La mia Parigi di scrittori e poeti

La mia Parigi di scrittori e poeti «In nessun'altra città europea la letteratura resta così importante» La mia Parigi di scrittori e poeti Da Lévy a Eco, qui si incontrano gli intellettuali AParigi trovo straordinari gli odori, gli umori, la gente, il sesso, il cibo, la non provincialità, la solidità borghese, il tempo variabile, come sono vestite le donne, il pane e l'odore di caffè... il taxi, i giornali, il cinema. Ma quello che trovo ancora più straordinario è il Louvre. Mi piace guardare l'edificio dall'altra parte del fiume, camminando lungo il quai Voltaire, o ancora meglio alloggiando in una stanza dell'Hotel du Quai Voltaire dove hanno abitato Oscar Wilde, Baudelaire e altri artisti. Gli alberghi di Parigi hanno ospitato intellettuali, esuli politici, principesse decadute, poeti, attori... Penso per esempio all'hotel in Rue des Beaux Arts dove vivevano sia Wilde che Borges; penso all'Hotel de La Louisiane dove hanno alloggiato sia Sartre, sia Genet, all'Hotel Pont Royal dove hanno vissuto Moravia, Bertolucci, Garcia Màrquez; all'Hotel Maurice dove abitava Salvador Dall', al Ritz dove erano di casa Hemingway e Coco Chanel e dove Proust veniva a cenare la sera tardi. Le strade e i caffè di Parigi sono intrisi di nostalgia. La rue de Rivoli, una lunghissima strada con i portici, che ricorda un po' Torino, ha ospitato verso la metà e la fine dell'800 tutti gli esuli russi, da Tolstoj a Turgenev a Dostoevskij. Picasso visse quasi tutta la vita a Parigi e lo studio dove rimase più a lungo e dove dipinse «Guernica», dove trascorse gli anni della seconda guerra mondiale, stava a pochi passi dalla Senna e dalla place St. Michel in rue de St. Augustin. Non lontano da lì aveva il suo atelier Giacometti e poi nel quartiere abitavano molti pittori e scrittori surrealisti. Il loro quartier generale è il Café des Deux Magoz in place St. Germain-desPrés, mentre poco lì vicino al Café Flore si ritrovavano Sartre, Simone de Beauvoir, Albert Camus e 0 poeta Jacques Prévert. James Joyce ebbe moltissimi appartamenti in prestito a Parigi perché non aveva abbastanza soldi per affittarne uno tutto suo. Spendeva molto denaro al ristorante, gli piaceva andare con gli amici e con i figli e la moglie al Fouquet's sui Champs-Elysées. Parigi mi ricorda soprattutto Alberto Moravia. Passeggiavamo, visitavamo musei, andavamo al cinema, mangiavamo sovente in un ristorante cinese vicino al Senato in rue de Tournon, a pochi passi da un caffè dove Joseph Roth scrisse «Fuga senza tùie». Moravia mi diceva: «Vedi, Roma non è una città spirituale, Parigi sì, è una città di nuvole in movimento». Altre volte mi diceva: «Dovrei lasciare Roma, comperarmi una casa a Parigi, venire a morire qui come è nella miglior tradizione italiana». «Perché tradizione italiana?». «Mah, anche Rossini è morto a Parigi!». Moravia aveva a Parigi un amico mondano che lo portava a pranzo da «Chez Maxim's». Mi aveva detto: «Sai, nel dopoguerra ho conosciuto Leon Blum, portava gemelli di brillanti bellissimi! E' un uomo ralfinato. Ho frequentato anche Malraux e Sartre. Sartre lo vedevo soprattutto La fonpunto dturisti, an quando veniva a Roma». Moravia conosceva benissimo Parigi perché vi aveva vissuto nei primi Anni 30. Era venuto a trovare i suoi cugini Carlo e Aldo Rosselli, era di casa nei salotti dei Pecci Blunt e di Marguerite Caetani, la principessa di Bassiano. A Parigi frequentava Curzio Malaparte. Un altro scrittore italiano di casa a Parigi era Leonardo Sciascia. Collaborava al settimanale Le Nouvel Observateur e ne frequentava il direttore Jean Daniel ed era diventato amico di Milan Kundera. Fu proprio Leonardo Sciascia che con la sua voce appena sibilata mi chiese se potevo andare ad incontrare Kundera a Parigi, voleva che collaborasse alla rivista «Nuovi Argomenti» di cui Enzo Siciliano e Alberto Moravia erano direttori. Ma se devo dire quai è il libro o il personaggio che più mi ha fatto amare Parigi penso che sia stato Hemingway attraverso due suoi libri: «Fiesta» e «Festa mobile». In «Festa mobile» lo scrittore americano racconta le diverse vite a Parigi, ma soprattutto quella in cui era ancora giovane, povero, sposato da poco e dove per vivere faceva il giornalista. Hemingway ha saputo descrivere i caffè dove lavorava come la Closerie des Lilas a Montparnasse o la Brasserie Lipp o il piccolo ristorante vicino al Pantheon «Le negre de Toulouse» in modo straordinario. Ricordo Moravia qualche anno fa in un caffè che parlava con l'editore Christian Bourgeois. Chri- stian era appena stato condannato a morte dall'Islam in quanto editore di Salman Rushdie, mentre Moravia raccontava il celebre episodio di quando un giorno telefonarono le Brigate nere a casa sua a Roma, rispose al telefono la cameriera Giuseppina. Le Brigate dissero: «Abbiamo condannato a morte Alberto Moravia». Giusep- pina rispose: «Il dottore non è in casa». Ecco, per me, Parigi è stata e forse è ancora una città assolutamente letteraria, una città dove i libri contano più che in altri Paesi europei, ima città dove passano gli scrittori, i poeti, i pittori. Una città dove appunto ho incontrato casualmente per strada Samuel Beckett, Octavio Paz, Milan Kundera, Francoise Sagan, Francis Bacon, Balthus, Marcello Mastroianni, Carlos Fuentes, Julio Cortazar, William Styron, Bernard-Henry Lévy, Regis Debray... Ma oggi che cos'è Parigi? Vi lavorano scrittori come Daniel Pennac, Michel Tournier, Milan Kundera e passano da Parigi Antonio Tabucchi, Julian Barnes, Richard Ford, Edmund White, Alberto Arbasino, Dàcia Marami, Susan Sontag, Pietro Citati... Insomma, qui c'è ancora qualcosa che fa preferire le idee ai pettegolezzi. In questa città la letteratura resta importante così come la conversazione nei salotti e nei caffè e nei ristoranti. Sì, a Parigi sembra che ci sia ancora la possibilità di vedersi per caso, di incontrarsi, di essere informalmente vicini, di discutere. Ricordo una mattina quando entrai al Café Flore verso le otto e mezzo e vidi da solo a un tavolino Umberto Eco che beveva un caffè, mangiava un croissant e prendeva appunti. Era arrivato da poche ore con il vagone letto, la sua stanza d'albergo non era ancora pronta e quindi era venuto lì per preparare una lezione che avrebbe dovuto tenere ilSpomeriggio alla Sorbona. Umberto Eco conosce benissimo Parigi: non soltanto quella contemporanea ma anche quella dell'epoca di Alexandre Dumas e dei Tre moschettieri. Non a caso abita dalle parti di rue Servant Denis dove abitava D'Artagnan. Per fortuna il discorso su Parigi non finisce mai. Bisognerebbe per esempio andare a visitare due cimiteri, quello del Pére La Chaise e il cimitero di Montparnasse per vedere chi è vissuto ed è stato seppellito lì. Fa sempre una certa impressione camminare a Montparnasse e vedere seppelliti quasi uno vicmo all'altro Samuel Beckett, Brancusi, Baudelaire, Maupassant, Sartre, Simone de Beauvoir. Nostalgica Parigi. Alain Elkann Bar e ristoranti sono il punto d'incontro tra intellettuali di tutto il mondo La fontana di Trocadero: punto di riferimento per i turisti, anche nei giorni d'afa Daniel Pennac e Alberto Moravia. «Parigi è oggi la città europea dove il libro è accolto come un qualcosa di importante»