L'anti-Nobel dei matematici

L'anti-Nobel dei matematici L'ambitissimo premio sarà assegnato a Berlino tra il 18 e il 27 agosto L'anti-Nobel dei matematici E'la medaglia Fields: pochi soldi, tanta gloria ~7n1 I tiene a Berli lino, dal 18 al % 27 agosto, un il avvenimento UÀ eccezionale per i matematici: il Congresso Internazionale che, nella tradizione olimpica, riunisce una volta ogni quattro anni i migliori specialisti e ne sceglie quattro a cui assegnare l'onorificenza più ambita, un vero e proprio analogo del Premio Nobel, che non esiste per la matematica. Quando Alfred Nobel decise di finanziare i premi che oggi portano il suo nome, egli stabilì infatti che venissero dati per la letteratura, la fisica, la clumica, la medicina e la pace. Nel 1968 la Banca di Svezia, in occasione del suo terzo centenario, affiancò ai precedenti un premio per l'economia. La matematica invece, benché sia la regina delle scienze, è la Cenerentola del Premio Nobel e non è mai stata inserita nel novero delle materie premiate. Per capirne il motivo dobbiamo, come spesso accade, chercher la ferrane. La leggenda vuole infatti che Nobel, benché inventore della dinamite, non fosse poi così esplosivo in camera da letto. Il risultato, ovvio, fu che la moglie finì per cercarsi un amante e lo trovò nella persona del matematico svedese Mittag-Leffner. Al momento della stesura del suo testamento il povero Nobel, che evidentemente sapeva della tresca, si informò se Mittag-Leffner avrebbe potuto vincere uno dei premi che intendeva istituire. Avutane conferma egli non volle, comprensibilmente, aggiungere il danno alle beffe ed escluse la matematica dalla sua lista. Negli Anni 30, in considerazione della mancanza del Premio Nobel, l'Unione Mondiale dei Matematici decise di. istituire un suo premio apposito, da assegnare in occasione dei Congressi Internazionali. Esso si chiama Medaglia Fields, in onore di colui che la ideò, e differisce in modo essenziale dal Premio Nobel. Anzitutto, essa comporta soltanto un assegno simbolico di pochi milioni, invece di uno sostanziale di un miliardo e mezzo. Inoltre, la medaglia viene assegnata soltanto a matematici al di sotto dei quarant'anni, invece che senza limiti d'età. Le due restrizioni mostrano che la matematica è molto diversa dalle altre discipline, intellettuali e no. In un mondo che vive orgogliosamente di «professionismo», in cui cioè l'amore si vende sui marciapiedi, lo sport si pratica per gli sponsor, i programmi televisivi si producono per YAuditel, la letteratura si scrive per le classifiche, le ricerche si fanno per il mercato, e la scienza è al soldo dei finanziamenti, i matematici sono ancora modestamente dei «dilettanti» nel senso di De Coubertin, fanno il loro lavoro per il solo piacere di farlo, hanno come unico scopo il raggiungimento della conoscenza e non perseguono altri interessi economici che uno stipendio che permetta loro di sopravvivere. Come se ciò non bastasse, la restrizione anagrafica della Medaglia Fields sottolinea che la matematica è, come lo sport, un'attività per giovani alla ricerca di exploit. E la Medaglia Fields è appunto pensata più come l'omologazione di un record, un riconoscimento per un grande risultato, che come un Oscar alla carriera, come spesso accade invece per il Premio Nobel, soprattutto in letteratura. Finora sono state assegnate 38 Medaglie Fields, a partire dal 1936. A conferma della giovane età dei vincitori, tutti (meno uno) sono ancora vivi e vegeti. E a riprova del basso profilo che i matematici tengono nello sguaiato mondo della sedicente cultura contemporanea, i loro nomi sono praticamente sconosciuti al pubblico. Ad esempio, chi non ha mai udito i nomi, visto fotografie, letto interviste dei Premi Nobel italiani, da Renato Dulbecco a Rita Levi Montalcini, da Carlo Rùbbia a Dario Fo? Ma chi invece ha mai sentito nominare Enrico Bombieri, l'u- nico italiano che ha vinto (nel 1974) la Medaglia Fields, e che è professore al prestigioso Istituto di Studi Avanzati di Princeton? Naturalmente sono i matematici stessi a implorare, gaddianamente: «Per favore, lasciateci nell'ombra». La concentrazione totale che il loro lavoro richiede mal si coniuga, infatti, con le richieste del circo culturale che fa spettacolo sui media. Conferenze, dibattiti, articoli e interviste su stampa, radio e televisione aiutano la divulgazione nel caso migliore, solleticano la vanità in quello peggiore, ma sono sempre incompatibili con la dedizione assoluta necessaria all'osservazione del mondo delle idee: se li possono dunque permettere soltanto gli ultraquarantenni che, come le regole della Medaglia Fields sanciscono, hanno ormai purtroppo passato almeno l'età creativa, se non quella produttiva. In certi casi eccezionali, è comunque possibile per un matematico raggiungere risultati di livello assoluto anche dopo il fittizio limite d'età stabilito dalle regole della Medaglia Fields. E' il caso di Andrew Wiles, forse l'unico matematico che abbia mai raggiunto una notorietà da prima pagina deliVew York Times. Egli ha risolto nel 1995 il più famoso problema aperto della matematica moderna, il cosiddetto ultimo teorema di Fermat, che è semplicissimo da enunciare, ma difficilissimo da dimostrare. Nel 1637 Pierre de Fermat, che era un matematico dilettante ma geniale, si accorse che, mentre è ovvio che esistono dei quadrati che sono somme di quadrati (ad esempio 25, che è somma di 9 e 16), non sembrano invece esserci cubi che siano somme di cubi, né quarte potenze che siano somme di quarte potenze e così via. Fermat, che evidentemente risparmiava sulla carta, scrisse sul margine di un libro di aver trovato una dimostrazione di questo fatto, ma che essa era troppo lunga per l'angusto margine. Fermat fece, durante la sua vita, molte altre affermazioni senza dimostrarle, ma esse vennero tutte confermate nel corso dei secoli. Tutte, cioè, meno quella, che ac- quistò di conseguenza il sapore di una vera e propria sfida: la matematica, infatti, a differenza di altre più indisciplinate discipline, dalla filosofia alla teologia, non si accontenta di affermazioni verosimili né, tanto meno, di pronunciamenti oracolari e pretende invece enunciati veri ed umanamente verificabili. Nel caso in questione i maggiori matematici si cimentarono nell'impresa, senza successo, e il teorema di Fermat si affiancò alla famosa lista di 23 problemi per il nuovo secolo che David Hilbert propose a Parigi nel 1900, al secondo Congresso Internazionale. Come molti altri prima di lui, Wiles rimase dapprima affascinato e poi ossessionato dal problema. Egli rifiutò di accontentarsi della tranquilla e disperata routine del matematico medio(cre) e decise invece di affrontare un'impresa intellettuale titanica, che richiese sette anni di isolamento e di lavoro solitario. Alla fine ottenne quel¬ la che credette essere una dimostrazione e nel 1993 diede l'annuncio che gli fece raggiungere la notorietà. Purtroppo la supposta dimostrazione conteneva un errore, che con l'andar del tempo risultò essere irreparabile. Sembrava che la celebrità di Wiles fosse avviata ad essere quella tipica del mondo moderno, della durata di cinque minuti, ma nel 1995 egli riuscì a trovare un'altra dimostrazione, questa volta corretta: il problema era finalmente risolto e Wiles entrava nella storia. Essendo nato nel 1953, egli aveva quarant'anni al momento del primo annuncio, ma li ha superati oggi: al Congresso di Berlino non riceverà dunque nessuna delle quattro Medaglie Fields in palio. Ma è stato invitato a tenere una «lezione speciale» sul suo risultato: un onore eccezionale, se si pensa che il poter tenere una delle pochissime conferenze di un'ora viene considerato il coronamento di una carriera. Un solo italiano ha raggiunto quest'anno questo ambito traguardo: Giovanni Gallavotti, dell'Università La Sapienza di Roma. La lista dei grandi matematici del secolo, che si conclude nel nome di Wiles, era iniziata con Henri Poincaré e David Hilbert, che furono forse gli ultimi due geni universali, ancora in grado di dominare individualmente tutti i campi della matematica pura e impura (cioè applicata). Nessuno dopo di loro è più riuscito a spaziare in maniera così globale, a causa dell'esplosione produttiva che ha caratterizzato non soltanto la matematica ma l'intera scienza e che ha prodotto frammentazione e iperspecializzazione. Il simbolo incarnato di questo passaggio dalla matematica individuale classica a quella collettiva contemporanea è Nicholas Bourbaki. 133 volumi dei suoi Elementi di matematica, apparsi fra il 1939 e il 1967, sono la versione moderna dei 13 libri degli Elementi di Euclide, del 300 a. C„ che costituirono il testo classico fino all'Ottocento ed ebbero tante edizioni quante la Bibbia. Bourbaki è forse l'unico matematico della storia veramente immortale: più di Archimede, Newton e Gauss, che pure costituiscono la Matematicissima Trinità (per inciso, la Medaglia Fields reca appunto su una faccia l'effigie di Archimede). Naturalmente la vera immortalità la possiede soltanto chi non è mai nato, come appunto Bourbaki: il suo è infatti uno pseudonimo, dietro a cui si nascondeva una società semisegreta comprendente alcuni fra i maggiori matematici francesi del periodo a cavallo della seconda guerra mondiale. Il nome apparteneva ad un oscuro generale di Napoleone III, che nel 1870 si sparò un colpo alla testa per farsi ascoltare dai suoi superiori: una scelta che rivela uno spiccato senso dell'umorismo della combriccola. Ma l'approccio introdotto dal Bourbaki non era affatto una cosa da ridere: esso inaugurò una visione della matematica basata su uno studio delle sue strutture e fornì l'ispirazione a quello che si chiamò appunto lo strutturalismo francese e che annoverò esponenti ben noti, dall'antropologo Claude Lévi-Strauss allo psicologo Jean Piaget, dal filosofo Michel Foucault allo psicanalista Jacques Lacan. Anche l'appartenenza al gruppo di Bourbaki comportava un limite d'età: al compiere dei cinquantanni i membri decadevano e dovevano lasciare il loro posto a leve più giovani. Naturalmente, Bourbaki non ottenne mai una Medaglia Fields: anzi, gli fu perfino rifiutata l'iscrizione all'Unione Matematica Americana «perché non esistente», cosa che provocò una sua infuriata lettera di rimostranze. La medaglia andò invece a molti suoi membri (Jean-Pierre Serre nel 1954, Alexandre Grothendieck nel 1966, Pierre Deligne nel 1978) ma non, a causa della guerra, al mostro sacro André Weil, noto al grande pubblico più per essere fratello di Simone che per i suoi eccezionali risultati matematici. Coloro che volessero ristabilire l'equilibrio delle cose potranno affiancare, alla lettura dei Quaderni della sorella (editi da Adelphi), quella delle sue Ricordi di apprendistato (editi da Einaudi), in cui si narrano fra l'altro alcune delle vicende di Bourbaki. La Medaglia Fields sta comunque raggiungendo, sia pur lentamente, almeno una parte della notorietà che le spetta. Ad esempio, uno dei protagonisti del film Will Hunting, genio ribelle, a cui sono andati proprio quest'anno due premi Oscar, impersona appunto un immaginarie matematico del Mit, il cui lavoro è stato premiato con la medaglia. Ma non ci si illuda: a differenza di quello dei campioni sportivi, il suo nome non è conosciuto neppure nei bar di Boston, dove insegna. Ovvero, neppure nella finzione cinematografica il cervello viene tenuto in maggior considerazione dei piedi. Piergiorgio Odifreddi NegliAnniSO si decide di concedere il riconoscimento a chi ha meno di quarant'anni Il caso di Andrew Wiles che, dopo un errore, risolse «l'ultimo teorema di Fermat» e entrò nella storia Sta per aprirsi il congresso che ogni quattro anni riunisce gli studiosi e ne sceglie quattro Una sola scienza fu ignorata da Alfred Nobel: si diceva che la ^ moglie lo tradisse con un matematico er aprirsi il congresso quattro anni riunisce i e ne sceglie quattro gao sulMedaglia Fields, pensata più come l'omologazione di un record che come un Oscar alla carriera ^ Alfred Nobel, che escluse la matematica dalle discipline da premiare. Semplicemente per gelosia Archimede effigiato sulla Medaglia Fields, pensata più come l'omologazione di un record che come un Oscar alla carriera

Luoghi citati: Adelphi, Berlino, Boston, Parigi, Roma