Mancino: stop alle polemiche sulla Giustizia di Daniela Daniele

Mancino: stop alle polemiche sulla Giustizia Appello del presidente del Senato. Forza Italia plaude, per An «non serve qualche ora di silenzio» Mancino: stop alle polemiche sulla Giustizia «Le tifoserie prò e contro i magistrati sconcertano i cittadini» ROMA. L'appello del presidente del Senato, Nicola Mancino, a far scendere la marea delle polemiche sembra quello dell'ignoto funzionario della Pretura di Cagliari che, durante le esequie del giudice Lombardini, è uscito sul sagrato della chiesa e a quanti facevano rumore ha gridato: «State zitti, là dentro c'è un funerale». E ha avuto, più o meno, lo stesso esito: qualcuno gli ha dato ragione e ha fatto silenzio, qualcun altro ha continuato a borbottare. Altri non l'hanno degnato d'ascolto. «Vorrei chiedere alle forze politiche - ha detto Mancino - di sospendere per qualche ora la polemica e di dedicare questo tempo alla riflessione». Poi ha riconosciuto che «con il clima che abbiamo creato nel rapporto politica - magistratura, è diventato molto difficile porre il cittadino in grado di comprendere se un'indagine giudiziaria sia ancora obiettiva e serena». Nel suo intervento a favore di un armistizio, Mancino, parlando della magistratura, non ha rinunciato a dare però una lieve soffiata sul fuoco: «Non nego che, talvolta, ci sia qualche accanimento in più, e di questo devono farsi carico i singoli magistrati, il ministro Guardasigilli, il procuratore generale e il Consiglio superiore della magistratura». E ha suggerito la ricerca della terza via, critico sia con chi «maldestramente aggredisce» sia con chi «arrogantemente reagisce», con il risultato di dividere il Paese «in tifoserie prò e contro i magistrati». Coro di consensi da Forza Italia e di inchini all'equilibrio dimostrato dal presidente. Non senza molti «se» e tanti «ma». Alfredo Biondi, vicepresidente della Camera, è pronto a firmare la tregua, «purché tutti depongano le armi». «Parole molto equilibrate e molto opportune», quelle di Mancino secondo il presidente dei senatori azzurri, Enrico La Loggia. D'accordo anche il coordinatore di Fi, Claudio Scajola, che considera il discorso di Mancino «un appello al senso di responsabilità», ma non rinuncia a lanciare altre frecciate: «Senso di responsabilità che sembra essere mancato nelle ultime, supponenti, dichiarazioni del presidente Prodi e del suo amico di cordata, Antonio Di Pietro». Ignora del tutto l'appello, invece, l'eurodeputato Ernesto Caccavale e continua nella «carica» contro il giudice Caselli che, secondo lui, «farebbe bene a decidere di sospendersi dalla sua seconda attività, la prima essendo, com'è noto, quella di instancabile presenzialista». Niente al confronto di quanto ipotizza Maurizio Gasparri nel sollecitare l'immediato invio al Consiglio superiore della magistratura della registrazione fatte durante l'interrogatorio del giudice Lombardini, «perché c'è il rischio che possa essere manipolata dalla Procura di Palermo». Ma in seno ad An, tra chi assolve l'ex magistrato suicida (Gianni Alemanno) e chi invita a non dare assoluzioni preventive (Ignazio La Russa e Giulio Maceratimi, la posizione ufficiale, come ricorda il portavoce Urso, è quella di Mantovano che consiglia a tutti di evitare l'uso strumentale di quanto accaduto. Tuttavia è lo stesso Adolfo Urso a rispondere a Mancino: «Non serve qualche ora di silenzio, ma qualche settimana o qualche mese di confronto politico franco, senza ambiguità o infingimenti» e non perde occasione di portar l'acqua al mulino domestico: «Le parole del presidente dimostrano che esiste anche un'emergenza giustizia e che questa rende difficile e forse impossibile un dialogo tra i due poli per varare le riforme necessarie a completare la democrazia dell'alternanza». E se da Mastella (Udr) a Casini (Ccd), da Cento (Verdi) a Lusetti (Ppi) c'è un sostanziale riconoscimento della necessità di lasciar sedimentare polemiche e passioni per riprendere, in se¬ guito, il dialogo sulla giustizia, c'è chi non ritiene di dover aspettare. Filippo Mancuso, di Forza Italia, definisce Lombardini «l'ennesima vittima della magistratura deviata che imperversa, ormai da sei anni, contro la libertà dei cittadini». Diego Novelli, della Sinistra democratica, attacca: «La magistratura italiana è la vera responsabile della tragedia di Cagliari». E accusa l'alone di intoccabilità delle toghe che avrebbe permesso al giudice Lombardini, «che poteva magari fare Tom Ponzi piuttosto che il magistrato», di essersi disegnato «un codice penale personale». Daniela Daniele

Luoghi citati: Cagliari, Roma