Roulette di nomi falsi per restare di Cesare Martinetti

Roulette di nomi falsi per restare Roulette di nomi falsi per restare Scadono i 30 giorni, ultime ore di sotterfugi LA VIGILIA NEI CENTRI DI RACCOLTA TRAPANI DAL NOSTRO INVIATO Trapani, Italia, periferia di Schengen, Europa. Ecco la faccia triste di S., tunisino, 43 anni, cuoco, moglie e due figli, italiano e francese fluente («Ho studiato, sa?»), arrivato a Pantelleria su una barca di 7 metri. «Tornare a casa? No, meglio morto». Era partito da Sfax dopo averci pensato su un anno. Ha seguito il tam tam dei traghettatori nei caffè dei quartieri popolari di Tunisi («Ottocento dinari per andare in Italia») e ora sdraiato su una brandina aspetta il suo destino. Morto piuttosto che a casa? «Morto, morto, là non c'è vita, non c'è lavoro, non c'è niente. Voglio stare qui o andare in Francia». Auguri. Ieri notte S. è stato zitto e fermo sulla sua brandina e quand'è scoppiato l'inferno ha fatto finta di niente. Una rissa, un marocchino pestato da un gruppo di marocchini. Una messinscena? Forse. Anche se il «pestato» è finito in ospedale per davvero. Ma quelli che lo pestavano si sono mossi come in un piano studiato. Quando sono arrivati tre agenti li hanno circondati. Gli agenti sono tornati indietro, ma i cancelli del reparto erano ormai aperti. I marocchini avevano sbarre di ferro e di legno. Sono scesi nelle cucine, hanno incontrato i carabinieri che ne hanno arrestati tre. Gli altri sono saliti sui tetti come i gatti e nella notte tre di loro si sono sciolti nel buio. Quattordici presi, arrestati. Sami 22 anni, Fouzai 21, Sabar 31, Mohamed Aziz 29, Anouar 28, Nejhi 22, Wassim 22, Ferid 26, Makrem 20, Hadi 19, Khais 25, Aziz 22, Hafife 22, Belhassen 26. Non segnatevi questi nomi, perché non valgono niente. Giuseppe Zannini Quirini, questore di Trapani, ci dice che il «cento per cento di loro dà nomi falsi». E chiede conferma a S. Vero? «Il 95 per cento», risponde il cuoco, con una smorfia furba. Perché sanno benissimo che tutta questa partita nevrotica e accaldata che si sta consumando nei campi di «accoglienza» della Sicilia si gioca sulle loro identità. Si dicono marocchini se sono tunisini, tunisini se sono algerini, libici se sono egiziani, palestinesi i più scafati. E i nomi cambiano in un turbinare di Mohamed, Aziz, Rachid, Rachad, Samir, Khalid. E' un rimpiattino, una melina, una commedia che va tirata in lungo per 30 giorni, il tempo della legge. Le questure mandano al consolato marocchino la lista di quelli che si sono dichiarati ma- u: —: - 1„ «: rocchini e aspettano la risposta. Ci vogliono giorni. Poi la lista ritorna: «Non sono cittadini del Marocco». Allora si riprende la lista e si manda al consolato tunisino con foto e impronte digitali di tutti. E si aspetta. Passano altri giorni e intanto loro cambiano i nomi: nel campo di Caltanissetta, quello dove ci sono state quattro grandi «evasioni» in una settimana, c'è chi l'ha cambiato cinque n..^nv.n ì« v^sme.^ ,* volte. Per andare in mensa i vo lontari della Croce Rossa hanno fatto la lista: ognuno deve mettere la crocetta sul suo nome prima del pasto. E' capitato che qualcuno esitasse prima di segnarsi: non ricordava che nome aveva dato. Chi non viene identificato in 30 giorni, non può essere rimpatriato perché non si sa in quale «patria» recapitarlo. Gli danno un «decreto di espulsione»: 15 giorni nnr lnp^i^rn l'ìtali-j 1? intontì t,ì j per lasciare l'Italia. E intanto via, via. Libero, si fa per due. Ma con il marchio a fuoco di «clandestino». E' una disperata furbizia, ma è anche la dimensione più simbolica di questa migrazione: non sono i Mohamed o gli Aziz a muoversi, ma una condizione umana, un rimescolamento biblico e collettivo in cui le storie individuali perdono spessore e quasi significato. fini a Tra il ani In Q+ntr. ninna li Qui a Trapani lo Stato gioca la prima partita, l'affidabilità di frontiera europea nell'Europa che da pochi mesi ci ha accolto nel patto di Schengen della libera circolazione nei Paesi dell'Unione. Oggi si chiude il primo tempo, scadono i termini per i primi arrivati. E' una partita silenziosa, non ci sono cifre ufficiali, si capisce che si sta giocando sotto il tappeto. Cinquantasei sono i clandestini che questa mattina conosceranno il loro destino. Quanti di loro sono stati identificati e saranno rispediti a casa? Quanti saranno messi in libertà? Il questore fa il misterioso. Si dice che da Trapani una quarantina siano già stati rimpatriati senza clamori né pubblicità. Altri, forse, partiranno stamane. Le cifre ufficiali sono rinviate alla visita del ministro Napolitano (non ancora sicura) qui al «centro» dove si stanno facendo le grandi pulizie. E' comunque quest'aria di febbrile incertezza ad accendere scintille. A Ragusa, a Catania, a Caltanissetta dove il leader del gruppo, «Tyson», ha raccontato ai carabinieri che l'hanno ripreso dopo 48 ore di libertà che la «grande fuga» è scattata quando hanno saputo che Italia e Tunisia avevano firmato l'intesa per i rimpatri. E qui a Trapani, nel centro di accoglienza pulito, ordinato, dove il questore viene quasi ogni giorno a portare sigarette, vediamo materializzarsi nelle facce dei clandestini tre stati d'animo: ci sono i rassegnati che hanno capito, quelli che ancora sperano di superare i 30 giorni col gioco dei nomi, quelli che non hanno niente da perdere e che l'altra notte hanno fatto la rivolta. Stanno tutti buoni buoni nei cameroni al secondo piano di questo ex ospizio per vecchietti, «Serraino Vulpitta». Aspettano. Questa mattina la partita si chiude. La sensazione è che in libertà ne anch'anno pochi. L'altra sera ci sono state alcune identificazioni da parte di rappresentanti consolari marocchini. Chi ha assistito dice che erano fatte molto «alla buona». Sotto traccia, in silenzio, la diplomazia delle espulsioni cammina, con lentezze arabe, ma cammina. E infatti la rivolta è scoppiata poche ore dopo: chi non ha niente da perdere, chi sa che tornare a casa significa finire in galera, cerca di scappare. Il questore ci racconta di aver spiegato ben bene a tutti che questa nuova legge non dà scampo: le identificazioni procederanno anche per quelli che non vengono riconosciuti entro 30 giorni. Se saranno pescati in Italia dopo i 15 giorni, possono essere arrestati e comunque accompagnati alla frontiera. Comunque sia, il cuoce S. continua a sperare. Gli algerini provano la carta dell'asilo politico. Lui anche se è tunisino ci prova lo stesso. Ci si arrangia, qui, alla periferia di Schengen. Cesare Martinetti Un carabiniere distribuisce generi di conforto ad alcuni clandestini appena sbarcati in Italia

Persone citate: Aziz, Giuseppe Zannini Quirini, Hadi, Mohamed Aziz, Napolitano, Sabar, Serraino