Bonn ritorna alle 40 ore di Emanuele Novazio

Bonn ritorna alle 40 ore IL CASO La digitazione cresce, l'Igni dà l'addio alfolario ridotto Bonn ritorna alle 40 ore Turni anche di sabato senza aumenti BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il prossimo autunno, profetizzano leader sindacali e industria, lo scontro sarà sulle 40 ore. Nel senso - sorprendente, in un Paese che per vincere la battaglia delle 35 ore bloccò la produzione per sei settimane, nel 1984 - che la disoccupazione record induce il potente sindacato metalmeccanico Ig Metall a una inedita, strisciante flessibilità che non trova tuttavia riscontro, per il momento almeno, all'interno della Confederazione Dgb, della quale l'Ig Metall costituisce la parte più robusta e attiva. Significativo, in proposito, lo scambio di opinioni fra le due organizzazioni: «Soluzioni su misura non devono più essere un tabù, con noi si può parlare di tutto», dichiara il portavoce dell'Ig Metall, Joerg Barczynski. «Un aumento dell'orario settimanale di lavoro non porterebbe alcun rimedio alla disoccupazione, ma l'aggraverebbe», sostiene il portavoce del Dgb, Hans-Juergen Arlt. Ancora più profondo è il fossato se il ritorno alle 40 ore viene ipotizzato senza un corrispondente aumento salariale. In realtà, quella che appare una divergenza inconciliabile potrebbe rivelarsi un fruttuoso gioco delle parti all'interno del mondo sindacale tedesco: senza che dal Dgb si levassero anatemi, nei mesi scorsi alcune grandi aziende metalmeccaniche hanno prolungato in modo strisciante l'orario settimanale. E' il caso della Dasa, l'azienda aerospaziale parte del primo gruppo industriale tedesco, la Daimler-Benz: ad Amburgo, dove vengono assemblati gli Airbus, 850 dei 3500 dipendenti hanno accettato di lavorare 40 ore senza conguaglio, e il sabato è tornato normale giorno di lavoro. In cambio, l'azienda si è impegnata a compiere nuove assunzioni, ha garantito investimenti per 260 milioni di marchi, e l'inserimento di 80 apprendisti l'anno. Situazione analoga alla Sinitec di Monaco, del gruppo Siemens: in cambio del prolungamento dell'orario di lavoro, la direzione si è impegnata a bloccare i licenziamenti fino all'ottobre del 2000. Fra gli altri esempi recenti, la Benteler collegata al settore automobilistico: lavoro al sabato e 16 ore di straordinario al mese non retribuite in cambio della garanzia del posto di lavoro. Pare profilarsi, insomma, un compromesso che il portavoce dell'Ig Metall definisce il ricorso a «soluzioni su misura»: non una regolamentazione generalizzata, sconfessione dell'intera politica del sindacato tedesco; ma un esame «caso per caso». Commenta un portavoce degli industriali metalmeccanici: «Il vero datore di lavoro è il cliente. Questa verità l'hanno dovuta riconoscere anche i sindacati». Che replicano con asprezza a chi - come il responsabile Cdu per la piccola e media industria, Hansjuergen Doss - suggerisce un «ritorno collettivo» alle 40 ore senza un corrispondente conguaglio salariale: secondo Doss, «in Germania bisogna lavorare di più per far recuperare alla nostra industria competitività sui mercati internazionali, e per migliorare sul mercato interno la competitività dei prodotti tedeschi rispetto a quelli d'importazione». In questo modo e «non viceversa, riducendo cioè l'orario, si creerebbero le premesse per la formazione di nuovi posti di lavoro», insiste il responsabile economico della Cdu, che invita a seguire l'esempio dei grandi concorrenti della Germania: «In Svizzera si lavora 40,5 ore, negli Usa e in Giappone 40, in Gran Bretagna 38,8». Replica del Dgb: «La ricetta di Doss assomiglia al tentativo di bloccare un'alluvione rompendo da terra le nuvole». Emanuele Novazio Helmut Kohl ora teme un autunno difficile per l'occupazione

Persone citate: Doss, Hans-juergen, Helmut Kohl

Luoghi citati: Amburgo, Bonn, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Svizzera, Usa