Minata l'ultima roccaforte albanese
Minata l'ultima roccaforte albanese Nelle mani dell'Esercito di Uberazione resta soltanto Junik, circondata dalle truppe serbe Minata l'ultima roccaforte albanese Kosovo, presi tutti i villaggi ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Glodjane, una delle ultime roccaforti dell'esercito di liberazione del Kosovo, a poca distanza dal confine con l'Albania, sarebbe caduta ieri nelle mani delle truppe di Milosevic. Secondo le fonti di Belgrado, nell'azione militare hanno perso la vita cinque poliziotti e due soldati dell'esercito jugoslavo. Ci sarebbero decine di feriti, ma non è stato comunicato il numero delle vittime tra gli albanesi. Dalla cittadina sarebbero scappati 25 mila civili che vanno ad aggiungersi ai 250 mila profughi kosovari rimasti senza un tetto. Se la caduta di Glodjane verrà confermata, l'ultima località controllata dai guerriglieri dell'Uck rimane Junik, a pochi chilometri da Djakovica, nei pressi del confine albanese. A Junik, che è assediata da un mese dalle forze serbe, hanno trovato rifugio migliaia di profughi albanesi. «Il presidente Milosevic si è impegnato con i rappresentanti dell'Unione Europea a non attaccare Junik, ma le unità dell'esercito jugoslavo hanno minato tutti gli accessi al paese, per impedire alla gente di scappare», ha dichiarato il ministro degli Esteri austriaco Wolfgang Schùssel. Secondo fonti albanesi le truppe di Belgrado hanno attaccato ieri undici villaggi del comune di Decani, ma i combattenti dell'Uck hanno opposto una forte resistenza. Il Centro informativo del Kosovo afferma che all'operazione militare hanno preso parte decine di carri armati, l'artiglieria pesante e almeno 250 veicoli dell'esercito jugoslavo. Ci sarebbero morti e feriti dalle due parti. A detta degli albanesi, le forze serbe hanno avuto gravi perdite in uomini e armi. Fonti serbe hanno confermato che quattro poliziotti serbi sono rimasti feriti in un agguato lungo la strada Decani-Djakovica mentre due civili serbi sono stati uccisi nei pressi di Klina. Il ministero della Difesa jugoslavo ha reso noto che due ufficiali dell'esercito hanno perso la vita nel Kosovo. Malgrado la presenza massiccia dei militari che combattono contro i separatisti albanesi - ufficialmente ne sono morti venti - Belgrado continua a sostenere che nella regione è in corso un'operazione di sicurezza condotta unicamente dalle forze di polizia serbe. Nella notte tra martedì e mercoledì una postazione mista delle forze dell'ordine dell'esercito jugoslavo è stata però attaccata dai separatisti albanesi nei pressi di Suva Reka. Il portavoce dell'esercito di liberazione del Kosovo, Jakub Krasniqi, sarebbe gravemente ferito. Lo riferisce il giornale di Belgrado «Blic», sostenendo che Krasniqi è stato accoltellato al torace a Tropoje, in Albania settentrionale. Ricoverato all'ospedale locale, Krasniqi sarebbe stato aggredito da un altro albanese, profugo di Malishevo. Questa roccaforte dell'Uck è caduta nelle mani dei serbi il mese scorso. Secondo il giornale, in quell'occasione Krasniqi sarebbe stato al comando dei guerriglieri albanesi. L'attentato sarebbe quindi da collegare al suo ruolo nella caduta di Malishevo, da cui sono stati costretti a fuggire decine di migliaia di profughi albanesi. Il dramma umanitario nel Kosovo si aggrava di giorno in giorno. Ieri è morta di stenti una bambina di un anno. I genitori l'hanno portata via da Srbica una settimana fa. Costretta ad abbandonare la sua casa per via dei bombardamenti, la famiglia aveva cercato un rifugio a Vucitrn. Ma non sono riusciti a trovare un tetto. Senza riparo, senza cibo né acqua, la piccina non ha resistito. Ingrid Badurina Un militare serbo davanti a una casa in fiamme a Prilep, dopo la battaglia con i separatisti
Persone citate: Ingrid Badurina, Jakub Krasniqi, Krasniqi, Milosevic, Reka
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