Cade lunik, l'ultima roccaforte albanese

Cade lunik, l'ultima roccaforte albanese KOSOVO Offensiva di cacciabombardieri e carri armati, sotto il fiaoco delle forze serbe altri otto villaggi Cade lunik, l'ultima roccaforte albanese Riconquistata dalle truppe di Belgrado dopo 3 settimane di assedio ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO L'ultima roccaforte dell'esercito di liberazione del Kosovo, Junik, è caduta ieri nelle mani delle truppe di Belgrado. Dopo tre settimane di feroce assedio le forze serbe sono entrate nel Paese che dista soltanto cinque chilometri dal confine albanese. All'operazione militare hanno preso parte i cacciabombardieri, gli elicotteri e i carri armati dell'esercito jugoslavo. Quattro poliziotti serbi e due soldati sono stati uccisi. Non si sa il numero delle vittime da parte albanese. Secondo fonti serbe i guerriglieri dell'Uck hanno tentato di fuggire oltre confine in Albania, ma sono stati bloccati dalle unità dell'esercito e si sono dispersi nei vicini boschi. Dopo l'entrata delle truppe di Milosevic Junik è rimasta deserta. Nel paese, oltre ai combattenti separatisti avevano trovato rifugio alcune migliaia di profughi albanesi scappati da altre parti del Kosovo. Anche loro hanno cercato scampo nella foresta. Un giornalista della radio B92, emittente indipendente di Belgrado, è riuscito a entrare a Junik. «E' un villaggio fantasma, ma le distruzioni non sono così grandi» ha riferito, ma nessun altro cronista ha avuto accesso alla zona dei combattimenti. Le forze serbe hanno attaccato altri otto villaggi del Kosovo occidentale, lungo la strada Decani-Pec. Meta di pesanti bombardamenti, i paesi di Lodja, Rausice e Grabovac sono stati parzialmente distrutti. Nuvole di fumo e fiamme si levavano da Lodja. «Il quadro è allarmante. Non abbiamo accesso alla zona per poter soccorrere i civili. Si parla di un nuovo attacco serbo nei pressi di Decani, nei boschi dove avevano trovato rifugio 20 mila persone» ha detto il portavoce dell'Alto commissariato per i profughi dell'Onu, Chris Janowski. La crisi umanitaria nella regione si aggrava di ora in Ora è ufantasmae combseparatfuggiti n na città profughi battenti sti sono ei boschi ora. Secondo l'associazione «Madre Teresa» gli aiuti che arrivano bastano a malapena a un terzo dei bisogni. «Tra dieci giorni la gente comincerà a morire di fame» ha dichiarato il coordinatore di questo gruppo, aggiungendo che gli ultimi dati parlano di 327 mila profughi, mentre sono 580 i civili albanesi uccisi, per lo più donne, vecchi e bambini. Nella nuova offensiva circa il 10 per cento della popolazione ha perso la casa in seguito ai combattimenti. Sempre secondo l'organizzazione, la metà dei bambini della provincia è malato. Dalla parte serba, dall'inizio degli scontri nel Kosovo, a fine febbraio, sono stati uccisi 56 poliziotti e 22 soldati dell'esercito jugoslavo. Ma questi sono i dati ufficiali. Il numero dei morti è sicuramente più grande perché nel Kosovo combattono anche le milizie serbe che hanno fatto la guerra in Croazia e in Bosnia. Poche ore dopo la caduta di Junik il governo di Belgrado ha invitato il leader moderato albanese Ibrahim Rugova a riprendere i negoziati. Un paio di giorni fa Rugova aveva costituito una delegazione per trattare con i serbi, ma aveva subordinato l'inizio delle trattative al cessate il fuoco. «Ancora una volta l'intenzione serba di dialogare non è seria», ha risposto il portavoce della Lega democratica del Kosovo, il partito di Rugova. I guerriglieri dell'Uck sono sempre stati contrari ai negoziati con i serbi, sottolineando che la delegazione scelta da Rugova non rappresenta tutti gli albanesi del Kosovo. «L'Uck è pronto ad utilizzare altri metodi di lotta» ha dichiarato ieri Adem Demaqi, il leader storico albanese che ha accettato il comando dell'ala politica dell'Uck. Questo potrebbe significare che dalla guerriglia i combattenti separatisti albanesi passeranno al terrorismo. Ingrid Badurìna Ora è una città fantasma, profughi e combattenti separatisti sono fuggiti nei boschi Due soldati serbi esultano dal loro carro armato dopo essere entrati in Junik

Persone citate: Adem Demaqi, Chris Janowski, Grabovac, Ibrahim Rugova, Ingrid Badurìna, Madre Teresa, Milosevic, Rugova