Agosto '42, naufraga il «Laconie». Io prete non ho mai visto tante lacrime

Agosto '42, naufraga il «Laconie». Io prete non ho mai visto tante lacrime AL GIORNALE Agosto '42, naufraga il «Laconie». Io prete non ho mai visto tante lacrime In mare 1800 italiani catturati a El Alamein Approvo totalmente quanto quanto ha scritto una lettrice sui «cimiteri sotto il mare». La tragedia del litanie non è la sola, anzi, posso testimoniare di un ben più grave episodio, nel quale persero la vita circa 1400 italiani prigionieri di guerra degli inglesi, mentre venivano trasportati in Inghilterra. Il 12 agosto '42 nel porto di Alessandria d'Egitto una nave inglese, il Laconie, da 20.000 tonnellate, imbarcava 1800 prigionieri italiani, catturati a Marsa Matruh e Alamein. Laceri, affamati, stremati vennero stipati nella stiva, in 18 gabbioni di ferro (100 per gabbia), sprangati e sorvegliati da sentinelle annate polacche. Ad agosto nel Mar Rosso, temperatura a 40 gradi, senz'aria, con un quartino di acqua al giorno, qualche galletta e brodo: 1800 mucchietti di umanità piagata e sofferente. Oltre ai prigionieri sulla nave erano imbarcati circa 800 passeggeri. Militari che rientravano in Inghilterra, le loro famiglie, equipaggio, soldati polacchi. Dopo circa un mese di navigazione, il 12 settembre alle 8 di sera, all'altezza di Capo Palmas nell'Atlantico meridionale, la nave veniva colpita da due siluri lanciati da un sottomarino tedesco. Centinaia di prigionieri morirono subito colpiti dalle esplosioni. Gli altri, nelle gabbie di ferro, si lanciarono contro le inferriate, mentre le sentinelle sparavano. Molti morirono schiacciati dai compagni. Pochi riuscirono a sfondare le sbarre e a salire in coperta. Cercarono di raggiungere le scialuppe già occupate dagli inglesi, ma vennero respinti pistola alla mano. Ormai la nave si stava rovesciando. Alcuni si lanciarono dalla pane sbagliata e si schiacciarono contro la fiancata, altri riuscirono a calarsi in mare, tra detriti, scialuppe rovesciate, zattere, cadaveri. Il sottomarino si era avvicinato. Dalle grida dei prigionieri il comandante tedesco capì di aver affondato una nave carica di italiani, di alleati. Rischiando la corte marziale, si prodigò in ogni modo per salvare i naufraghi, senza distinzione di na- zionalità. Caricò il sottomarino di un peso eccessivo, mettendo a repentaglio la vita dei suoi uomini, chiese aiuto ai sottomarini tedeschi nella zona e a un nostro sommergibile, il Cappellini. Lanciò messaggi in chiaro (in piena guerra), trainò tre scialuppe di naufraghi. Arrivò un aereo americano che colpì in pieno una scialuppa. Il sommergibile fece appena in tempo a immergersi, risucchiando con sé tutti quelli che erano sul ponte. Il comando tedesco aveva allertato le navi francesi che erano a Dakar (in quel periodo al governo era Pétain). Parte dei prigionieri salirono sulle navi francesi e furono sbarcati a Dakar. Una trentina, attraverso il Sahara arrivarono in Algeria, dove in quei giorni erano sbarcati gli americani, e vennero nuovamente fatti prigionieri di guerra. Ho incontrato nel campo di concentramento in Algeria alcuni superstiti di questa tragedia. Ricordo un caro ragazzo, Guido Nardi di Roma, che allora abitava in via Dei Ramni e che aveva una sorellina di 16 anni più giovane di lui. Di questa immane tragedia pochi sanno, anche se un ufficiale francese, che all'epoca a bordo dell'incrociatore Gioire aveva raccolto parecchi naufraghi, tanti anni fa ha scritto un libro sulla vicenda II caso del Laconie (Garzanti). Peccato che ignori quasi i prigionieri italiani. Questa mia ricostruzione è lacunosa, imperfetta. Non basterebbe un libro per raccontare tutte le vicissitudini dei nostri compagni. Vonei che questo episodio fosse conosciuto da molti. E che i giovani sapessero delle immani sofferenze cui vennero sottoposti i loro coetanei, rei solo di essere nati. Di questi fatti si è parlato a lungo al processo di Norimberga, quando fu condannato l'ammiraglio Dònitz. Elio Bonabello, Novi Ligure «Meno uomo dei sacro più guida per la gente» Mi inserisco nel confronto promosso dal prof. F. Garelli (5/8) sul prete e avendo come riferimento lo scritto della sig.ra Paola Gatti (12/8). E' vero che sono parte in causa, con lo svantaggio della difficile oggettività e il vantaggio della conoscenza diretta del ruolo del prete e delle sue più comuni problematiche attuali. Condivido alcune cose dette dalla sig.ra Gatti, non certamente il suo pessimismo finale: lo Spirito Santo colpisce questa Chiesa rendendola sterile... senza rimpianti. La comu¬ nità cristiana non la pensa così. Noi preti siamo tentati di perdere le motivazioni di fondo, di diventare sciatti (non soltanto nel vestito), di non avere una sufficiente coscienza professionale. Persino l'abito potrebbe essere una concausa della riduzione del molo. La lettrice scrive che la Chiesa offre al prete «una banale sociologia assistenziale». Si è ridotto - è vero nella vita del prete il suo impegno culturale, in quanto egli fa meno cose sacre legate aU'edificio-chiesa. La società si è modificata e dei suoi tre impegni - uomo del sacro, guida, maestro della parola - il prete è chiamato a svolgere di più, forse, quelli di guida e di maestro. Se si interrogano i preti, ci si accorge che dedicano molto tempo all'ascolto e alla «consolazione». La gente soffre e deve pur dirlo a qualcuno. Non ho mai visto tante lacrime come in questi ùltimi anni, in barba alla qualità della vita, di cui si discorre e per la quale si istituiscono persino gli assessorati. Ma si sa, si chiudono le stalle quando i buoi sono fuggiti. Per svolgere in modo appena dignitoso questo ruolo quanto si deve attingere a motivazioni profonde: attaccamento alla persona di Cristo, spirito di preghiera, preparazione delle cose da fare e da dire, allenamento alla compassione, ricerca seria di equilibrio umano e di quell'ottimismo che deriva dalla Bibbia, sforzo di uscire da se stessi... Se non c'è tutto questo, quanto può dare un sacerdozio? Conosco giovani preti che in tutte queste cose hanno una professionalità che dà dei punti a noi più anziani e che mi fa ben sperare per il futuro. Nel cristianesimo colpisce la serietà del mistero dell'incarnazione. Dio prende in considerazione tutto quello che è umano, scende fino a noi, si serve di noi e ci crede affidabili. don Piero Gallo, Torino Parroco Ss. Pietro e Paolo San Salvario «La prego, mister Lippi faccia questo per la Juve» Non so nei primi 50 anni di vita juventina, ma nei secondi 50, visto che ho 54 anni, un momento brutto come questo credo che la Juve non l'abbia mai passato. Per questo vorrei fare un appello a tutti i tifosi sparsi in tutto il mondo di stare vicino in qualsiasi modo alla società ed ai giocatori e nel contempo chiedere: - a tutti i responsabili, dirigenti, medici, allenatore di non lasciare cadere nulla nel silenzio, continuando, come in questi giorni, e rispondere a tono con tutte le vie di informazione a questa infima provocazione di una persona invidiosa e frustrata da tante sconfitte che spera di eliminare la concorrente più pericolosa; - al mister Lippi, vorrei chiedere, se come reazione non vorrebbe, anziché aspettare la prossima primavera, rinnovare subito il contratto con la Juve, per dare una risposta forte e una scossa benefica a tutta la Juve. Dino Abbondio, Alessandria Doppio infortunio al casello automatico Mi riferisco alle dichiarazioni rese a La Stampa da un addetto ai caselli autostradali sulla scarsa abitudine degli automobilisti all'uso dei caselli automatizzati. Premesso che raramente utilizzo le autostrade, non avendo la sovente necessità di viaggiare, mio malgrado non utilizzerò più la Viacard per la semplice ragione che in ben due occasioni mi sono ritrovato con le schede smagnetizzate perdendo la somma di L. 50.000 (cinquantamila) circa, senza per altro riuscire a sapere da coloro che mi avevano venduto le schede (un tabaccaio ed un distributore di benzina sulla tangenziale di Torino), nonché agli stessi caselli auto stradali, come recuperare il maltol to. Franco Moretti, Torino Contro il lavoro nero detrarre i contributi A proposito di lavoro nero, potreb be essere una buona idea quella di consentire di detrarre dalle tasse . contributi pagati per i lavoratori domestici. L'Inps potrebbe introita re dei soldi e lo Stato potrebbe tas sare dei lavoratori stranieri che og gigiorno non pagano una lira. Giovanna Luce ardipublicworkstation@yale.edu