I soldati bambini del despota fallito

I soldati bambini del despota fallito ANALISI I soldati bambini del despota fallito PER avere la certezza che Kabila cadrà è inutile misurare i chilometri della marcia dei ribelli verso la capitale. Inutile declinare le ragioni della geopolitica e del grande business che hanno già archiviato l'inaffidabile ex rivoluzionario che credeva di essere diventato dittatore. Basta leggere una denuncia: quella dell'Unicef che ha rivelato come il successore di Mobutu stia arruolando in gran fretta bambini per ispessire le traballanti difese. Eccola l'eterna abitudine dei tiranni: quando il cerchio attorno a loro si stringe e sentono intisichire il fiato del loro dispostismo, spalancano le porte delle caserme agli adolescenti. Nel Terzo Mondo, impegnato nelle sue autarchiche apocalissi, nessuno, certo, ha tempo di preoccuparsi di imbarazzanti precedenti: quella foto di Hitler, per esempio, che esce tra le rovine di Berlino per accarezzare reclute imberbi, gli ultimi disposti a credere a un destino che doveva essere millenario. Un segnale di disfatta, un preannuncio di morte. Guerrieri bambini, con un fucile più grande di loro, pateticamente grotteschi. Eppure in questi tribali e ladroneschi macelli sono soldati migliori dei «grandi»: perché quale adulto sarà mai più obbediente, quale adulto accetterà di farsi plasmare totalmente da una finta ideologia, quale adulto sarà più crudele? Reclutarli è facile nella miseria da cavernicoli, tra gente cresciuta tra indelebili disgrazie. La tragedia africana è piena di questi eserciti invisibili, fatti da adolescenti che non hanno potuto divincolarsi dal loro destino. In Mozambico li rapivano nei villaggi, li addestravano a odiare, li drogavano e poi li gettavano in battaglia. In Uganda gli «olum», i ribelli, portano sulle bandiera la scritta «Esercito di resistenza del Signore». Ma non hanno certo pietà quando rastrellano la gioventù dei villaggi (ottomila ragazzi tra gli otto e i sedici anni ha calcolato l'Unicef). Aboga, lo stregone del capo dei ribelli JoKony, popola l'angoscia Un giovane solI stragi I seph ato di Kabila delle loro notti di voci misteriose: «antenati», dice, che chiedono di imparare a uccidere. E poi ci sono i giovanissimi apostoli della apocalisse liberiana; e quelli della infinita tragedia angolana; i khmer rossi, adolescenti irriducibili amministratori di un olocausto, gli iraniani che Khomeini lanciava sulle mine di Saddam per un troppo precoce martirio. Laurent Kabila li conosce bene questi bambini. Quando era lui ad avanzare verso Kinshasa organizzava ogni tanto una ispezione nella loro caserma a GÒma, facendosi accompagnare dalle telecamere delle tv di tutto il mondo. Con il panama ben calcato in testa, la camiciola alla Mao che era la sua unica identità rivoluzionaria, pacioso come uno zio, passava in rassegna reclute giovanissime. Lo accoglievano un mormorio sordo e confuso e un inchinarsi come di canne al vento: benvenuto presidente, gridavano i bambini infagottati in mimetiche nuovissime. E cominciavano a danzare, sguazzando a disagio negli stivali di gomma che imprigionavano i piedi. In prima linea quei bambini allora non andavano, contro i soldati di Mobutu servivano i collaudati professionisti ruandesi. E tutti facevano finta di non sapere che proprio quei bambini, orfani della guerra, erano le uniche reclute zairesi impegnate contro Mobutu. Già in quella festa guerriera si respirava la grigia ruminazione di menzogne, un sentore di marciume, di uno spazio interamente invaso di putredine. Anche se c'era chi plaudiva al nuovo padrone. Kabila sa che quei piccoli guerrieri non serviranno: l'esercito tutsi è fanatico e affilato come una spada; lo conosce bene visto che gli deve il potere. Soprattutto sa che la corruzione, il disordine, il nepotismo tribale, la violenza sono rimasti gli stessi di quando regnava il suo grottesco predecessore. Davvero troppi nemici per i piccoli soldati in stivali di gomma. Domenico Qulrico Un giovane soldato di Kabila

Persone citate: Domenico Qulrico, Hitler, Kabila, Khomeini, Laurent Kabila, Mao

Luoghi citati: Berlino, Kinshasa