Lombardini, una donna sa la verità di Francesco Grignetti

Lombardini, una donna sa la verità C'è una testimone dell'incontro all'aeroporto tra Melis e il giudice suicida. Lombardini, una donna sa la verità Al funerale ilfratello accusa: lo hanno infangato CAGLIARI DAL NOSTRO INVIATO E' il giorno dell'ira, ma anche del dolore e delle condoglianze per gli amici e i parenti del giudice suicida, Luigi Lombardini. Alle undici del mattino, la cattedrale di Cagliari è già piena di divise e di grisaglie. E di lacrime. Piangono molti dipendenti di Lombardini. Chi aveva lavorato con lui. Colleghi di tempi passati, quando Lombardini combatteva a brutto muso contro l'Anonima. Non c'è invece nessun magistrato della Procura, come chiesto espressamente dalla famiglia. Ormai i «nemici» di Lombardini erano annidati lì, nei corridoi del palazzo di giustizia, più che sui monti della Barbagia. E così si capisce meglio anche lo sfogo di Carlo Lombardini, il fratello del magistrato morto: «Era un uomo integerrimo che adesso coprono di fango. Le devono dimostrare queste accuse! Mi devono dimostrare, senza ombra di dubbio, che aveva intascato una sola lira. E allora io mi complimenterò con loro e chiederò di andare in galera al posto di mio fratello. Altrimenti abbiano il coraggio umano di chiedere scusa e di dire "abbiamo sbagliato". Li perdonerò. La mia famiglia li perdonerà. Se però non lo faranno, io li inseguirò a gridare che sono dei vermi!». E sul sagrato della chiesa, con il giudice chiuso nella sua bara, e la funzione religiosa in corso, parte una sorta di controprocesso. Arriva l'avvocato Luigi Concas, che difendeva il magistrato, e polemizza: «Tito Melis dice che avrebbe dato un miliardo all'anonimo interlocutore, nella notte dell'8 novembre? E' una storia totalmente nuova, mai contestata a Lombardini». Nichi Grauso riparte su Luciano Violante: «Confermo tutte le accuse di ieri e le dimostrerò». Passa il procuratore generale di Cagliari, Francesco Pintus, ed esplode: «A Cagliari tutti conoscevano Lombardini, ora conoscono Caselli!». Passa in lacrime anche l'avvocato Luigi Garau, che era l'amico più fidato di Melis e che oggi se ne allontana: «In quelle agende usavo nomi di fantasia. Non è vero che la dicitura "avvocato civilista" vuole dire Lombardini. A un certo punto scrivevo anche: "Melis vuole la restituzione del miliardo da Piras e Lombardini - Grauso è stato messo in mezzo - Tito, attento alla calunnia!". Ma questi sono appunti coperti da segreto professionale e che posso decifrare solo io con un codice». In chiesa, intanto, il parroco Ottavio Utzeri, che era un antico amico di Lombardini, lancia un'invettiva di sapore biblico: «Come tacere il disagio che noi tutti proviamo? Nessuno può essere condannato dagli uomini senza prove. Noi tutti sappiamo che le condanne che fanno più male non sono quelle scritte nelle aule di giustizia, ma quelle basate su insinuazioni e sulle omissioni. Ogni uomo va rispettato fino in fondo». Sono parole che la gente in chiesa quasi si aspettava. I famigliari ondeggiano. Gli uomini con le divise di carabiniere, di finanziere, di poliziotto sembrano stringere le mascelle. I pochissimi magistrati presenti non trattengono le lacrime. C'è Angelo Porcu, costretto su una sedia a rotelle da una malattia, a lungo giudice istruttore, oggi presidente del tribunale di sorveglianza: «Hanno abbattuto una quercia - piange senza riuscire a trattenersi - era un uomo che tutti i sardi dovrebbero ricordarsi. Quando ero alla procura generale, ho rivisto tutti i suoi processi. Da togliersi il cappello. Era vittima di grandi invidie. Ed era molto provato. Andava da una psicoanalista che mi aveva consigliato. Però a me disse che non prendeva psicofarmaci. Perché s'è suicidato? Non so. Non penso per via dell'interrogatorio. Era un uomo che conosceva bene quei metodi. Li usava lui stesso. No, penso piuttosto all'onta della perquisizione davanti al personale. Non ha retto alla vergogna». Esce Francesco Pintus, che è uomo di sinistra, ma garantista a tutto tondo: «Mi comunicano che Caselli avrebbe aperto un procedimento penale contro di me. Bene. Avrò modo di dire tutto quello che so da imputato». E cosa dirà? «Quello che ho già detto all'inaugurazione dell'anno giudiziario. E cioè che questa legge sul blocco dei beni non solo è inutile, ma controproducente. Se viene elusa, funziona. Se viene applicata, non funziona. E guai al prossimo sequestrato!». In che senso, saranno guai? «Nel senso che non troveranno nessuno che vorrà dargli una mano. E le forze dell'ordine non sono in grado di liberare gli ostaggi». La gente gli si fa intorno. Lo riconoscono. Pintus è l'alto magistrato che ha pubblicato un toccante necrologio: «Francesco Pintus, Sandro Norfo, Pina Geremia e Lucina Serra si impegnano come magistrati a proseguire per la strada della dedizione e della totale disponibilità alla causa della giustizia che egli ha indicato lungo tutto l'arco della sua vita». Non male, come riconoscimento postumo, per un magistrato che fino a due giorni fa, quando ha troncato la sua vita con un colpo di pistola, si trovava sotto inchiesta con l'accusa infamante di concorso in estorsione. D'altra parte, Lombardini sembra essere un concentrato di contraddizioni. A fine funzione, tanto per fare un esempio, esce il nipote di Lombardini e legge un vecchio biglietto autografo del giudice: «E' difficile capire. Difficile farsi capire. Difficile essere capiti». Lombardini, insomma, era allo stesso tempo un giudice-sceriffo e un giudice-filosofo. Uno strano individuo mosso da incontenibile passione per il suo lavoro sul cui conto procedeva adesso, con tutte le sue asprezze, il codice penale. E l'inchiesta condotta dai magistrati di Palermo si appresta a scandagliare anche i suoi rapporti affettivi. Ci sono tre donne, tre amiche del giudice, una delle quali - secondo le ricostruzioni dell'accusa avrebbe accompagnato il magistrato durante il famoso incontro notturno con Melis, che verranno interrogate dal pool palermitano. Avrebbero messo a disposizione del giudice, quantomai guardingo, le loro utenze telefoniche e i cellulari. E saranno nuove prevedibili scontate polemiche sulla giustizia che non sa rispettare gli affetti di un morto. Francesco Grignetti Nessun collega alle esequie Così aveva chiesto la famiglia

Luoghi citati: Cagliari, Palermo