«Quel maledetto me l'ha strappata» di Ezio Mascarino

«Quel maledetto me l'ha strappata» «Quel maledetto me l'ha strappata» «Avrei dovuto avvicinarmi, l'avrei potuta abbracciare per l'ultima volta, chissà, forse era ancora viva. Maledetto quel ragazzo, lo dovevo cacciare fuori di casa, prendendolo a calci». La mamma di Valeria piange e urla il suo dolore tra le braccia dei parenti. Sono le 10. Fino a pochi attimi prima non sapeva che cosa fosse accaduto. Non sapeva ancora che Valeria era stata uccisa, aggredita e accoltellata, poi gettata giù da un'auto presa a nolo, in mezzo alla strada, nel traffico. Il cronista le aveva detto che c'è stato un incidente, un brutto incidente d'auto, in piazza Omero. Lei aveva però capito: «Sono passata in quella piazza, mi hanno detto che avevano ucciso una ragazza. Allora è la mia Valeria. Mi dica la verità, la mia bambina è morta, lo sento, è stata uccisa». L'alloggio al quinto piano di via Paolo Gaidano, quartiere Mirafiori, è nella penombra, le tapparelle sono ancora abbassate. «Valeria è uscita alle 7,40, come tutte le mattine, per andare al lavoro. Io dopo pochi minuti. Dovevo accompagnare dal medico l'altro mio figlio, per una visita di controllo». Si siede accanto al tavolo, alle sue spalle c'è il cucinino. «Valeria ed io dovevamo incontrarci alla fermata del 55. Passa sotto casa e fa fermata due isolati più avanti. Quando sono arrivata lei non c'era. In piazza Omero ho visto tanta gente. Tutti vicini e attorno al posteggio dei taxi, sotto gli alberi della rotonda, all'angolo con corso Orbassano. C'erano carabinieri, polizia, vigili, anche un'ambulanza». Si copro il volto con le mani: «Ero di fretta, ma mi sono avvicinata e ho chiesto che cosa fosse accaduto. Mi hanno detto che era morta una ragazza. L'avevano uccisa. C'era tanta confusione, chi diceva che era stata colpita a coltellate, chi con un colpo di pistola. Una brutta storia. E io me ne sono andata via. Adesso scopro che quella ragazza a terra, coperta da un lenzuolo bianco, era mia figlia, la mia Valeria. Avrei dovuto avvicinarmi, forse avrei potuto abbracciarla per l'ultima volta». Squilla il telefono. E' una collega dell'ufficio dove Valeria lavorava. Risponde la mamma: «No, Valeria non è in casa. No, Valeria oggi non verrà al lavoro... Non verrà più...». Alla Gf Italia, una finanziaria con sede in via Alassio, ricordano la ragazza con commozione: «Era stata assunta quasi due anni fa, contratto di apprendistato. Il suo contratto sarebbe scaduto a settembre. Discreta, sempre precisa. Per questo questa mattina ci siamo stupiti del suo ritardo. Non era mai accaduto». Ancora una collega di lavoro, Livia: «Valeria era una brava ragazza. Non ci ha mai raccontato di un fidanzato o di uno spasimante. In ufficio non parlava della sua vita privata. A volte, quando usciva, scendeva a salutare il padre, che ha una officina meccanica-gommista, proprio qui sotto». Le saracinesche dell'officina sono abbassate, un cartello dice: «Chiuso per ferie fino al 24 agosto». Di quell'uomo parla invece ancora la mamma: «Lo avrei dovuto cacciare. C'era stato un litigio forte». Poi arrivano dei parenti. Loro sanno, sono già stati a Medicina Legale, hanno visto il corpo di Valeria martoriato dalle ferite. Mormorano, cortesi: «Per favore lasciateci stare. Perché è successo? Non possiamo sapere». Valeria aveva 21 anni. Tutto è avvenuto in una manciata di secondi: il litigio, il coltello, la fuga. Pochi passi. Lei è caduta, il volto nella polvere, i pugni chiusi e, negli occhi, il terrore di quei drammatici, ultimi, attimi di vita. Ezio Mascarino

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