Christo e Jeanne-Claude arte da toccare e calpestare

Christo e Jeanne-Claude arte da toccare e calpestare l'intervista. La celebre coppia trasformerà con una mostra Palazzo Bricherasio Christo e Jeanne-Claude arte da toccare e calpestare F~~ TORINO A un certo effetto stringere la mano a Christo. L'uomo che ha impac Ichettato il Pont Neuf di Parigi, il Reichstag di Berlino, le mura Aureliane di Roma, ha un'aria mite, quasi ascetica. L'immagine del titano non appartiene alla sua natura. Ma c'è sua moglie Jeanne-Claude che pareggia i conti. Vulcanica, irrefrenabile, sanguigna d'animo come di capelli, la signora JeanneClaude è del tutto complementare al marito: pensa con lui, agisce con lui, e con lui va all'attacco di prudenze politiche da sgretolare, di paure governative da sciogliere. «Sono soltanto tre le cose che non facciamo insieme», dice. Sarebbero? «Uno, non voliamo insieme. Due, io non disegno: Christo mette su carta le nostre idee e le realizza nel suo studio; lui è bravo nella manualità, costruisce da solo anche le cornici. Tre, Christo non ha mai incontrato il nostro fiscalista». Christo e Jeanne-Claude sono venuti a Palazzo Bricherasio per un sopralluogo. Dal 9 ottobre al 17 gennaio vi allestiranno una mostra e una installazione. La mostra comprenderà cinque sezioni. Nella prima, intitolata «Early Works», saranno proposte le opere create fra il '59 e il '68, quando la coppia abitava tra Parigi e New York. La seconda, documenterà il primo grande progetto sulla natura realizzato dai Christo, il Wrapped Coast, Little Bay, Sydney, Australia, 1969. Nella terza, si vedranno i progetti ancora da realizzare o in fase di realizzazione. La quarta sarà interamente dedicata al lavoro in Italia tra il '68 e il '74. Il titolo sarà Christo and Jeanne-Claude in Italy. Infine, una Film Section racconterà, in chiave diaristica, il loro lavoro. «Non sono film d'arte - avverte Christo - sono film-documento, filmverità, in cui noi fatichiamo, litighiamo, sudiamo. Si riferiscono a vari momenti della nostra attività, da quella dei primissimi anni all'impacchettamento del Reichstag». Mostra pedagogica, par di capire; un entrare nella storia e nei segreti di una coppia che ha sconvolto il mondo (dell'arte). Lui, creduto a lungo un puro folle; lei, considerata un'amministratrice o una agente, quando in realtà era costola delle costole. «Ma all'inizio era giusto far credere che fosse così - spiega Jeanne-Claude -. Gli esordi sono difficili per uno solo, figuriamoci per due. Ma cinque anni fa ci siamo guardati, abbiamo detto: siamo vecchi, possiamo benissimo figurare insieme. Così, da cinque anni, esiste la ditta "Christo e JeanneClaude"». Oltre alla mostra pedagogica, che Christo dice di non amare, perché odia tutte le retrospettive, l'installazione. I finestroni di Palazzo Bricherasio saranno coperti da carta per pacchi, che lascerà tuttavia filtrare la luce; i pavimenti saranno coperti da stoffa increspata, sui muri appariranno vetrine cieche, uguali alle vetrine dei negozi, ma ricoperte anch'esse di carta marrone. Si creerà un ambiente soffuso, morbidamente ovattato, di color miele. «11 pubblico camminerà sull'opera d'arte. Calpestare la nostra stoffa sarà una presa di coscienza, quasi come pensare con i piedi. Non c'è pericolo di cadute, perché tutta l'attenzione è rivolta ai piedi. In Giappone i piedi sono importanti, per noi esistono soltanto quando fanno male. Camminare è una fondamentale funzione umana, ma nessuno ci bada, a meno che non ci sia un bambino: toh, guarda, fa i primi passi. E finisce lì». Ma l'impacchettamento, quei chilometri di stoffa e di funi con cui si avviluppano e si nascondono i monumenti... «E' una cosa perfettamente normale. Quando dipingiamo i muri di casa, copriamo i mobili, i divani... Si tratta di proteggere e, proteggendo, si rivela. Cos'era il Reichstag prima che lo impacchettassimo? Una immensa costruzione vittoriana, piena zeppa di particolari architettonici. Impacchettandolo, lo abbiamo ricondotto al cuore della sua forma. Così coperto, non era più statico, ma viveva nella fluttuazione della stoffa e nel soffio del vento». S'infervora Christo, muove le mani e fa scintillare gli occhi dietro le lenti dalla monta¬ tura nera. Dice: «Il pacco non è l'elemento costante del nostro lavoro. E' più importante il rivestimento, l'uso della terra: preoccupazione costante degli artisti da cinquemila anni». Racconta dì Rodin. Scolpì una statua di Balzac. Lo fece nudo, col busto enorme, il ventre dilatato, le gambe secche e gracili: una creatura ridicola. «Poi prese un mantello, lo drappeggiò intorno alla statua e ridiede a Balzac la dignità. Questa storia del tessuto per noi è fondamentale, è la materia più importante per tradurre le caratteristiche temporali del nostro lavoro. Il tessuto è fragile, mobile, prezioso». «E' anche sensuale - aggiunge Jeanne-Claude - per questo vorremmo che, a Torino, la gente si sedesse per terra, toccasse». All'inizio, quando proponevano queste cose, quando giravano il mondo per impacchettare e legare, i Christo erano considerati pazzi. Che cosa provavano? «Niente. Era la stessa reazione che suscitavano Cézanne e Picasso. Ma oggi le cose non sono cambiate. Abbiamo difficoltà a far accettare i nostri porogetti, dobbiamo spiegarci, spiegare. La gente ha sempre paura del nuovo». Quando ci riescono, mettono in attività un cantiere, con decine di operai, di tecnici, di specialisti, gente che i Christo pagano di tasca propria, perché rifiutano finanziamenti e sponsor. E' il caso di dire: che fatica, la vita. «Fatica? No, è la vita. Noi facciamo arte, non lavoriamo. Creiamo gioia e bellezza, senza utilità pratica, senza simboli, senza messaggi. Dopo la realizzazione, i materiali vengono riciclati, i luoghi che abbiamo in qualche modo violentato vengono restituiti al loro aperto originale. Salvo una volta, quando eliminammo quaranta tonnellate di immondizie dalle isole vicino a Miami». La conversazione finisce. I signori Christo partiranno quasi subito. Dicono di avere un impegno al quale non possono mancare: devono correre a Padova, hanno un amico che li aspetta. Un amico? domandiamo. «Sì, il più amato. Si chiama Giotto». Osvaldo Guerrieri /piani della «ditta» che a Berlino fece un pacco del Reichstag «Creiamo gioia e bellezza senza simboli senza messaggi» Di corsa a Padova: li aspetta un amico «di nome Giotto» Il Reichstag a Berlino. Sopra, Christo con Jeanne-Claude. Sotto, il Pont Neuf a Parigi. A destra, «Ombrelli» in California (Foto di Wolgang Volz)

Persone citate: Balzac, Early, Little Bay, Osvaldo Guerrieri, Picasso, Pont, Rodin, Volz