La pace tra ebrei e banche svizzere di Franco Pantarelli

La pace tra ebrei e banche svizzere L'accordo per il risarcimento del «tesoro dell'Olocausto» dopo 3 anni di negoziati é ritorsioni La pace tra ebrei e banche svizzere «Ora tocca alla Germania e alle assicurazioni» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Molta soddisfazione, alcune perplessità e qualche aperta opposizione: queste le reazioni suscitate dall'accordo fra le banche svizzere e gli ebrei sopravvissuti allo sterminio nazista raggiunto mercoledì sera, ora americana. In base all'intesa l'Ubs e il Crédit Suisse pagheranno un miliardo e 250 milioni di dollari a coloro che all'epoca delle deportazioni depositarono i loro averi nelle casse di quelle due banche sperando di rientrarne in possesso poi, a guerra finita. Pochi di loro, come si sa, hanno avuto la fortuna di scampare alla «soluzione finale». Ma quanto a rientrare in possesso dei loro averi, niente da fare, come per gli eredi. Non c'era documentazione sufficiente, dicevano le banche svizzere. Tre anni fa la questione è stata riaperta. La rivelazione dell'esistenza di quei «conti dormienti», nonché la possibile complicità della Banca nazionale svizzera e del governo elvetico con i due istituti, hanno gettato una luce sinistra su tutta la faccenda, alimentata poi dalla scoperta che si era cercato di far sparire, mandandoli al macero, proprio i documenti relativi a quei fondi che le banche dicevano di non possedere più. A salvarli fu una guardia notturna di uno dei due istituti, Christoph Meili, che per il suo gesto fu licenziato e ricevette minacce di morte. Scappò negli Stati Uniti e ora vive nel New Jersey. Mercoledì sera, fuori del tribunale di Brooklyn dove la trattativa si è svolta, c'era anche lui a celebrare l'intesa raggiunta, a braccetto con Alphonse D'Amato, il senatore repubblicano di New York che sarà pure chiacchieratissimo per la disinvoltura con cui raccoglie i fondi per le campagne elettorali ma che in questo caso si è comportato con estrema decisione. La trattativa, infatti, sembrava destinata a trascinarsi all'infinito. Il governo americano appoggiava le rivendicazioni dei sopravvissuti dell'Olocausto ma la sua voglia di «premere» sugli svizzeri non era proprio travolgente. Alcuni mesi fa D'Amato decide che deve pensarci il «suo» Stato, New York, ad agire, e convince il governatore George Pataki, una sua creatura po- litica, a minacciare il bando di Ubs e Crédit Suisse dal mercato finanziario newyorkese. All'iniziativa si associa subito la California, poi altri Stati, e ad un certo punto le due banche si trovano di fronte alla minaccia ultimativa: se non fate un accordo decente, dal primo settembre non potrete più lavorare. L'altro ieri, ecco l'impegno delle due banche di pagare entro tre anni un miliardo e 250 milioni di dollari, 2200 miliardi di lire, in cambio della fine di ogni contenzioso, compreso quello di coinvolgere nella faccenda la Banca nazionale e il governo del loro Paese. E' questo il punto che ha suscitato qualche perplessità in alcune delle organizzazioni ebraiche, compresa la World Jewish Restitution Organization, sponsorizzata direttamente dal governo israeliano. Malgrado il primo ministro Benyamin Netanyahu si sia detto soddisfatto dell'accordo raggiunto, la Wjro ha fatto sapere di volere «andare avanti» nei confronti del governo svizzero. Dall'altra parte le perplessità riguardano soprattutto l'entità della somma, risultata più del doppio di quanto si era inizialmente offerto (600 milioni di dollari). Ma rimane un accordo conveniente, dicono a Wall Street. L'Ubs e il Crédit Suisse hanno in programma varie acquisizioni sul mercato americano e non potevano permettersi di esserne sbattute fuori. Anche molte società svizzere con interessi in America lo hanno capito, tanto che hanno deciso di contribuire al pagamento, con l'eccezione della Swatch, la quale ha annunciato che non sborserà un franco perche decisamente contraria all'accordo. Ora tocca ai tedeschi, dicono i legali delle comunità ebraiche, riferendosi al contenzioso con la Deutsche Bank e la Dresdner Bank; e tocca anche alle grandi compagnie di assicurazione internazionali. Le due situazioni sono diverse, ribattono quelle, e l'accordo di Brooklyn non può costituire un precedente. Franco Pantarelli Anche il premier israeliano Netanyahu giudica l'intesa soddisfacente Il caveau di una banca svizzera e a sinistra il senatore americano Alphonse D'Amato

Persone citate: Alphonse D'amato, Benyamin Netanyahu, Christoph Meili, D'amato, George Pataki, Netanyahu

Luoghi citati: America, California, Germania, New Jersey, New York, Stati Uniti