Il Saddam balcanico completa il lavoro
Il Saddam balcanico completa il lavoro OSSERVATORIO Il Saddam balcanico completa il lavoro decisive per la sorte del Kosovo e per la pace nei Balcani. Infatti, con la caduta di Junik, le forze serbe dovrebbero aver completato, o quasi, il recupero del controllo del territorio kosovaro. E dunque ci sarebbero le condizioni, per il governo di Belgrado, per la ripresa di un negoziato. Ma in vista di che? Fin dove intende spingersi Slobodan Milosevic nelle concessioni? E possiamo essere sicuri che, per il boss di Belgrado, la trattativa non sia solo tattica, espediente dilatorio? Già nelle scorse settimane, Milosevic aveva detto che 1'«operazione di polizia» era praticamente finita e che era tempo di riparlarsi attorno a un tavolo, ma poi i suoi «poliziotti», che in realtà sono forze speciali dell'esercito, avevano cannoneggiato cittadine e villaggi, con l'evidente proposito di espellerne la popolazione albanese, costringendola a una fuga a volte senza meta. La «catastrofe umanitaria» di cui hanno parlato gli osservatori dell'Onu. Ma c'è un secondo punto. E riguarda i kosovari. Per avere forza nella trattativa con Belgrado, essi dovrebbero essere uniti e compatti, e invece sono divisi e rivali, Da una parte, il moderato Ibrahim Rugova e la sua Lega democratica, che si accontenterebbero di una solida autonomia; dall'altra, l'Esercito di liberazione (Uck), che sembra aver trovato un leader o un referente politico in Adem Demaqi, dopo aver conosciuto divisioni anche al suo interno, e che accetta di negoziare con i serbi solo per ottenere l'indipendenza del Kosovo. L'Uck ha sognato di conquistarsi l'indipendenza sul campo, ma è stato inevitabilmente sconfitto. Ha solo ottenuto d'indebolire ulteriormente Rugova, e di concedere ora a Milosevic motivi o pretesti in più per i suoi giochi di prestigio balcanici. Dunque il negoziato nasce, se nasce, senza reali speranze di successo? Non necessariamente. Le operazioni di «pohzia» in Kosovo hanno un costo pesante per un'economia già allo stremo per le sanzioni internazionali. Un dispendioso e stressante controllo militare di tutta la regione potrebbe dover continuare, se l'Uck, I sconfitto sul campo, passasse I a forme di terrorismo diffuso (magari non solo hi Kosovo). Questo per quanto riguarda Milosevic. Quanto ai kosovari oltranzisti, essi potrebbero abbassare le pretese nel corso di una trattativa che li vedesse protagonisti responsabili e riconosciuti, accanto ai moderati. Se questo «scenario» si realizzasse, e il Kosovo ottenesse l'autonomia di cui godeva sotto Tito e magari qualcosa di più, l'incubo di una nuova e più devastante crisi balcanica (per le possibili maggiori implicazioni internazionali, dall'Albania alla Macedonia, dalla Grecia alla Turchia, per non parlare della Russia) potrebbe svanire. A questo scopo, però, occorrerebbe una reale e omogenea pressione «esterna». Soprattutto, Milosevic dovrebbe essere informato dalla Nato in termini inequivocabili che, se egli pensasse di confondere il controllo del territorio con una nuova pulizia etnica, in una regione in cui i serbi sono solo il dieci per cento, provocando migrazioni erratiche e destabilizzanti, la risposta sarebbe ancora più dura di quella subita in Bosnia. A quel punto, con o senza il consenso della Russia nel Consiglio di sicurezza. Milosevic. Alla fine di ogni discorso, anche il più complesso o sofisticato, il più riguardoso di tutte le ragioni e di tutti i torti, c'è lui, il boss di Belgrado, come un macigno. Il Saddam dei Balcani. Ma chi ha il coraggio di prenderlo di petto, di questi tempi? Certo, oggi comincia un'esercitazione della Nato in Albania, già prevista, ma oggi è anche il giorno della testimonianza di Clinton sul sesso alla Casa Bianca... E quanto a noi italiani, che consideriamo i Balcani vitali per il riscoperto «interesse nazionale», siamo troppo preoccupati di come andrà a finire tra l'estate e l'autunno con Rifondazione comunista. Aido Rizzo
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