La maledizione della barca di Filippo Ceccarelli

La maledizione della barca IL PALAZZO La maledizione della barca INCHE ca va, lasciala andare. Ma quando non va più, di solito, è troppo tardi. Per cui sarà difficile, ad esempio, questa estate, trovare qualche giornalista disposto ad entusiasmarsi per le vele maestose del «Barbarossa», o per la perizia marinara del suo proprietario e nocchiero, Cesare Previti, coordinatore berlusconiano in disgrazia. Ancora si salva, in fondo, il D'Alema skipper, su cui pure da un bel po' di tempo sono puntati troppi sguardi: troppo malevoli (due anni fa s'illuminarono per un supposto insabbiamento), ma anche troppo disponibili, tra consigli tecnici e meticolosi resoconti di regate, alla più invereconda piaggeria. L'Ikarus III resta comunque per lui una vetrina rischiosetta, come dimostrano certe interrogazioni parlamentari della Lega e un paio di indagini della stampa .ostile sui soci e compagni di bordo del leader ds. In gita provvisoria sul suo sfarzoso panfilo, nel frattempo, Silvio Berlusconi s'è già offerto come innocente vittima di obiettivi fotografici che l'hanno ritratto a tradimento con una inequivocabile pancetta da commendatore. Nulla di paragonabile, ovviamente, al catastrofico strip-tease di Pierferdinando Casini, la cui florida nudità seguita ancora a giocargli a sfavore (almeno nel suo elettorato). O al capitombolo di Occhetto, altro gran timoniere della sinistra, inciampato sul sartiame del ponte e ripreso impietosamente anni fa da qualche corsaro della Kodac. 0 all'improvvida gita di Prodi, neopresidente, su un natante che ospitava un direttore di tiggì. La pancetta berlusconiana a bordo si può pertanto classificare nel novero delle disavventure minime. E tuttavia l'ennesimo agguato rappresenta se non altro la conferma che anche al Cavaliere, come a un numero sproporzionato di altri politici, barche e crociere non portano fortuna. Anzi. rinfrescare la memoria, 'altra parte, basterebbe pom I d'alt: l'album dei ricordi dell'Ariosto, con quelle istantanee di illustre e ignaro equipaggio (Berlusconi e moglie, Previti e moglie, Leccisi, Dotti) sorridente in magliette a strisce bianche e rosse, alla marinaretta. Oppure - e si sale di livello - le testimonianze sull'ex ministro Vitalone, che proprio su una barca, secondo la procura di Palermo, avrebbe avuto modo di contattare gli esattori Salvo. Per non dire del povero Roberto Calvi che ancora in vita, tra una disavventura giudiziaria e l'altra, fu ospitato in una piccola crociera in Sardegna. Però con gente poco raccomandabile, tanto che agli atti della Commissione P2 c'è una testimonianza che racconta come un giorno, «per scherzo», con una corda, sul ponte, ci fu chi fece il gesto di strangolare quel banchiere che lì a qualche mese morì effettivamente strangolato. Dal che, con qualche irragionevole fantasia, si può anche dedurre come sul binomio «barche & potere» finisca per gravare una profetica maledizione. Una specie di sortilegio che dal caso Leone (indegnamente spiato dal Sid prima che fosse eletto presidente) alla tragica morte di Tony Bisaglia, vuole che in alto mare i potenti siano non solo fuori posto, ma anche più fragili e più indifesi. E i loro nemici più agevolati nel mettere a segno i loro disegni. Com'è ovvio è nel pericolo che si vedono i veri navigatori. Ma questo non toglie che il pericolo, per i leader, venga spesso dal mare. Come dimostrano, se ci si pensa bene, anche quelle miserevoli imbarcazioni strapiene di disperati che cercano «rifugio» sulle spiagge italiane Filippo Ceccarelli elli |

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