Richiedete vecchi dischi introvabili sentirete Villa cantare in giapponese di Bruno Gambarotta
Richiedete vecchi dischi introvabili sentirete Villa cantare in giapponese RADIO & RADIO Richiedete vecchi dischi introvabili sentirete Villa cantare in giapponese UNO si sintonizza nel primo pomeriggio su Radio 1 Rai e ha la ventura di ascoltare Claudio Villa che canta «Non pensare a me» in giapponese: «I ma uata da ua ta sci no oto uata uasonil». Povero Villa, sbertucciato quand'era in vita e che seppe morire con la dignità di un antico romano strappandosi dalle vene le siringhe che lo intubavano ai monitor del suo ultimo spettacolo. Se fosse vivo Claudio Villa verrebbe invitato a fare l'opinionista in radio e tivù, come succede a Orietta Berti, che al mattino ospite di Enrico Vajme racconta con disarmante candore le vacanze di una emiliana ricca di buon senso. Si tratta di un fenomeno studiato parecchi anni or sono da Susan Sontag in «Contro l'interpretazione»; lo denominò «Camp» perché aveva avuto origine nei campus universitari. Si tratta di prelevare un campione di cultura popolare e di trapiantarlo in un altro contesto, come fa Fabio Fazio con il fenomeno del tifo calcistico. Tornando a Claudio Villa che canta in giapponese, l'abbiamo ascoltato in un programma che raccomandiamo caldamente a chi ancora non si fosse accorto della sua esistenza: «Radiorarità», in anco sua onda tutti i giorni in diretta su Radio 1 Rai dalle 15 alle 16. E' condotto con sbalorditiva competenza da Fernando Protarcangeli, incalzato da Sergio Mancinelli che dalle 14 e 13 in poi è il motore di Radio 1 Musica con invidiabile smalto ed energia. In «Radiorarità», a volerle trovare un difetto, a parere di un torinese che ha il culto dell'understatement, c'è un eccesso di autoincensamento, come quando, al colmo dell'eccitazione, Mancinelli proclama: «Quello che sta accadendo per Radiorarità va oltre ogni possibile immaginazione!». Gli ascoltatori chiedono per fax e per telefono le più incredibih stranezze e Protarcangeli è pronto a soddisfare ogni curiosità. Come quelli che hanno trovato in fondo a un cassetto un mucchio di vecchie monete e scrivono alla rubrica «Saper spendere» per sapere quanto vale il loro tesoro e la risposta è sempre: dalle 12 alle 15 lire, a condizione di trovare l'amatore. Così per i vecchi dischi. In compenso abbiamo ascoltato versioni di canzoni che mai avremmo sospettato esistessero. Rita Pavone che canta «Le mille bolle blu», cavallo di battaglia di Mina, che a sua volta si è esibita in «You are my destiny» di Paul Anka. Come passa il tempo. Nel corso della sua ultima esibizione dal vivo, a Paul Anka è volata via la dentiera che è finita sulla pelata di un suo coetaneo seduto in prima fila. E poi: «Cuore matto» cantato da Fausto Leali, «Paradiso» cantato in tedesco da Patty Pravo, una stupenda e sconosciuta canzone di Claudio Baglioni, «13 dicembre, storia d'oggi». Ci sono varie sottorubriche; ne «La prima volta» si ascolta il primissimo disco di cantanti poi diventati famosi, ma non per allenarsi a sparare sulla Croce Rossa, come fanno Dose e Presta ne «Il ruggito del coniglio», bensì per misurare la lunghezza della strada percorsa dagli inizi. Ci sono categorie più fortunate; nessuno riuscirà mai a ripescare il primo piatto di un famoso cuoco o il primo vestito di un famoso sarto (se Armani e Valentino si offendono a sentirsi chiamare sarti chiamiamoli «operatori con ago e filo»). Invece il cantante è inchiodato per tutta la sua carriera a quel primo dischetto; ci sarà sempre un accanito collezionista in grado di riesumarlo. Bruno Gambarotta ttaj
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