Il grande sbadiglio dell'America di Gabriele Romagnoli

Il grande sbadiglio dell'America Il grande sbadiglio dell'America / sondaggi: la gente è stufa dello scandalo VOGLIA DI NORMALITÀ' WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO Quale che sia l'esito della testimonianza di oggi, è opinione comune che la presidenza Clinton rimarrà contrassegnata; dalla vicenda Lewinsky e i libri di storia 10 ricorderanno come il Presidente che ne fu affondato o le sopravvisse, ma che, comunque, non seppe evitarla. Ma non è solo questo che la storia deve registrarci. Per quanto incredibile potesse apparire, una serie di frettolosi rapporti sessuali tra l'uomo più impegnato della Terra e la giovane collaboratrice che portava la pizza a fine giornata sono diventati la cartina di tornasole di un intero Paese. La reazione dell'America alla vicenda Lewinsky ci permette di capire che cosa veramente essa sia in questi tempi, di decifrarne gli umori e le tendenze, gli ideali e le aspirazioni, fuori da ogni iconografia, alla larga dai luoghi comuni e, soprattutto lontano dal ritratto che ce ne trasmettono i media. Questa è, infatti, la prima verità che emerge dagli ultimi otto mesi vissuti scandalosamente: esiste una forbice enorme tra l'America e chi la racconta e, qui come altrove, la gente ha più buon senso di chi pretenderebbe di insegnarglielo. C'è un'enorme differenza tra l'immagine dei media ai tempi del Watergate e quella con cui escono dal cosiddetto Sexgate (già ridicolo fin dal nome). Con Nixon, due giornalisti erano stati capaci di rimestare nella spazzatura presidenziale e scovare le tracce di un reato. Con Clinton, stampa e televisione hanno aggiunto spazzatura alla spazzatura. Fin dall'inizio. Si era all'aeroporto dell'Avana, gli occhi al cielo ad aspettare l'arrivo del Papa sulla terra di Fidel Castro, in mano l'ultimo numero di Newsweek che proclamava in copertina «sarà l'incontro del secolo», quando la Cnn tolse la linea a Christiane Amampour per annunciare che questo secolo aveva ben altro di cui occuparsi: Monica Lewinsky. Da Cuba ripartirono quasi tutti i giornalisti americani (Newsweek ne lasciò uno che scrisse cento righe) e lo spettacolo cominciò. E' durato otto mesi ed è stato triste, sproporzionato y final. Le tv si sono date battagba a colpi di dirette e speciali, raccontando il nulla. Qualche sere fa la Cnn ha toccato 11 fondo, presentando come «eccezionale esclusiva, per la prima volta sullo schermo», ai microfoni di Larry King, miss Vattelapesca, grande amica di Kathleen Willey (per chi l'avesse, opportunamente, già dimenticata, è quella bella signora che, a metà della storia venne fuori con il suo racconto di molestie sùbite alla Casa Bianca). Ne è seguito un dialogo imbarazzante, in cui non si sa a chi importasse meno quel che si diceva: a Larry Kmg, all'amica di Kathleen Willey, ai pochi che guardavano. Da gennaio ci sono corrispondenti impalati davanti alla Casa Bianca che aggiornano su particolari di nessun rilievo attribuendoli a «sources familiar with», fonti a conoscenza, dell'inchiesta, delle strategie della Casa Bianca, del futuro del pianeta, grazie alle quali abbiamo saputo che Monica aveva, Clinton voleva, domani pioverà. Ci sono giornali che hanno scrino una cosa nella loro edizione «on Ime» apparsa la sera e l'hanno corretta su carta, al mattino, perché le loro rivelazioni, come certi amori, valevano lo spazio di una notte. Hanno finito per diventare «paladini dell'informazione», personaggi come il cybergiornalista Matt Drudge, che in «L. A. Confidential» avrebbe avuto la parte del ricattatore che pubblica «Hush Hush» o come Brill di «Brill's Content», uno che quando la sua fonte ha portato un registratore nascosto ha dovuto rettificare di tutto. Perché l'unica vera «Fonte a conoscenza», da cui sgorgano rivelazioni, è stata, qui come altrove, una delle parti in causa e le rivelazioni pubblicate erano, invariabilmente, firmate Kenneth Starr. Tutto il resto, puro spettacolo. Prese di posizione a pagamento. Come l'artificioso duello sulla rete «Cnbc» che manda in onda a un'ora di distanza il talk show pro-Clinton di Geraldo Rivera (il Castagna dei ricchi) e quello antiClinton di Chris Matthews (il Funari d'America). Entrambi sguaiati e falsi. Perché si capisce benissimo, e si può leggere nella loro storia personale, che il primo sarebbe anti-Clinton e viceversa, ma è solo un gioco delle parti, un immenso helzapoppin, che diverte e beneficia più i giocatori degli spettatori. Perché questa è l'altra faccia della vicenda: l'altra faccia dell'America. Che, guarda un po', non nutre interessi morbosi, non è devastata da furori puritani, non cambia posizione istericamente. Sembrava, visto da Cuba, quando tutto cominciò e le tv lo raccontavano, un Paese devastato. Ma, al rientro, in rapida sequenza, il tassista, il portiere e il vicino di casa commentarono: «So what?», e allora? Il Presidente ha fatto sesso, ha mentito, so what? «Scusate, ma noi abbiamo altro da fare, dobbiamo, se permettete, lavorare, guadagnare e essere, per quel che ci è dato, felici». Perché, questa sarebbe stata la notizia, mentre eravamo impegnati a frugare nella biancheria sporca, questo Paese si metteva un abito pulito e andava a produrre. Mentre noi dissezionavamo la vita della venticinquenne Monica Lewinsky, la sua generazione, la vituperata «X generation», prendeva l'ascensore per i piani del potere. Tutti a parlare di una ragazza dalla vita tormentata, senza accorgerci dei suoi coetanei. Una di loro, Meredith Bagby, ha scritto su «Success»: «Ci consideravano incapaci, dicevano che saremmo stati la prima generazione d'America ad avere meno dei nostri genitori. Sbagliavano. Stiamo andando alla grande. Stiamo compiendo la nostra silenziosa rivoluzione. Non marciamo su Washington bruciando reggiseni o incitando alla rivolta i campus. Noi stiamo lentamente conquistando quel che conta: l'economia». I «fratelli e le sorelle» di Monica lavorano 4 ore a settimana più dell'americano medio, tre su cinque fra loro sono liberi imprenditori e, nel complesso, rappresentano la generazione che ha fondato più aziende nella storia d'America. Hanno patito la rigidità di orari dei loro genitori e istituito una flessibilità che permette di lavorare di più, ma quando lo si voglia. Sono il motore di un'economia florida come mai prima, che ha visto alzarsi il reddito medio (grazie anche ai profitti in Borsa), e ridursi perfino la storica mobilità americana che portava a cambiare Stato e lavoro in continuazione. Questa gente è più solida, radicata, ricca e soddisfatta. Ha voglia di inventarsi il futuro e vede davanti a sé un mare di possibilità, nel mondo reale e in quello virtuale, non meno creatore di fortune. Sosteneva Keynes che le persone, quando diventano più ricche, diventano anche più filantropiche e in migliore disposizione d'animo verso i! prossimo. Chi si impoverisce si inacidisce e deve trovare qualcuno contro cui sfogarsi. Un'America in recessione avrebbe crocifisso Clinton. Questa America non ne ha voglia, tempo, intenzione. Si alza da tavola e corre a lavorare per mangiare ancora meglio domani. Ha la buona forma dei suoi ragazzi palestrati e i sogni, limitati e pragmatici, ma avverabili della sua incompresa e vincente «generazione X». Non può fermarsi perché il Presidente ha fatto sesso e ha mentito. Non è così sciocca. Non è come chi le propina i talk show, non è come chi la governa. Gabriele Romagnoli Il presidente americano Bill Clinton e l'ex stagista Monica Lewinsky ìColumi primi 45 gio