La carnalità mistica dell'on. SLUCCA di Franco Lucentini

La carnalità mistica dell'on. SLUCCA il politico di bordo. I sogni politicamente morbosi di un frustrato della visibilità che tenta di decollare La carnalità mistica dell'on. SLUCCA IL mio nome è Slucca, onorevole Aldo Slucca, nel senso che sono un deputato, uno dei tanti (630) membri del Parlamento della Repubblica Italiana. Il mio partito è piccolo, una sigla fra le tante, e ne sono entrato a far parte in circostanze e con motivazioni che onestamente non risultano più del tutto comprensibili neppure a me stesso. E del resto, almeno per me, in politica le adesioni, le convergenze, gli strappi, i riawicinamenti tendono a confondersi col passare del tempo, come le onde che ti hanno spinto via via fino a una certa spiaggia. Ti volti a guardare e sembrano tutte uguali. Non che io voglia, o possa, negare i fatti accertabili da qualsiasi giornalista, il mio percorso (di carriera non è il caso di parlare) da un grande partito a un partito medio e poi a un raggruppamento un po' raccogliticcio, scisso di lì a poco in due tronconi da uno dei quali è nato a sua volta il mio attuale partito. Tappe sofferte una per una, costate migliaia di telefonate, centinaia d'incontri, di riunioni fumose (io non fumo e detesto il fumo passivo), decisioni prese lungo viali e vicoli imboccati a caso a tarda notte, che l'indomani venivano capovolte. «La nostra posizione è chiarissima» è una frase che ho detto e sentito dire non so quante volte per 14 anni. Ma quali mai erano tutte quelle «posizioni»? Non chiedetelo a me. I ritornelli di Alzheimer Ricordo semmai certe espressioni ricorrenti come ritornelli di vecchie canzoni che uno mugola sottovoce in bagno, una parola qui, un'altra là. Due soprattutto: «Quelli ci vogliono fregare» e «Stavolta li freghiamo». Chi? Perché? Quando? Chiedetelo al prof. Alzheimer. E ricordo una frase che mi riguarda personalmente e che mi perseguitò per qualche settimana in seguito a uno dei miei trasferimenti da un partito a un altro. L'onorevole Lacetta, che era rimasto nel gruppo dell'on. Dimassi, da me abbandonato, mi venne vicino nel Transatlantico e mettendomi un braccio intorno alle spalle disse col suo vocione rauco: «Tu quoque Slucca!». Tutti sentirono e ripeterono poi la povera battutina in ogni possibile occasione, come sempre succede nel nostro ambiente, e nell'ambiente della II elementare. Diventò quasi un nomignolo. «Allora, come te la passi, Tuquoque?» oppure, «Vieni, Tuquoque, che ti offro un caffè». Poi, come sempre succede, la cosa morì da sola, non faceva più ridere. Fu quella la sola volta che mi toccò un minimo di «visibilità», come la chiama l'onorevole Migliarini, che mi rimprovera di non averne. «Slucca, tu devi avere più visibilità!». Come se fosse facile, con lui che sta sempre lì davanti a prendersela tutta per sé. E' un amico, un vecchio compagno di liceo (che per questo continua a chìamar- mi col cognome), e una vera volpe politica, cui devo tutto, beninteso. E' stato ministro per quattro mesi in un governo di transizione, anni fa, due volte sottosegretario, e ha avuto la vicepresidenza di sei o sette commissioni di vario genere. Io l'ho sempre seguito fedelmente nelle sue posizioni sempre «chiarissime», ho sempre votato come decideva lui, sono sempre intervenuto (poche volte) alla Camera secondo le sue istruzioni. Quando lo intervistano mentre entra o esce da Montecitorio ci sono quasi sempre anch'io, al suo fianco. Ma finisce quasi sempre che di me le telecamere inquadrano una spalla, un orecchio, mezza nuca, viva la visibilità. Sempre in giro con le forbici A me andava benissimo così, ma l'anno scorso lui si è messo in testa di nominarmi per così dire inauguratore del partito. Nel senso che se in un piccolo comune in Puglia o in Sardegna si riapre una piscina chiusa da otto anni, mi rifilano le forbici a me. «Vai tu, Slucca, fatti vedere un po' sul territorio». Ricostruiscono un ponte crollato (sei anni prima) su un fiumicciattolo in Piemonte? «Presenza, presenza, il partito deve avere presenza! Mandiamo Slucca». E così via con le mie forbici da una mostra storica di carrozzine per bambini a una sagra dell'insalata mista. Perciò viaggio in continuazione e in Italia non è fatica da poco. Treni che si bloccano o deragliano, scioperi, coincidenze perse, le solite cose. Almeno mezza de dna di volte mi è capitato di arrrv aro troppo tardi per il taglio dui nastro, fiera del girasole o antico palio delle lucertole che fosse. Con grave caduta d'immagine, secondo Migliarini. A forza di sentili;' nominare, questa immagine io ino la figuro come una bottiglia in bilico su un vassoio portato con una mano sola da un cameriere mezzo ubriaco. Attento che cade! E difatti tentenna, vacilla, traballa e alla fine si schianta in mille pezzi sul pavimento. Mia socratica obiezione: «Ma come faccio ad avere un'immagine se tu dici che non ho visibilità?». Secca replica di Mi- gliarini: «Non si tratta di te, Slucca, si tratta del partito e in ultima analisi di tutto il Parlamento. Tu capisci, un parlamentare che arriva quando le lucertole sono già state ricondotte nelle loro scatole, fa fare una figura di schifo all'intera classe politica, il gap si allarga». Il gap, altro chiodo fisso. Questo me lo figuro come nei cartoni animati: una stretta spaccatura nella roccia comincia ad allargarsi e io, Sluccaduck, sono lassù, una gamba di qua e una di là, e cerco di divaricarle al massimo, ma non c'è verso, il gap si allarga, si spalanca sotto di me, da una parte la classe politica, dall'altra la società civile, sempre più distante, sempre più indifferente, un vero guaio. Mia timida giustificazione: «Ma abbi pazienza, davanti al nostro treno c'era un merci che aveva perso una ruota, siamo rimasti fermi tre ore in aperta campagna, cosa potevo fare?». Sferzante replica di Migliarini: «Dovevi farti sentire, intervenire autorevolmente, pretendere la massima collaborazione ai massimi livelli. Non eri mica in viaggio per divertimento, Slucca, eri un rappresentante ufficiale del popolo nel pieno esercizio delle sue funzioni! Mia inespressa controreplica: «Già, mi facevo prestare una bicicletta dai carabinieri e andavo a cercarmi un tassì in mezzo ai papaveri». La gente crede che noi deputati godiamo non solo di stipen¬ di smisurati, gettoni di presenza, rimborsi, sconti dal barbiere, pensioni da favola, ma anche e soprattutto di privilegi sensazionali per uscire alla grande dalle afflizioni in cui viene a trovarsi continuamente il comune cittadino. Niente code, per noi, niente attese stravaccate all'aeroporto, niente divieti, niente porte sbattute in faccia, ospedali che non ti trovano la bombola di ossigeno mentre tu stai rantolando. Tu tiri fuori il tuo tesserino parlamentare e tutti a stenderti il tappeto rosso, a farti strada, prego onorevole, si accomodi nel vagone speciale profumato al mughetto, gradi- sce una camomilla, una vodka norvegese? Magari fosse così. Tanto per cominciare io non ho un'auto blu di servizio, né un autista, né tanto meno una scorta. In tempi lontani, quando la situazione del Paese era più a rischio del solito, avevo fatto qualche accenno in merito a Migliarini. Non che pretendessi chissà che cosa, ma una certa protezione mi pareva di meritarla. «Vai tranquillo, Slucca, tu non rischi niente, non sei nel mirino di nessuno, chi vuoi che ti rapisca, figuriamoci», diceva allegramente Migliarini salendo nel suo macchinone blindato. Aveva ragione lui, si capisce, mafiosi e terroristi si sono costantemente disinteressati di me e della mia Fiat Tipo, di colore blu per suggerimento di Migliarini («Fa più governativo, capisci Slucca»), anche se io l'avrei preferita rosso metallizzato. Già da qualche annetto ho una Croma TD, blu anche quella, che guido personalmente, col risultato che quando arrivo a destinazione i vigili urbani del luogo mi scambiano una volta su due per l'autista di me stesso, mettono la testa dentro e chiedono, dov'è l'onorevole? Così sono partito l'altro giorno diretto al Leonardo da Vinci, dovevo prendere il volo per Pescara delle 19,20. Una brutta ora, traffico del tipo lento ma scorrevole, nel senso che vai ai 30 per un chilometro, alt per tre minuti, ripartenza a 20 all'ora, e così daccapo. Ovvia¬ mente l'avevo previsto, mi ero mosso con largo anticipo, tenendo conto anche del servizio meteo che annunciava perturbazioni a carattere temporalesco sull'Italia centrale, Roma inclusa. E da Roma ero appena fuori quando comincia a piovere e il traffico passa dal lento al centimetrico e infine al catatonico. Resto piantato lì sulla corsia di sorpasso (sì, dei lombrichi!) a guardare attraverso il parabrezza la Renault Champagne che mi precede, inondata d'acqua come la mia. Alla mia destra, altri lombrichi con fanalini accesi, il motore al minimo, immobili. La nostra posizione è chiarissima: siamo bloccati. Aspetto per un po' pazientemente, se c'è una cosa che impari in politica è la pausa di riflessione. Non guardo l'ora per un po', poi la guardo. Siamo fermi da dieci minuti. Comincio a riflettere che qui mi perdo il mio volo, mi perdo «Misticismo carnale e carnalità mistica», lettura di poesie dannunziane messa in scena dalle novizie di un convento in un paesetto sui monti d'Abruzzo. Devono venirmi a prendere a Pescara e portarmi su loro, le novizie attaccano alle 21 precise. Avvisarli che magari non arrivo? Non è ancora detto, non drammatizziamo. Mi concedo un'altra pausa di riflessione e dopo altri dieci minuti la coda si muove. Facciamo meno di cento metri e siamo di nuovo al marmo. Vedo la statua che mi affianca sulla corsia di destra parlare al telefonino, prendo su e chiamo Migliarini. Niente, il suo telefonino non risponde e del resto cosa potrebbe dirmi? Di fermarmi in una piazzola di sosta che lui mi manda un elicottero, due motociclisti a aprirmi la strada? Fantasie Slucca, sogni politicamente morbosi. L'immagine cade di nuovo Sono le 18,20, un'ora al decollo, ma andando avanti così mi cadrà un'altra volta l'immagine, questo è sicuro. Le code in auto sono fatte per chi ha il gusto del gioco d'azzardo e io non l'ho mai avuto. La colonna alla mia destra si muove e io subito mi strappo i capelli (quei pochi), ecco, dovevo puntare su quella corsia lì, ho sbagliato tutto, sono uno stronzo perduto; poi si muove la mia e io passo all'esaltazione, al trionfo, che intuizione geniale, eh perfetta scelta strategica, Slucca sei un vincente. E poi di nuovo perdente, e di nuovo vincente sotto la maledetta pioggia, rosso e nero, alti e bassi da schiantare il sistema nervoso, per non parlare della frizione della mia Croma TD del '92. Mi sembra di sentire un lamento di sirena in arrivo, tiro giù il vetro ed è proprio una sirena, no, due sirene, tre o quattro sirene che cercano di aprirsi un varco tra le nostre due colonne inchiodate. Emergenza! Emergenza! Mi vengono a liberare? Non sei Ulisse, Slucca, le sirene non suonano per te. Mi sposto il più possibile sulla sinistra (più a sinistra, Slucca, dobbiamo posizionarci più a sinistra!, tempestava Migliarini quando stavamo alla destra del centro o forse al centro della destra), e così fanno faticosamente tutti sulla mia corsia, mentre le macchine dell'altra colonna si posizionano a destra (più a destra, Slucca, più a destra! quando eravamo a sinistra del centro o al centro della sinistra, santa divinità dell'oblio). Uno spiraglio nel diluvio Molto lentamente lo spiraglio si forma e vedo passare questi assordanti, minacciosi stupratori, un'Alfa della polizia stradale, un carro attrezzi, una seconda Alfa, due ambulanze. Uscire sotto il diluvio sventolando il tesserino, pretendere la massima collaborazione, accodarsi, questo vorrebbe che facessi Migliarini. Grinta, Slucca, è la grinta che bisogna tirar fuori in certe occasioni. Io non ho niente da tirar fuori, rialzo il vetro e mi dico, però menomale, è un incidente. Sì, dico proprio così: menomale. E non me ne vergogno. La mia posizione sugli incidenti, come ho poi vanamente cercato di spiegare a Migliarini, è chiarissima. Carlo Frutterò Franco Lucentini (1, continua) V«inauguratore» in viaggio per assistere a una lettura di poesie dannunziane organizzata dalle novizie di un convento Verso l'aeroporto, sempre sulla corsia sbagliata dell'ingorgo: una «pausa di riflessione» che schianta il sistema nervoso i uza misere. uito fe «L'onorevole Migliarini è un amico, un vecchio compagno di liceo (che per questo continua a chiamarmi col cognome), e una vera volpe politica, cui devo tutto» Franco Lucentini e Carlo Frutterò