Venturi-Valiani, lettere per la libertà

Venturi-Valiani, lettere per la libertà documenti. Il dialogo epistolare tra due grandi protagonisti del rinnovamento politico italiano Venturi-Valiani, lettere per la libertà // sogno di un socialismo lontano dal classismo V ENTURI e Valiani si erano incontrati a Parigi nella primavera del 1937. Franco Venturi vi era giunto fin dai primi Anni 30 per seguire il padre Lionello illustre docente della Storia dell'Arte all'Università di Torino, che aveva rifiutato di prestare il giuramento di fedeltà imposto ai docenti dal regime di Mussolini e che, per conseguenza, era dovuto emigrare. Franco Venturi era a Parigi per svolgervi ricerche sulla giovinezza di Diderot, sugli illuministi italiani e per laurearsi alla Sorbona. Sulla sua formazione politica e morale aveva contato la frequentazione dell'emigrazione politica italiana nella quale di importanza saliente era la personalità di Carlo Rosselli e dei componenti del suo gruppo ispirato dalla dottrina di Giustizia e Libertà. Tra costoro erano Aldo Garosci a cui soprattutto Franco si legò di salda amicizia, Andrea Caffi, Nicola Chiaromonte e ancora Gaetano Salvemini, Emilio Lussu e Umberto Calosso. Valiani era tuttora marxista o meglio - come egli scrive - comunista militante, ma con crescenti dubbi sul marxismo, sul leninismo, sullo stalinismo. A distoglierlo da un progressivo scivolamento nel dogmatismo comunista, scrive Valiani, erano stati Franco Venturi e Aldo Garosci e soprattutto in carcere Altiero Spinelli. Deciso a lasciare il partito, Valiani non volle però sottrarsi all'arresto per non «tradire» i compagni che venivano via via catturati dalla polizia di Pétain dopo il patto tedesco-sovietico dell'ago- sto 1939 che aveva posto i comunisti, divenuti alleati di Hitler, tra i nemici della Francia. Egli attese, per dimettersi, di essere internato nel campo di Vernet, sulle pendici dei Pirenei, quando migliaia di comunisti di molte nazionalità - egli ricorda - gli tolsero il saluto, salvo a ridarglielo dopo la sconfitta della Francia. Franco Venturi fu a sua volta arrestato dalla polizia franchista quando si attardò a valicare il confine spagnolo verso l'imbarco da Lisbona per gli Stati Uniti perché attratto per ideale solidarietà, quale autentico figlio della cultura francese, dall'orrendo spettacolo dell'ingresso dei tedeschi in Parigi. Rimase per cinque mesi sepolto nelle carceri di Franco nei sotterranei di un convento finché fu estradato in Italia dal governo di Mussolini e ivi condannato al confino di polizia in una piccola località della Lucania sino alla caduta del regime il 25 luglio '43. Partecipò allora alla Resistenza piemontese salendo sui monti del Pellice con tutto il direttivo del Partito d'Azione. Due anni dopo la Liberazione, Venturi risponde all'invito giuntogli attraverso l'ambasciatore d'Italia a Mosca, Manlio Brosio, a ricoprire l'incarico di addetto culturale alla sua ambasciata. Riprese allora quel carteggio con Leo Valiani già avviato nella clandestinità e destinato a durare tutta la vita. Dal primo nuovo approccio epistolare si esprime tra i due tutta l'intensità dell'amicizia, fondata sulla ricchezza intellettuale condivisa e la necessità del reciproco scambio delle idee: «Franco - gli scrive Valiani il 2 dicembre 1947 tu sei la sola persona al mondo che sento come più vicina all'animo, al pensiero e al fondo delle cose». Il nodo fondamentale del sodalizio con Valiani sulle orme di Carlo Rosselli è la preparazione del socialismo nella libertà che si distingue dal socialismo del passato. «Rompiamo col classismo scrive Vafìani a Venturi il 18 novembre 1943 - pur restando rivoluzionari» e lo esorta a scrivere sulla collana clandestina di Giustizia e Libertà un opuscolo dal titolo Socialismo ieri e oggi in cui venisse teorizzato il passaggio dal vecchio al nuovo socialismo di cui Venturi spiegava storicisticamente il rapporto con la recente loro esperienza. «Tutta l'impostazione esce dalla guerra e dalla guerra di liberazione: questi sono ì termini del problema, questi i limiti stessi della rivoluzione, quei limiti che abbiamo sempre rimproverato ai socialisti di ogni specie di non possedere. Serviamocene e leghiamo il problema sociale a quello politico». Valiani approva il metodo storicistico dell'amico partendo dalla necessità che per scrivere la storia di un dato movimento in un determinato periodo occorra scrivere la sua vita interna. Il 27 dicembre 1955 Valiani preciserà ancora il suo pensiero sul rapporto tra socialismo e lotta nazionale. «Prima di Proudhon scrive - il socialismo italiano per quel che esiste è di patrioti, a cominciare dai giacobini buonarrotiani, utopisti napoletani e romani. Costoro [...] si erano formati sul pensiero socialista o utopista francese, ma ne fecero uso soltanto per la rivoluzione italiana patriottica [...]; il socialismo si diffonde solo dopo che nel 1856 a Mentana si è esaurito il volontariato tutto patriottico». Il 14 febbraio 1952 Valiani spedisce a Venturi la Russian Purge. The extraction of confessions di Beck e Godin; ma pure osserva che il metodo con cui nei locali della GPU vengono estratte le confessioni non rappresenta nulla di nuovo. «Delle torture inflitte, molta gente dovette esserne al corrente nell'Urss. Il Palmiro - si domanda Valiani l'hanno messo al corrente o meno nel medesimo 1955? Se no vuol dire che non lo tengono in nessun conto. Se sì perché lui ha fatto il finto tonto al momento del ventesimo congresso?». Nessun tentativo - osserva Valiani - è invece emerso di spiegare il perché gli imputati nei processi pubblici [...] non solo non ritrattano le confessioni sensibilmente false, ma anzi le motivano ideologicamente». Sennonché secondo Venturi non se ne verrà a capo se non ci si deciderà di fare la storia di tutta la società sovietica: dell'economia, degli intellettuali, dei contadini. E' crescente l'interesse dei due amici per la politica estera. Il 6 marzo 1953 Venturi ragionando sulla morte di Stalin deplora che tutti si chiedano chi sarà il successore, mentre pare non sfiori neppure l'idea che un successore non dovrebbe esserci e che la lotta politica dovrebbe riaprirsi. Dopo la quadriennale corrispondenza di Venturi da Mosca i viaggi professionali di Valiani quale agente della Banca Commerciale Italiana in India e quelli più recenti di Venturi nelle Università giapponesi e in quelle americane gettano nuova luce sulle cose del mondo. L'anno 1956 è un anno di svolta per un nuovo orientamento delle sinistre. «Certo se vincono gli ungheresi - osserva Venturi sulla svolta delle sinistre - la rivoluzione ha le porte aperte fino a Mosca. Gli ultimi a muoversi saranno i nostri benedetti italici. Sembra impossibile!». Purtroppo le notizie in Italia sono giunte filtrate e adulterate dalla propaganda comunista. I rivoltosi ungheresi fascisti? Lo ha creduto parte della storiografia e la gretta politica estera italiana (20 gennaio '59). Corrono gli ultimi Anni 60 e i primi 70. Un grave problema assilla la mente raziocinante di Franco: «La stupidità dei ragazzi del movimento studentesco - scriveva Venturi a valiani il 30 gennaio 1970 - è incredibile. Alla liberalizzazione completa che abbiamo istituita rispondono chiedendo un mese di vacanza, di festa grande. Si mettono contro tutti quelli che vogliono fare qualche cosa e che hanno bisogno dell'Università. Restano isolati e si consolano spaccando vetri». Per il rivoluzionario Venturi si trattava pur sempre di una questione di metodo. Il sodalizio di Venturi con Leo Valiani, che per tutta la vita aveva perseguito nella libertà l'avvento rivoluzionario di socialismo e democrazia, era la prova migliore, fin dallo straordinario loro primo incontro epistolare, che l'integrazione operosa con gli altri spiriti liberi, attenti ai medesimi problemi, era non soltanto possibile ma doverosa. Il completo carteggio sarà pubblicato prossimamente dall'editrice «La Nuova Italia» sotto la cura del prof. Edoardo Tortarolo dell'Università di Torino. Giorgio Vaccarino Tra il 1947 e il 1993 Franco Venturi e Leo Valiani si scambiarono una fìtta corrispondenza. Valiani, uno dei padri della Costituzione, inviò al Tiglio dello storico dell'arte Lionello Venturi 403 lettere. Poche di più (442) ne ricevette Valiani. In quel carteggio c'è, fortissimo, il senso di un'amicizia nata durante l'esilio francese e rafforzatasi nella lotta clandestina al nazifascismo. Ci sono, ancora, l'ideale politico che i due perseguivano (il socialismo nella libertà) e le reazioni ai grandi traumi della storia e della società: per esempio, l'invasione sovietica dell'Ungheria e la contestazione sessantottina osservata con grande severità. Pubblichiamo un articolo del professor Giorgio Vaccarino, lo studioso che ha ottenuto ed esaminato il cospicuo carteggio. Le lettere saranno pubblicate prossimamente dalla Nuova Italia, in un'edizione curata dal professor Edoardo Tortarolo dell'Università di Torino e con introduzione di Giorgio Vaccarino. Quasi novecento lettere tra il '47 e il '93: specchio di un'Europa senza pace Il movimento studentesco fu un assillo: «La stupidità dei ragazzi è incredibile. Restano isolati e si consolano spaccando vetri» Quasi nove il '93: speIl movimestupidità disolati e si ertà ismo grazie a Venturi non scivolò nel dogmatismo comunista 7 enza pace n assillo: «La ile. Restano o vetri» sperge. s di erva ocali meno vuol ssun to il ntetati Leo Valiani: grazie a Venturi non scivolò nel dogmatismo comunista