L'ombra di Lombardini in altri sequestri

L'ombra di Lombardini in altri sequestri Cagliari, nuovo giallo sul riscatto Melis, l'editore Grauso: ho pagato io altre due rate L'ombra di Lombardini in altri sequestri Dagli appunti un ruolo nelle trattative CAGLIARI DAL NOSTRO INVIATO S'infittiscono i misteri del caso-Melis. Anche perché i protagonisti sembrano nascondere ancora molte notizie riservate. Tito Melis, ad esempio, ieri ha annunciato: «Parlerò al momento dovuto. E dirò tutto. Dirò tutta la verità. Adesso dovrei dire mezze ammissioni e mezze smentite. Perché certe cose possono essere dette, altre no». E così dicendo il papà della giovane Silvia non fa altro che annunciare rivelazioni prossime venture. Ma anche l'editore Nichi Grauso ha qualcosa in serbo: «Ho pagato altre rate ai rapitori. Un miliardo dopo la liberazione di Silvia, trecentocinquanta milioni qualche mese fa. Nel complesso, ho sborsato milleseicentocinquanta milioni. Più il miliardo di Melis». Sbalorditivo. O forse no. Forse in questa ingarbugliatissima storia le rivelazioni definitive devono ancora arrivare. Interpellato, Grauso aggiunge anche: «Melis sa tutto. Lui era contrario a pagare le altre rate. Ma io ci tengo alla vita. Non si può vivere con l'incubo di una pallottola nella testa». Da notare che Melis è invece talmente convinto che sua figlia Silvia si sia liberata da sola, che rifiuta l'idea di qualsiasi riscatto e anzi vuole indietro il suo miliardo. E' infatti Melis il principale accusatore di Grauso e di Piras. I quali, giuridicamente parlando, dopo le accuse di Melis, da «emissari» sono diventati «estorsori». E la loro situazione, come quella del giudice Lombardini, che secondo la pubblica accusa era in qualche maniera coinvolto nelle trat■faiivè, "è diventata assai più grave. Non c'è da stupirsi, quindi, fie-Grauso lancia qualche velenosa frecciata contro papà Melis. «Ma che vuole? In fondo, del suo miliardo, ha già recuperato quattrocento o cinquecento milioni grazie alle interviste televisive. E sono stato io a procurargliele». Ma ormai il caso-Melis dovrebbe chiamarsi caso-Lombardini. Perché sempre più, nonostante le disperate affermazioni di innocenza e di estraneità del giudice cagliaritano, le due storie viaggiano su binari paralleli. Viene dato per normale che due distinte procure indaghino: Cagliari sulla banda dei sequestratori, Palermo sugli sviluppi legati ai mediatori (poi accusati di essere estorsori), tra cui la pubblica accusa annoverava Lombardini. Il giudice, come si sa, non ha tétto alla gravità dell'accusa. In fondo lo aveva anche annunciato. Il direttore del quotidiano di Grauso, «L'Unione sarda», ieri rivelava ai suoi lettori: «Avevo cominciato a frequentare Lombardini. Mi confidò: "Se mi accorgo del peggio, mi ammazzo da solo. Vogliono farmi qualche scher-' zo, cercheranno di ordinare una sorta di messa in scena che possa portarmi alla sospensione dalle funzioni. Oppure, non lo escludo, addirittura all'arresto"». Ma anche adesso che Lombardini ha messo in atto il suo proposito di morte, il pool palermitano è tenuto a scandagliare la vicenda. Comprese la vita privata del giudice, le sue amicizie, le sue donne. Sareb¬ bero addirittura cinque le donne che i magistrati guidati da Giancarlo Caselli vogliono ascoltare. Quattro erano fidanzate o ex fidanzate di Lombardini. Avrebberomesso a disposizione dell'amico, timoroso di intercettazioni fino alla paranoia, le loro utenz^telefbriiche. Una sarebbe amica dell'avvocato Luigi Garau, un altro protagonista di questa vicenda. Un ruolo di primissimo piano, quello di Garau: era il legale e l'amico di Tito Melis, ha seguito tutte le fasi del sequestro, cercando contatti con i mediatori e battendo i bar della Barbagia, ha segnato ogni sua mossa. Nel suo diario - sequestrato - ha scritto anche di una donna misteriosa che avrebbe partecipato al famoso incontro notturno all'aeroporto di Cagliari. Incontro che Melis ha raccontato ai giudici per esteso, chiamando in cau¬ sa Lombardini. Che un altro protagonista di questa intricata vicenda, l'avvocato Piras, altro mediatore individuato da Melis, conferma. E che nemmagtp gli amiyi-diìombardini si sentono più di escludere. Non Nichi Grauso. Non il procuratore generale di. Cagliari, Francesco tfmiléi' «m& se lo fece - dice l'alto magistrato, amicissimo di Lombardini - fu solo per spirito umanitario. E se non me ne parlava, era per riguardo alla mia funzione». Non il magistrato di Cassazione Enrico Altieri: «Interveniva nei sequestri, inutile negarlo. Ma lo faceva su sollecitazioni esterne e senza interesse personale. A me, però, che disapprovavo, non raccontava niente». Lo strano «interventismo» di Lombardini, dunque, al di fuori delle regole e della legge, non lo nega più nessuno. Ovviamente andava valutato nel suo giusto peso. E questo era il compito della Procura di Palermo. La quale Procura, nonostante le polemiche, nonostante le accuse, nonostante la stessa B^orte di Lombardini, ètenuta a procedere. Oggi verranno spedite le bobine e la reJariva trascrizione del fatidico, interrogatorio al Consigliò superiore della magistratura. Una copia di tutto è inviata all'attenzione anche del ministro Guardasigilli, Giovanni Maria Flick. Assieme alle bobine, messo a punto dopo un lungo vertice di magistrati, presente anche il questore di Palermo Antonio Manganelli (dalla lunghissima e prestigiosa esperienza investigativa), partirà un dossier riepilogativo. E sarà un po' la summa di questa indagine. Ci finirà dentro la prima scrematura degli appunti di Lombardini, sei casse e un computer sequestrati nella notte del sui¬ cidio. Secondo indiscrezioni, negli appunti del magistrato ci sono le tracce di un interessamento al sequestro di Miria Furlanetto. Un rapimento che ridale al maggio 1993, in cui Lombardini teoricamente non doveva entrare ma che invece lo vide silenzioso protagonista. Gli stèsisi famigliari-della Furlanetto confermano. E' da capire meglio se negli appunti ci sono riferimenti anche al riscatto oppure no. Per la cronaca, la signora fu liberata dopo 120 giorni di durissima prigionia e solo grazie al pagamento di alcuni miliardi. Il tutto (bobine, trascrizioni, relazione) finirà nel fascicolo che il Csm aveva già aperto sul conto di Lombardini. Fascicolo voluminoso, pieno zeppo di accuse. Alcune serie, altre no. Anche il caso-Furlanetto era noto al Consiglio. Francesco Grignetti TITO MELIS «Con l'aiuto di alcuni amici ho messo insieme un miliardo che ho poi consegnato all'avvocato Piras. Non ho mai consegnato un secondo miliardo, anche perché non esistono altre tranches del riscatto. Quando seppi che Silvia si era liberata feci in modo di bloccare immediatamente i soldi». ANTONIO PIRAS «Ho conservato a casa mia per cinque mesi il miliardo di Melis. |- Poi lo consegnai a Grauso, che in cambio mi diede un assegno, che io consegnai a Tito Melis. Poi non ho più seguito direttamente la vicenda. Il secondo miliardo di cui si parla è sempre lo stesso. Quando Grauso mi disse di aver consegnato altri 400 milioni io ero incredulo». TRE VOCI PER UN RISCATTO

Luoghi citati: Cagliari, Palermo