con una certezza in tasca. «Scalfaro deve andare a casa, ha lavorato per sostenere la partitocrazia e la giudicocrazia», taglia corto. «Meglio di lui ha fatto sicuramente Francesco Cossiga, quando picconava partiti e giudici ai tempi della battaglia con il Csm», fa i conti adesso. E sembra di capire che sia anche su questo terreno, il ritorno di Cossiga al Quirinale nel '99, che si misura il rapporto futuro tra Lega e Udr. «Vediamo, per adesso siamo qui solo a fargli sentire l'odore», va sul velluto Bossi. «Pensiamo al federalismo fiscale e alla flessibilità del lavoro», non si sbilancia Diego Masi. «Questo è solo l'inizio di un dialogo per mandare a casa i due Poh che non sono più rappresentativi», rilancia il parlamentare dell'udr. Che ha già in mente le tappe della strategia di avvicinamento: regionali del 2000 e politiche del 2001. Più il Quirinale, l'anno prossimo. «Noi non siamo cambiati, non ci siamo venduti», adesso urla nel microfono Umberto Eossi, davanti ai quasi mille con i sandali da mare che affollano l'anfiteatro dietro la via Aurelia. «Abbiamo usato il Berlusconi come cavallo di Troia, contro chi voleva farci affondare», spiega. Ed è come se mettesse le mani avanti verso future alleanze, che dopo aver fatto storcere il naso a qualche dirigente del movimento, rischiano di non essere dige- rite nemmeno dalla base. Che rispondendo al referendum della Padania chiede a gran voce di andare avanti da soli. «Senza mischiarci con quelli di Roma», scrivono in molti. Ed è a loro, alle camicie verdi di tutte le taglie, alle donne che portano il foulard con il sole celtico come se fosse un pareo, che ora parla Umberto Bossi. Quello di sempre, il guastatore capace di toccare corde sensibili. E di portare l'attacco al cuore del ministero dell'Interno. «I padani non vogliono extracomunitari. Napolitano deve andare a casa, lo vuole il popolo», tuona tra gli applausi. «Napolitano scatti agli ordini, faccia le valigie e se ne vada da quelli della camorra», insiste. Promettendo che a settembre, alla riapertura delle camere, la Lega seppellirà il governo di richieste per cacciare il primo mquilino del Viminale. «C'è gente che ha portato questo Paese al Sud America», attacca. E se la prende, in ordine: con il generale Delfino, con il giudice Lombardini e con Di Pietro. «Ci sono generali dei carabinieri e magistrati che rubano soldi ai cittadini», lancia la sua accusa. «E ci sono cittadini che hanno votato uno che si è fatto dare in prestito i soldi e l'automobile», rincara la dose. Ma è l'ultimo riferimento al- l'attualità della politica, in questi giorni di Ferragosto mescolata alla cronaca nera. Di più non vuole dire, ora che le Camere sono chiuse. Né si vuole sbilanciare, ora che è aperta quella trattativa con gli uomini di Cossiga. Una trattativa difficile da far digerire, ma Bossi è capace di indorare qualsiasi pillola: «Non siamo qui per tenere i piedi in due scarpe, ma se c'è qualcuno che vuol dare una mano...». Meglio, molto meglio allora attaccare i nemici di sempre. Da Berlusconi «il mafioso, e chissà da dove vengono i suoi soldi?». A Massimo D'Alema, che disse no alla proposta di Costituente che gli fece Bossi, scegliendo la Bicamerale naufragata in pochi mesi. «Siamo noi, la forza di cambiamento», rivendica. E dopo aver abbandonato quella secessione che sembrava dietro l'angolo, rilancia la sua idea di blocco padano. Il nuovo sogno dei leghisti, il nuovo orizzonte della gente del Nord che, secondo Bossi, «è stata condannata a non avere democrazia». E' l'ultima utopia, secondo quelli che lo davano già per spacciato, incapace di risollevarsi. «Ci saranno le cooperative, le squadre di calcio, il sindacato e adesso pure Telepadania...», fa l'elenco il leader del Carroccio. E ancora una volta, chiama tutti sul Po il 13 settembre. E ancora una volta, sono tutti in piedi ad appludirlo. Fabio Potetti 66 Anche Scalfaro deve andarsene Ha lavorato per sostenere partitocrazia e giudicocrazia Meglio di lui ha fatto di sicuro il picconatore contro partiti e giudici 6 6 Noi non siamo cambiati non ci siamo venduti Non siamo qui per tenere ipiedi in due scarpe ma se c'è qualcuno che vuol dare una mano... pip Il leader della Lega Nord Umberto Bossi con Diego Masi e a destra il fondatore dell'Udr, Francesco Cossiga

Luoghi citati: Roma, Savona, Spagna, Sud America