Joash, vigilante kenyano ed eroe degli Stati Uniti
Joash, vigilante kenyano ed eroe degli Stati Uniti Joash, vigilante kenyano ed eroe degli Stati Uniti DALL'ANONIMATO ALLA CELEBRITÀ' NAIROBI NOSTRO SERVIZIO «Riteniamo che la guardia si sia comportata eroicamente e che, per quanto spaventoso sia stato l'attentato, sia riuscito a ridurne i danni»: con queste parole pronunciate dal viceportavoce del Dipartimento di Stato americano, James Foley, il kenyano Joash Okindo è passato in un sol giorno dall'anonimato all'attribuzione del grado di eroe della più potente nazione del mondo. Joash Okindo era uno dei tanti impiegati dell'United International Services, la società con cui l'ambasciata statunitense aveva firmato un contratto di vigilanza. Insieme con altri colleghi, era di turno al parcheggio posteriore della sede diplomatica, venerdì scorso. Pochi minuti prima dell'esplosione un pulmino con cinque uomini a bordo aveva tentato di fer- marsi davanti all'entrata principale dell'edificio, che però è riservata alle macchine con targa diplomatica. A questo punto, il pulmino avrebbe guadagnato il retro dell'edificio americano, dove lui era di guardia. «Al volante c'era un arabo, quando ci siamo avvicinati per fare il normale controllo, si è subito innervosito. Così lo abbiamo fermato», ha dichiarato lo stesso Okindo a un giornale di Nairobi. I cin¬ que hanno allora tentato di sfondare il cancello e di entrare nel parcheggio; a questo punto Joash è stato minacciato con una bomba a mano che sarebbe stata lanciata subito dopo. Nonostante ciò; la guardia non si è lasciata intimorire e ha lasciato il cancello chiuso. Nel frattempo un marine, insospettito, si sarebbe avvicinato e vi sarebbe stato un breve scontro a fuoco; pochi istanti dopo scoppiava la bomba. Rifiutando di aprire il cancello, il guardiano ha evitato che il mezzo carico di esplosivo entrasse nel compound dell'ambasciata. «Il suo coraggio è stato eroico», ha commentato Foley. Questa prodezza è costata molto cara a Joash Okindo, che rischia di perdere il braccio sinistro e l'uso delle gambe. Ricoverato in un primo momento al Masaba Hospital, è stato poi tra¬ sferito dal personale sanitario americano arrivato d'urgenza nella capitale kenyana sabato scorso al Nairobi Hospital, nel reparto di terapia intensiva. Ma le sue condizioni continuavano a peggiorare; oltre alle gambe e al braccio, Joash aveva serie ferite alla testa; inoltre, «i polmoni erano danneggiati al punto che il livello di ossigeno era fortemente insufficiente», spiega un funzionario americano. Così domenica Joash è volato, insieme con altri due superstiti in gravi condizioni, in un attrezzatissimo ospedale militare americano che ha sede in Germania. Ha potuto fornire tutti i dettagli sull'attentato e il Dipartimento di Stato ritiene che il suo racconto sia «plausibile». Resta solo da sperare che le sue condizioni migliorino perché possa godersi in pieno la meritata gloria. Da ieri sera è intato salito a 230 il numero delle vittime della terribile esplosione di Nairobi, dopo che sono stati trovati altri 28 cadaveri tra le macerie dell'Ufùndi House, l'edificio dietro l'ambasciata americana completamente crollato. Sul fronte delle indagini non trapelano molte notizie, la task force dell'Fbi è al lavoro. Rhyl Jones, un esperto dell'esercito britannico, ipotizza clie la quantità di esplosivo utilizzato sia fra i 200 e i 2F>0 chilogrammi. Gli investigatori americani sono riluttanti a fare delle ipotesi: «Abbiamo paura a parlare di Medio Oriente - dicono -, questo attentato ricorda quello di Oklahoma City dell'aprile del 1995, ma in quel caso la pista araba risultò essere falsa». In privato, però, tutti fanno lo stesso nome: il terrorista miliardario Osama bin Laden. Anche se nessuno può provare che sia il mandante, tutti concordano che è quanto meno una pista da seguire. Francesca Baronie Ha impedito al camion di entrare nell'ambasciata pur essendo stato ferito da una bomba a mano. Un pubblico elogio da Washington Sopra, l'aereo con le vittime Usa alla base tedesca di Ramstein. A fianco, Joash Okindo in ospedale
Persone citate: Foley, Francesca Baronie, James Foley, Joash Okindo, Jones, Okindo, Osama Bin Laden
Luoghi citati: Germania, Medio Oriente, Nairobi, Oklahoma City, Stati Uniti, Usa, Washington
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