«Sì, per Silvia è stato pagalo un riscatto» di Francesco Grignetti

«Sì, per Silvia è stato pagalo un riscatto» Giallo Lombardini: il ministro dell'Interno riscrive il finale sul sequestro della giovane «Sì, per Silvia è stato pagalo un riscatto» Napolitano-, ma non è stato autorizzato da giudici ROMA. «Il pagamento del riscatto c'è stato, ma non dietro autorizzazione della magistratura». E' Giorgio Napolitano, ministro dell'Interno, che parla. Nel giorno di Ferragosto, incontrando i giornalisti, il discorso inevitabilmente punta sul caso Melis, sul suicidio del giudice Lombardini, sulle polemiche che sono seguite. E Napolitano sorprende tutti. E' davvero clamoroso, infatti, venire a conoscere dalla bocca del ministro dell'Interno la verità su un riscatto ufficialmente inesistente. Il papà di Silvia, l'ingegnere Tito Melis, sostiene che la figlia s'è liberata da sola e senza pagamento alcuno. La procura distrettuale antimafia di Cagliari, competente sui sequestri, ha sempre confermato: non è stato pagato riscatto. La procura di Palermo, che indaga sul comportamento di Lombardini (più l'editore Nichi Grauso e l'avvocato Antonio Piras), è sulla medesima linea: all'ingegner Melis è stato sottratto un miliardo, ma si tratta di estorsione e non di riscatto. Dai saloni del Viminale, invece, arriva tutt'altra ricostruzione: «La vicenda Melis ha sicuramente molti lati oscuri che però spetta all'autorità giudiziaria approfondire. Nel caso Soffiantini, è intervenuto da parte della famiglia il pagamento di un riscatto, dietro autorizzazione della procura della Repubblica. La legge, di cui ogni tanto si torna a parlare, è una legge che prevede questa possibilità. E cioè che, nonostante il sequestro dei beni, l'autorità giudiziaria possa in parte sbloccare i beni per il pagamento del riscatto quando siano risultate infruttuose le operazioni di polizia. Nel caso Melis, invece, tutto è sfuggito alle maglie della legge. Il pagamento del riscatto c'è stato, ma non dietro l'autorizzazione della magistratura». La famiglia Melis, insomma, non ha collaborato con gli apparati dello Stato. Ma questa è storia vecchia. Da chiarire, piuttosto, resta la dinamica di questo pagamento: se fu Grauso a pagare il riscatto (come dice lui e non credono le procure) oppure se fu qualcun altro. E c'è anche una terza ipotesi, avanzata dall'anziano avvocato Antonio Piras: «Mi sta venendo il dubbio che Grauso sia stato vittima di un raggiro e che abbia dato i soldi alla persona sbagliata». Di movimenti e richieste di denaro, però, l'avvocato Piras sa molto: «Un mese dopo la liberazione di Silvia, una persona andò dal padre per chiedergli il pagamento di un'altra rata. L'ing. Melis mi informò. Io gli dissi: "Se viene di nuovo, chiama i carabinieri e lo fai arrestare"». Secondo quanto sostiene, a pagare questa seconda rata, di tasca sua, fu poi Nichi Grauso. C'è grande confusione, insomma, attorno a questo sequestro. Come anche attorno al suicidio di Lombardini: secondo indiscrezioni, la procura di Palermo avrebbe aperto un fascicolo per induzione al suicidio. Chi avrebbe spinto il magistrato a impugnare la pistola contro se stesso? Parte impetuoso, intanto, il dibattito at¬ torno alla legge che blocca i beni dei sequestrati. Filippo Mancuso, di Forza Italia, e Luigi Manconi, portavoce dei Verdi, criticano aspramente la legge. Alessandro Pardini, senatore Ds che per conto dell'Antimafia sta approfondendo la questione dei sequestri di persona, la difende. Anche Napolitano è favorevole. «Non esiste una legge - dice - capace di bloccare i sequestri. E' innegabile, però, che il fenomeno negli ultimi anni è stato combattuto efficacemente e il numero certamente diminuito. Mi chiedo che cosa abbia a che vedere la legge con quanto è accaduto nel caso Melis». Ma il tragico suicidio di Lombardini è un argomento che scotta ed è all'esame del governo. E' uno dei pochi avvenimenti, ad esempio, che turbano la vacanza del presidente del Consiglio, Romano Prodi: «Le emergenze - dice il premier - non sono state molte: il problema degli immigrati, quello che è avvenuto per il caso Lombardini mi ha tenuto molto attento, poi la frana del Brennero». Anche il ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Maria Flick, è in allarme: «La documentazione di Palermo è già arrivata ed è all'esame dei miei uffici. Attendo quella che ho chiesto agli uffici di Cagliari. La vicenda è estremamente dolorosa, ma non può essere consentita alcuna speculazione che oltretutto non agevola l'accertamento e la conoscenza della verità». Nei prossimi giorni, comunque, il procuratore generale di Cagliari, Francesco Pintus, invierà un dossier al ministro e al Csm. E inizierà un esame complessivo della vicenda. «E' mio dovere e mia intenzione contribuire con le mie decisioni e arrivare il più presto possibile all'accertamento del la verità. Sono convinto che sia l'unico modo per poter dare alla magistratura la fidu eia, la serenità e il rispetto delle sue funzioni». Continua incessante, intanto, la polemica di Alfredo Biondi, Forza Italia, contro Giancarlo Caselli e la procura di Palermo «Sui giornali si processa un morto che non può più neppure difendersi. Il segreto istruttorio a Palermo, e non solo là, è un colabrodo». Francesco Grignetti Il senatore Bardini (Ds) difende la legge sui sequestro dei beni

Luoghi citati: Cagliari, Palermo, Roma