Cli Usa sigillano le ambasciate di Franco Pantarelli

Cli Usa sigillano le ambasciate Attività ridotta al Cairo e a Kuala Lumpur, allarme-bomba a Bucarest e Baires Cli Usa sigillano le ambasciate Chiusa Sana'a, massima allerta in altre 150 sedi NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Da ieri è «allarme rosso» in 150 ambasciate americane. Dal Cairo a Beirut, da Sana'a a Kuala Luropur è tutto un chiudere di cancelli. Le attività pubbliche dei diplomatici sono state ridotte al rianimo, gli ambasciatori hanno avuto riunioni con i loro dipendenti per studiare i rafforzamento delle misure di sicurezza che si possono fare immediatamente, in attesa che venga varato il nuovo programma e che vengano stanziati i nuovi soldi, e un po' dovunque i cittadini americani vengono esortati a osservare la massima vigilanza. E scattano (falsi) allarmibomba alle ambasciate Usa di Buenos Aires e Bucarest, subito sgomberate. Il dipartimento di Stato ha reso pubblico di avere «ricevuto informazioni secondo cui ci può essere un pericolo per gli interessi americani in Egitto, Malaysia e Yemen». Naturalmente non ha detto altro, salvo la precisazione che i pericoli indicati «possono comprendere anche l'attacco agii edifici». Insomma si temono altre bombe ed è per questo, probabilmente, che le misure prese in queste ore non riguardano solo i tre Paesi esplicitamente citati ma anche tanti altri. Al Cairo c'è sempre stata la particolarità che molte delle attività dell'ambasciata venivano svolte al di fuori di essa, in locali affittati nei pressi. Da ieri non più. Tutto è stato trasferito nell'edificio principale, che è circondato da un alto muro di cinta. I dipendenti staranno più stretti ma saranno più sicuri. A Kuala Lumpur, la capitale della Malaysia, gli americani hanno comprato in fretta e furia una stazione di servizio die si trova proprio imediatamente fuori della loro ambasciata al solo scopo di chiuderla per evitare che possa essere usata per un eventuale attacco. Quanto a Sana'a, la capitale dello Yemen, il terzo Paese esplicitamente menzionato dal dipartimento di Stato, l'ambasciata è stata semplicemente chiusa fino a nuovo ordine e il suo edificio è sistematicamente pattugliato dalla polizia. Anche altrove, in una mezza dozzina di altre capitali, sono state prese nuove misure di sicurezza e sono state abolite alcune operazioni consolari. Lo ha detto lo stesso vicesegretario di Stato, Patrick Kennedy, che però non ha voluto dire dove esattamente ciò è avvenuto. Anche per quanto riguarda le misure prese c'è il segreto. Se devono servire a prevenire dei possibili attacchi, è stato spiegato, è bene che i potenziali terroristi non le conoscano. La maggiore tensione è comunque proprio a Nairobi e a Dar es Salaam, dove non è ovviamente possibile alcuna sospensione dell'attività (anzi il loro personale è sottoposto a un superlavoro) che per di più si sta svolgendo in edifici d'emergenza, tutt'altro che «difendibili». Si è cercato di ovviare chiudendo le strade adiacenti. Per passare, bisogna dimostrare di abitare proprio lì. Mentre a Nairobi una cerimonia sul luogo del disastro ha chiuso le ricerche dei superstiti, sul fronte delle indagini c'è da registrare un «certo numero» di persone arrestate ieri a Nairobi. Lo ha annunciato lo stesso governo del Kenya, senza specificare altro. Neanche quelli dell'Fbi hanno voluto commentare, come invece avevano fatto l'altro ieri, mostrando scetticismo, con gli arresti effettuati in Tanzania. Ci sono poi notizie di stampa che se confermate potrebbero risutare clamorose. Il giornale israeliano «Ha'aretz», per esempio, ha appreso che gli americani erano stati avvertiti dell'attentato di Nairobi da un uomo in contatto anche con i servizi segreti israeliani. Hanno chiesto il pai-ere israeliano suh'attendibilità di quell'uomo e la risposta è stata che, in base a esperienze passate, l'uomo non era da prendere sul serio. Un'altra notizia riguada l'Iran: secondo i «Mujahiddin» che combattono il governo di Teheran, gli ambasciatori iraniani a Nairobi e Dar es-Salaam sono stati richiamati in patria pochi giorni prima degli attentati. Franco Pantarelli Un giornale israeliano «Washington era stata informata degli attentati da un uomo del Mossad» Il segretario di Stato americano Madeleine Albright

Persone citate: Madeleine Albright, Patrick Kennedy