La vita come una gabbia di Marinella Venegoni

La vita come una gabbia La malinconia ha distrutto un artista svagato e pieno di talento La vita come una gabbia Al NCORA oggi, improbabili bagnini d'epoca e maturi cacciatori di love stories da spiaggia tentano capigliature «alla Ferrer». Davvero quel caschetto biondo con mèches fu il marchio di Nino Ferrer, la sua immediata riconoscibilità fisica. All'epoca della sua gloria felice, nei Sessanta, lui e quelli come lui venivano segnati come «capelloni», e non sempre era un complimento; però, sotto il caschetto Nino si metteva volentieri lo smoking, e non girava mai stracciato, come invece gli emuli del beat. Lui era semplicemente un signore di buona sciccheria con i capelli alla moda. E la frangetta corta gli serviva per nascondere la timidezza ma soprattutto il corruccio dell'eterna malinconia. Perché Nino Ferrer, nato Agostino Ferrari a Genova da una famiglia nobile, era un tipo malinconico. Ed era finito spesso nelle grinfie perverse della depressione; ma il destino artistico lo aveva portato fuori dal suo temperamento, e lui era diventato famoso soprattutto per una manciata di canzoni sorridenti e tiramisù, con ima predilezione spiccata per i toni surreali: «Gaston il y a le téléphone qui sonne / et il n'y a ja- L mais personne / qui reponde...», protestava in uno dei suoi più grandi successi, «Le téléphone» (tradotto scialbamente in («A chi potrei telefonare / per trovare un po' di compagnia..»). Poi ci fu la memorabile «Agata», che «Tu mi tradisci... Agata guarda, stupisci / Com'è ridotto quest'uomo perle...»; e c'era il Re.d'Inghilterra che, in un lontano Sanremo del '68, cantava di aver fatto la guerra nientemeno che al re del Perù. Per questo intemerato repertorio, Nino Ferrer veime considerato uno dei padri del filone demenziale; ma nelle sue canzoni non c'era intenzione trasgressiva quanto, piuttosto, la bonomia scriteriata e un po' svagata di un talento nato sotto le stelle del jazz, che al fondo recuperava sempre una vena di sentimentalismo e di tristezza. Ben pochi sanno che era sua «Un anno d'amore», la magnifica canzone portata al successo da Mina nei Sessanta. Da cantautore che era, fece sfracelli in Italia con un brano invece non suo, quel «Donna Rosa» scritto nel '69 da Pippo Baudo, sigla della trasmissione «Settevoci» e se ne restò in classifica per ben 17 settimane. Piaceva ai bambini, Nino Ferrer, così apparentemente allegro e pagliaccesco. Ma piaceva agli appassionati di musica per quel suo mescolare ingredienti di varia ispirazione: con «Vorrei la pelle nera», in piena epoca rhythm'n'blues sottolineò - anche grazie al suo timbro di voce, rauco e prorompente - il desiderio di molti bianchi di avvicinarsi all'anima più nera della nuova musica che stava montando. Conobbe però stagioni anche miserrime, si rassegnò a partecipare nel '71 a Sanremo con la pallida (Amsterdam», si prestò a cantare «La campagna» («Se non ho i soldi / per la campagna...»). Fu visto l'ultima volta in Italia nell'89, ospite fisso di Red Ron- a nie alla «Rotonda sul mare». Una vita, quella di Nino Ferrer, raramente sottolineata dai clamori del pettegolezzo rosa. Gli capitò, nel '71, di diventare uno degli innamorati di successo di Brigitte Bai-dot, per la quale scrisse pure una canzone, «Le petit soleil». Appassionato di antiquariato e di auto d'epoca, raccoglieva le sue gioie nella casa in Francia, dov'era tornato a ritirarsi dopo esser fuggito dall'Italia. A lungo aveva inseguito il sogno di un repertorio che gli somigliasse. Nel '70 era arrivato a far causa alla sua casa discografica, perché non gli pubblicava un disco di canzoni nelle quali raccontava il tradimento della parola di Cristo o sfotteva la fratellanza chiamata in causa invano nell'Inno di Mameli. Raccontò poi: «Ci tenevo veramente, i testi parlavano dei problemi di quel tempo, ma la censura fu inflessibile. Vinsi la causa e però non servì a nulla... Tornai in Francia per uscire da una gabbia». Ora, giusto alla vigilia dei 64 anni, questa gabbia che aveva dentro il cuore è tornata a rinchiudersi. Addio, Nino. Marinella Venegoni